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    GIUSTIZIA E' SFATTA – UN LATITANTE ALBANESE ARRESTATO L’ANNO SCORSO E CONDANNATO A 29 ANNI DI RECLUSIONE PER TRAFFICO DI STUPEFACENTI È STATO SCARCERATO PERCHÉ NON ERA MAI STATO MESSO AL CORRENTE DEI PROCEDIMENTI A SUO CARICO – I FATTI RISALIREBBERO ALLA FINE DEGLI ANNI '90 E NONOSTANTE LE NOTIFICHE AGLI AVVOCATI D'UFFICIO, NON GLI FU CONCESSA LA POSSIBILITÀ DI ESERCITARE IL DIRITTO DI DIFESA O DI CHIEDERE UN RITO ALTERNATIVO…


     
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    Da “ANSA” 

     

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    Condannato in via definitiva in contumacia, ossia senza partecipare alle udienze, in due processi per imputazioni su un traffico di stupefacenti, che risalirebbe alla fine degli anni '90, ad un cumulo pene di 29 anni, poi arrestato dall'Interpol in Albania lo scorso anno per l'esecuzione di quelle sentenze, un albanese di 48 anni è stato ora scarcerato, mentre era in attesa di estradizione verso l'Italia. 

     

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    E ciò perché la Corte d'Appello di Milano, dopo un complesso iter del procedimento, ha stabilito in sostanza che l'uomo, sempre latitante fino all'arresto di un anno fa, non era mai stato messo correttamente al corrente dei due procedimenti a suo carico. 

     

    Tre giorni fa, infatti, la terza sezione d'appello ha accolto, anche sulla base di una precedente decisione della Cassazione, l'istanza dei legali del 48enne, gli avvocati Antonio Buondonno e Elita Cerchia, e ha disposto "la cessazione dell'esecuzione della pena" e la "scarcerazione dell'imputato", il quale era in carcere in Albania e stava per essere estradato. 

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    Un provvedimento che, assieme ad un altro sempre della Corte d'appello milanese dei mesi scorsi, lo restituisce "in termini", ossia dà la possibilità all'imputato di poter impugnare le due sentenze che nel frattempo erano diventate definitive, quella del 2000 del Tribunale di Milano che lo condannava a 16 anni e quella del 2009 della Corte di appello che gli aveva inflitto 13 anni. 

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    E ciò perché, in pratica, non fu mai messo al corrente, nonostante le notifiche ad avvocati d'ufficio, dell'esistenza dei processi e di conseguenza non gli fu concessa neanche la possibilità di esercitare in concreto il diritto di difesa ed eventualmente di chiedere un rito alternativo. "La situazione di imputato latitante - scrivono i giudici milanesi - non basta infatti a dimostrare la conoscenza del provvedimento e la rinuncia ad impugnarlo".

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