Estratto dell’articolo di Marta Serafini per il “Corriere della Sera”
joe biden - volodymir zelensky le armi e la guerra israele hamas - vignetta by osho
Non sarà un annus horribilis per Volodymyr Zelensky ma di sicuro non è un buon momento. Sul fronte, ad un anno esatta dalla liberazione di Kherson, non solo il presidente ucraino e l’esercito non possono rivendicare nuovi successi, ma la controffensiva che aveva come obiettivo la liberazione di Mariupol si è definitivamente impantanata.
«Il fronte non si muove di un centimetro da mesi», spiegano i militari ucraini di diversi brigate chiedendo l’anonimato. Quasi nessuno si aspetta poi che il quadro possa cambiare a breve. «Con l’arrivo dell’inverno e del gelo, difficilmente riusciremo ad avanzare, tanto più che le consegne delle armi sono in ritardo e ci sono sempre meno uomini, quindi anche qualora arrivassero non sapremmo a chi darle», chiosano i militari.
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[…] E se Putin sta evitando di annunciare una nuova mobilitazione prima delle elezioni di marzo, a Kiev nessuno ha dubbi che lo farà dopo il voto.
A preoccupare è anche l’allerta data dall’intelligence militare sulla ripresa degli attacchi alle infrastrutture energetiche. Sabato mattina, dopo 52 giorni di tranquillità, Kiev è tornata a svegliarsi con le sirene e i funzionari ucraini hanno annunciato l’abbattimento di un missile Iskander grazie ai Patriot. […]
In questo scenario, si prepara il regolamento di conti tra il presidente Zelensky e i vertici militari, in testa il generale Valery Zaluzhny, capo dell’esercito e uomo simbolo della liberazione di Kherson.
Da giorni in Ucraina tiene banco lo screzio per l’intervista rilasciata dal militare all’ Economist in cui si parla apertamente di «stallo». E non solo. Si parla con sempre più insistenza delle pressioni che gli alleati occidentali, preoccupati dagli sviluppi in Medio Oriente, starebbero facendo per un cessate il fuoco.
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Ma se per Zelensky sia le parole di Zaluzhny sia l’invito al dialogo con Mosca sono percepite come un pugnale nella schiena, dall’ex segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen sabato è arrivata un’altra doccia gelata, con la proposta di ingresso nella Nato dell’Ucraina anche senza tutti i territori occupati. Infine salgono le tensioni tra i diversi reparti di intelligence e l’establishment ucraino.
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Nonostante il sostegno offerto da Stati Uniti e Gran Bretagna prima del 2022 e intensificato durante l’invasione russa agli 007 militari (Hur) e ai Servizi esteri (Szru), gli alleati occidentali, oltre a nutrire timori che operazioni in territorio russo o esterno esasperino il conflitto con Mosca, non vedono di buon occhio la mancata democratizzazione dell’Sbu, i Servizi interni, considerati troppo autonomi. Questo nonostante a luglio scorso Zelensky abbia sostituito Ivan Bakanov, suo fedelissimo della prima ora, con Kyrylo Budanov, considerato più vicino all’Occidente.
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