Dalla rubrica delle lettere di “Repubblica”
transgender
Caro Merlo, avevamo già visto l'ambiguità di genere trionfare a Sanremo, e addirittura vincerlo con i Maneskin. Mai però come quest' anno il tema trans aveva dominato così tanto, sia con la comicità divertente e pecoreccia di Zalone, sia con l'esibizione dei soliti "artisti maledetti" di casa nostra, e sia nella versione raffinata di Drusilla, che sembra avere conquistato tutti.
Sanremo, si dice, racconta l'Italia, ma è un'altra banalità da "ghigliottinare". Lei, a Roma, dove li vede i trans se non sui marciapiedi del vizio di notte? Mi chiedo se quelli che applaudono sono gli stessi che, passando in macchina all'Eur o a Tor Sapienza, dicono: "Che schifo! Ma la polizia non fa niente?". Antonella Palma - Roma
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Risposta di Francesco Merlo
In gran parte sono gli stessi. E lei ha ragione: chi ha un avvocato o un dentista trans? Chi li incontra allo sportello della banca o alla guida dell'autobus? Contro le persone trans non c'è solo un potentissimo razzismo da caserma, c'è anche il moralismo che le costringe a rifugiarsi in antri sordidi.
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E c'è pure un razzismo femminile, il peggiore, perché capita alla donna, quando si sente parodiata e derubata della propria identità, di partecipare alla mostrificazione della trans. Sul palcoscenico cambia tutto perché non c'è la realtà, ma la recita e ti piace Macbeth che è un assassino, piangi per Otello che è un femminicida. Allo stesso modo applaudi la trans che, per strada, o compri o disprezzi (o più probabilmente entrambe le cose). Solo a un uomo di spettacolo come Almodóvar è permessa una verità come questa: "Trans fu quel Dio che si fece uomo restando Dio".
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