Simona Lorenzetti per www.corriere.it
Violenza su una ragazza
Era «un’infedele» perché vestiva all’occidentale, perché studiava all’università e aveva delle amiche. E per questo andava punita, redarguita. Per anni Meriam (nome di fantasia), 26 anni, è stata picchiata e insultata da un connazionale con il quale aveva una relazione. Un uomo violento che ha continuato a perseguitare la ragazza con minacce e telefonate anche quando lei lo ha cacciato di casa.
Fino a quando, un giorno, ha deciso di dire basta. Lo ha denunciato, ma soprattutto gli ha gridato in faccia di non voler essere la donna sottomessa in cui lui voleva trasformarla: «Non ho passato vent’anni della mia vita a studiare per rimanere una marocchina ignorante come sei tu. Preferisco stare insieme a un italiano che mangia prosciutto e non prega Allah, piuttosto che stare con uno come te che parla dalla mattina alla sera di Dio, ma non sa cosa vuole dire il rispetto per gli altri».
Scarpe rosse contro la violenza
La vicenda è stata raccontata nei giorni scorsi in un’aula del Tribunale di Torino: l’uomo, un marocchino di 37 anni, è stato condannato (con rito abbreviato) a 3 anni e due mesi di reclusione. Era accusato di maltrattamenti, stalking, violenza sessuale ed estorsione. I giudici hanno anche stabilito che la ragazza, assistita dall’avvocato Gianluigi Marino, ha diritto a una provvisionale di 20 mila euro.
Violenza su una ragazza
I due si conoscono nel 2017. Meriam non sa che l’uomo che la corteggia ha dei precedenti per droga e un processo in corso per stalking nei confronti dell’ex fidanzata, dalla quale aveva avuto anche un figlio. Come spesso accade, la relazione all’inizio ha contorni romantici. Ma quando vanno a vivere insieme, lui si trasforma: diventa aggressivo e violento. Per due anni la picchia, rimproverandola di essere una donna di facili costumi perché indossava la gonna corta, si vestiva «troppo all’occidentale» e non rispettava la «tradizione islamica». «Se facessi quello che ti dico di fare non ti picchierei», le diceva minacciando di raccontare ai suoi genitori, osservanti della religione islamica, che non rispettava i dettami della fede.
Tribunale
Lei sopporta in silenzio e quando prova a lasciarlo, lui la minaccia di inviare ai genitori alcuni video intimi. Non solo, la ricatta e la costringe ad avere rapporti sessuali. Solo nel 2019 Meriam trova la forza e il coraggio di cacciarlo di casa.
Ma l’incubo non finisce. Lui inizia a perseguitarla: la tempesta di telefonate, anche 20 al giorno, si apposta sotto casa e la segue per strada. «Ti taglio a pezzi e mando il corpo ai tuoi genitori», «mando una ragazza a picchiarti così nessuna saprà mai che sono stato io», sono le frasi che le ripete al telefono.
maltrattamenti violenza
E ancora: «Ti ammazzo, prima che tu possa denunciami». Poi un giorno lui le rinfaccia di essersi fidanzata con un italiano: «un infedele» e «un ebreo». È a quel punto, di fronte all’ennesimo gesto di violenza, che Meriam rivendica se stessa.
Rivendica di essere una donna adulta ed emancipata e di essere libera di vivere la propria vita: «In Italia c’è la possibilità di fidanzarsi con un italiano, un cinese, un giapponese, nero, giallo, bianco... con chiunque... Io non ho passato 20 anni della mia vita a studiare per rimanere una marocchina ignorante come sei tu... preferisco stare con un italiano che mangia il prosciutto e non prega Allah, che stare con uno come te che parla dalla mattina alla sera di Dio e non sa nemmeno cosa vuole dire il rispetto per gli altri». L’epilogo in Tribunale, nei giorni scorsi, con la condanna dell’uomo.