Estratto dell’articolo di Angela Pederiva per www.ilmessaggero.it
prostituzione minorile
Il fascino della città d’acqua, con i suoi ristoranti rinomati e i suoi alberghi sfarzosi, fra calli e campielli.
Un richiamo evidentemente irresistibile per «un vero e proprio predatore sessuale», come lo definisce il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, l’organo di autogoverno dei magistrati di Tar e Consiglio di Stato che ha proposto la destituzione del giudice, già condannato in via definitiva per un giro di prostituzione minorile con tre ragazzine all’epoca di 16 e 17 anni.
Consumati o tentati a seconda degli episodi, i reati risultano commessi fra l’inverno del 2012 e l’estate del 2013 anche a Venezia, oltre che a Milano e soprattutto a Roma, secondo quanto emerge dal parere favorevole alla massima sanzione disciplinare, che rende pubblica (pur con la copertura delle generalità) una vicenda finora secretata.
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L’inchiesta penale, condotta dalla Procura capitolina, ha formulato l’accusa di «atti sessuali con minori in cambio di corrispettivi in denaro o comunque di altre utilità, quali soggiorni in alberghi di lusso, pranzi presso ristoranti costosi ed oggetti di valore».
Ne è scaturito un lungo e tortuoso procedimento giudiziario, arrivato per tre volte in Cassazione, che in una delle sentenze di rinvio ha descritto «uno stile di vita ispirato all’instaurazione di rapporti interpersonali con giovani modelle, contattate e incontrate dall’imputato in funzione della realizzazione delle proprie brame sessuali».
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Alla fine l’allora consigliere di Stato è stato assolto in riferimento a una ragazza, «perché il fatto non sussiste», mentre è stato condannato in relazione alle altre due, a un anno di reclusione e a mille euro di multa: il verdetto è diventato irrevocabile verso la fine del 2023.
A quel punto è ripartito il procedimento disciplinare che era stato temporaneamente sospeso, contestando all’uomo «comportamenti tali da poterlo rendere immeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere un magistrato, e idonei a compromettere il prestigio dell’Ordine giudiziario», in quanto «intratteneva o comunque si adoperava per intrattenere, sotto falsa identità, diverse relazioni a pagamento anche con soggetti minorenni».
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Nel corso dell’istruttoria sono stati citati stralci degli atti penali, descrivendo una condotta ritenuta propria di «una personalità allarmante» e giudicata «tanto più grave poiché attuata da un soggetto particolarmente capace, per posizione sociale, cultura e competenze anche di natura giuridica, di comprenderne il disvalore sociale e le evidenti, gravi conseguenze lesive per le vittime».
Significative sono state ritenute le email inviate, con un nome fittizio, alle escort minorenni. Per esempio: «Ciao sono Claudio, giovane professionista, molto carino, simpatico ed educato. Cerco hostess, modella, accompagnatrice bellissima presenza, classe ed eleganza. 500 + spese viaggio». Oppure: «Mi viene in mente una citazione dal film “Alice in Wonderland”; il Cappellaio matto (Jhonny Depp) dice non sei più la ragazza che eri prima. Prima eri molto più... moltosa. Hai perso la moltezza... :)».
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Ancora: «Nel caso in cui pensassi che io sia un povero sfigato qualsiasi, ti allego idonea documentazione fotografica». Magari l’immagine che lo ritraeva in intimità con una giovane donna: «Top model under 18 mi bacia appassionatamente».
Il giudice ha sostenuto di non aver mai posto in essere, né tentato di compiere, atti sessuali con minorenni. La difesa ha inoltre chiesto l’inammissibilità delle contestazioni di fatti per i quali era intervenuta l’assoluzione.
Ma il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa ha rimarcato che le sentenze penali «descrivono un’attività “predatoria” di tipo sessuale da parte dell’incolpato, con preferenza accordata a ragazze giovanissime», cioè minorenni «legate al mondo della moda e della prostituzione, al quale persone comuni non dovrebbero avvicinarsi, men che meno un magistrato», che invece «dovrebbe avere una condotta anche fuori dall’ufficio mediamente più attenta, più elevata da un punto di vista morale rispetto ad una persona comune».
Nel parere definitivo ora pubblicato, perciò, il Consiglio di Stato ha reputato «legittima ed adeguata» l’espulsione. Una sanzione che, in 150 anni di giustizia amministrativa, sarebbe stata comminata soltanto quattro volte.
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