Stefano Folli per la Repubblica
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Le primarie del Partito Democratico sono lontane, a fine aprile, ma già oggi riempiono di sé il dibattito politico. Sottovalutarle sarebbe sbagliato, perché si parla della sorte di un partito in crisi, è vero, prostrato dalla recente scissione, ma pur sempre asse del sistema. Almeno fino alle prossime elezioni politiche del 2018.
Renzi sta tentando la mossa estrema per rilegittimarsi. L' unica di cui può disporre. Può riuscirci, ovviamente, ma deve mobilitare la massa dei suoi sostenitori, una parte dei quali votano o votavano Pd mentre molti altri battono le mani al "partito del capo". Cioè si riconoscono solo nella sua leadership, senza filtri e mediazioni, e sono persino lieti che il gruppo degli scissionisti si sia tolto di mezzo.
BONUS Renzi 80 Euro
Tuttavia la domanda è: esiste ancora nell' opinione pubblica il partito renziano? E quanto pesa realmente? A giudicare dalla raccolta delle firme, Renzi può essere abbastanza fiducioso. Se invece si considera una certa atmosfera che si respira in giro, riflessa sui cosiddetti "social network", l' ex premier dovrà prepararsi a una corsa in salita. Il segretario dimissionario ha meno di due mesi per recuperare i delusi, i dubbiosi, gli incerti, tutti coloro che costituirono la vera base elettorale del primo Renzi e che oggi hanno stilato il personale bilancio di questi tre anni. Un bilancio in cui le ombre tendono a superare le luci.
renzi e emiliano lottatori-di-fumo
Purtroppo anche l'ottimismo delle promesse si è usurato negli ultimi tempi e oggi le primarie di presentano come una bizzarra resa dei conti fra un leader che ha perso la sua magìa - e ciò nonostante punta di nuovo tutto su se stesso - e due contendenti (Orlando ed Emiliano) che la magìa non l' hanno mai posseduta, ma propongono, soprattutto il primo, un' idea del centrosinistra ricollocato nel solco classico della socialdemocrazia.
Uno, Renzi, ha diviso il Pd come mai era accaduto, sognando di conquistare nuovi spazi elettorali alla stregua di un novello Tony Blair. L' altro, Orlando, l' avversario più accreditato, si propone di rifondare il Pd evocando l' Ulivo prodiano. Entrambi avrebbero bisogno di un sistema maggioritario o semi- maggioritario; viceversa l' Italia di oggi è tornata di fatto al proporzionale e i correttivi si annunciano improbabili, comunque ardui. Come ha scritto Anna Finocchiaro sul "Corriere", è stato sottovalutato il "sentimento" del paese favorevole in via prioritaria al principio dì rappresentanza.
ANDREA ORLANDO
Il massimo a cui il centrosinistra può ambire oggi è una legge che dia un premio in seggi alla coalizione, con ciò tentando di tamponare il rischio di una prossima legislatura ingovernabile. Ma ecco il cortocircuito: nessun accordo di coalizione è verosimile finché Renzi sarà il capo del Pd. E si capisce perché. Gli scissionisti di D' Alema e Bersani, garantiti dal proporzionale, non stringerebbero mai un' intesa con il nemico da cui si sono appena separati. Lo stesso farebbe il gruppo Fratoianni-Vendola. Rimane il "campo" progressista e dialogante di Pisapia, ma non potrebbe andare controcorrente da solo, ammesso che sia questa la sua intenzione.
OVAZIONE PER ANDREA ORLANDO
Ne deriva un ulteriore paradosso. La vittoria alle primarie restituirebbe a Renzi la leadership del Pd, ma senza alleati: una condizione che andrebbe d' accordo con la vecchia "vocazione maggioritaria" ormai esaurita e del tutto stridente con il modello proporzionale che impone di cercare uno o più partner. Quindi per arrivare a un' intesa sulla legge elettorale, e forse al centrosinistra rifondato, l' establishment politico del Pd sa di dover puntare su Orlando. In forme esplicite o implicite. Orlando che in apparenza è un candidato minoritario, destinato a essere battuto da Renzi, mentre in realtà è la sintesi di un disegno alternativo al renzismo di cui cominciano a essere evidenti i contorni.
Ma quanti voti ha il ministro della Giustizia? E quanti il terzo incomodo, Emiliano? Domande senza risposta. Sconfiggere l' ex premier nelle primarie è molto difficile, eppure fino a quattro mesi fa sarebbe stato impossibile. Oggi è solo assai difficile. In ogni caso è bene sapere che il tramonto del renzismo non sarebbe indolore, bensì foriero di ulteriori lacerazioni.