Francesco Specchia per “Libero quotidiano”
cimitero
Questa non è la storia di un banale errore giudiziario. E qualcosa di più. È un lampo di Kafka, la pagina di un racconto grottesco di Borges, o la sceneggiatura di Mortacci, quel film di Sergio Citti in cui i defunti continuano ad essere perseguitati dai vivi. Qui la persecuzione del fantasma s'attizza grazie a un drappello di magistrati troppo zelanti.
Accade infatti che Marco Nardini, fiorentino Classe 66, ex custode dell'impianto sportivo del velodromo di Sesto Fiorentino, venga accusato di peculato perché, da amministratore di fatto di un'agenzia di pratiche auto, pare avesse trattenuto i soldi dei bolli da versare all'Aci. Non esattamente una rapina a mano armata, ma una bagatella senz'altro da perseguire.
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OCCHIO ALLA SALMA
Nardini, però, malauguratamente e prematuramente, muore. Dal punto di vista giuridico, la morte del reo - che viene subito comunicata, anche perché l'uomo, essendo cadavere è abbastanza irrintracciabile - determina l'estinzione del reato. Epperò, Nardini viene condannato, sei mesi dopo, col rito abbreviato ad 1 anno e 4 mesi. Siamo nel 2012. La causa si dilata nel tempo. Nardini defunge nel 2019. Il suo legale si pregia di ribadirne in tribunale la dipartita.
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Ma nulla, la giustizia continua la sua cavalcata solitaria. «Quel giorno, la corte d'appello gli aumentò pure la pena: dai 16 mesi inflitti in primo grado, in abbreviato, la condanna era salita a 2 anni e 2 mesi. Oggi definitivi» rivela il quotidiano La Nazione «l'ufficio esecuzioni penali della procura generale ha avvisato il difensore che l'ordine di esecuzione è comunque sospeso, al momento, perché Marco N. ha diritto alla concessione di misure alternative alla detenzione, i domiciliari o l'affidamento in prova. Ma se l'istanza non arriva, per Marco N. si apriranno inesorabilmente le porte del carcere, ammoniscono i magistrati».
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In effetti il difensore del defunto, Giovanni Marchese si lascia scappare: «Adesso mi aspetto l'ordine di carcerazione». E Kafka, su questa cosa del morto che rischia la galera, continua ad insistere. "Marco N.", ossia il Nardini, ovvero il suo spettro, si ritrova dunque, condannato in via definitiva e al centro delle ricerche forsennate da parte dei carabinieri, richiesti tignosamente dal pubblico ministero che riteneva troppo blanda la prima pena inflitta al de cuis. E qua il furore dell'irreale perfino la realtà.
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GIUSTIZIA ULTRATERRENA
Cioè: tutti sanno che il condannato è una salma da tempo. Nardini ha l'allure, il silenzio, la presenza di spirito (è il caso di dirlo) della salma. Ma si ritrova ugualmente latitante a causa di una giustizia oramai proiettata all'ultraterreno. Nessuno che abbia pensato di notificargli l'arresto al camposanto.
Ma il Nardini ghost che aleggia tra le aule di tribunale non è un caso isolato. Le cronache hanno segnalato un altro morto da cinque mesi che viene comunque, tenacemente, condannato dal Tribunale. A Lecce, a novembre, un giudice ha inflitto 3 mesi di reclusione ad un 42enne di Gallipoli per violazione di un foglio di via, nonostante l'imputato fosse deceduto il giugno prima.
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Stavolta la morte dell'uomo non era mai stata comunicata e il processo si è celebrato in contumacia con tanto di condanna emessa a conclusione di un'istruttoria andata avanti per un paio di mesi.
Ma quella del Nardini è la vicenda più emblematica. Non solo del leggendario ingolfamento della macchina dell'italica giustizia che qui trova la sua sublimazione; ma pure del fatto che, da noi, perfino la morte deve difendersi dall'inesorabile ferocia del burocrate in toga. Anche di questo la Guardasigilli Marta Cartabia, prenda nota, please....