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    CRONACA VERA - UN'INSEGNANTE SICILIANA RICEVE LO STIPENDIO PER DODICI ANNI DOPO ESSERE ANDATA IN PENSIONE, INCASSANDO INDEBITAMENTE 290MILA EURO, SENZA MAI DENUNCIARE L’EPISODIO. LA BEFFA? NON PUÒ ESSERE CONDANNATA, PERCHÉ È MORTA QUATTRO ANNI FA - LA RAGIONERIA DELLO STATO HA INIZIATO UN'AZIONE DI RECUPERO NEI CONFRONTI DEI SUOI EREDI, MA LA PROCEDURA DIFFICILMENTE DARÀ I SUOI FRUTTI: A PAGARE SARANNO LA…


     
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    Lara Sirignano per www.corriere.it

     

    Una «vicenda surreale»: così i giudici della Corte dei Conti siciliana hanno definito la storia dell’insegnante siciliana che per dodici anni, dopo aver lasciato la scuola per limiti di età, ha percepito sia lo stipendio che la pensione. Oltre 290 mila euro incassati indebitamente, mese dopo mese, e mai denunciati. La donna, morta quattro anni fa all’età di 78 anni, non risponderà del danno erariale che i magistrati le imputano.

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    CHI PAGA

    La Ragioneria dello Stato ha iniziato un’azione di recupero nei confronti dei suoi eredi, ma la procedura, vista l’incombenza della prescrizione, difficilmente darà i suoi frutti. Dovranno invece pagare la dirigente e la funzionaria amministrativa della scuola Giovanni Paolo I di Belpasso, in provincia di Catania, che, per i giudici contabili, hanno permesso all’insegnante di raddoppiare i guadagni dal pensionamento, avvenuto nel 2006, fino al 31 agosto 2018.

     

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    La dirigente dell’istituto, già condannata con rito abbreviato, ha versato quasi 11 mila euro. La funzionaria è stata condannata a risarcirne 18 mila. «Nonostante la professoressa avesse 78 anni», scrivono i giudici, «nessuno ha notato l’anomalia costituita dal fatto che veniva corrisposto un emolumento stipendiale a un soggetto di età anagrafica assolutamente incompatibile con lo stesso». Una mancanza di controlli che ha determinato uno sconto nella contestazione avanzata alle due dirigenti ritenute responsabili.

     

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    NEGLIGENZA

    La vicenda, finita sotto inchiesta dopo una segnalazione alla Corte dei Conti, sarebbe stata frutto della negligenza della dirigente scolastica – scrivono i giudici – che avrebbe dovuto sottoscrivere il modello D con il quale l’istituto comunicava agli organi competenti, allora al dipartimento provinciale del Tesoro, il collocamento in quiescenza del personale assegnato alla scuola, «al fine di interrompere il pagamento dello stipendio e attivare il pagamento della pensione».

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     La funzionaria, invece, avrebbe dovuto, da responsabile della segreteria scolastica, preparare tutta la documentazione relativa al pensionamento della professoressa e accertarsi la trasmissione del modello. L’incartamento, invece, è stato trovato in un cassetto dai Finanzieri e non è stato mai spedito.

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