Carlo Ancelotti singing Real Madrid’s anthem after the game.
I love this man! pic.twitter.com/24PUi7BySM
— TC (@totalcristiano) May 8, 2024
ANCELOTTI, GRAZIE DI ESISTERE
CARLO ANCELOTTI CANTA L'INNO DEL REAL
Ivan Zazzaroni per il Corriere dello Sport
Ottantasette e 91’. Grazie, calcio, che ci regali emozioni come questa. E grazie, Carlo, perché per noi sei il calcio, quello che amiamo: grazie di esistere (e resistere). Solo tu riesci da anni a coinvolgerci a distanza, ci costringi a tifare addirittura per l’Everton, con il Real - lo ammetto - ci riesce più facile.
Dalle mie parti si è creata una community di giornalisti - Alberto, Massimiliano, Gio, Pas - che conoscono Ancelotti da una vita e lo considerano un fratellone, un compagno di sport, passione e leggerezza. Ogni volta che vince qualcosa - càpita spesso - lo smartphone si riempie di gioia, della stessa gioia. Con questa sono 1.334 le partite che Ancelotti ha preparato, sofferto, cambiato, capito, vinto, pareggiato e perso da quando allena, ovvero dal 1995 a Reggio Emilia.
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Facendo due conti in puro stile Gino Palumbo, è come se avesse vissuto dalla panchina una partita lunga tre mesi di fila, giorno e notte, notte e giorno. A gennaio Carlo entrerà nel trentesimo anno di attività: 793 sono - a oggi - i successi, 297 i pari, 244 le sconfitte. Con il Real è arrivato a 284 presenze in due distinte fasi della carriera, 206 delle quali concluse con il sorriso del vincitore. I trofei che ha messo insieme sono 42, 14 da giocatore e 28 da tecnico. «Ti giuro che io non so quanti ne ho vinti» mi confessava giorni fa.
Eppure in giro c’è ancora chi dice che lui ha fortuna (più prosaicamente, culo), non figura tra i migliori tattici, però è stratega e sa trattare i campioni. Grande gestore, dunque, non grande allenatore: una delle più enormi panzane diffuse dal mondo dei competenti un tanto al chilo.
CARLO ANCELOTTI CANTA L'INNO DEL REAL
Ancelotti è di nuovo in finale di Champions con il suo calcio non etichettabile. Perché è portatore sano di uno sport al quale si vuole sempre aggiungere qualcosa di inutile: Carlo ha la capacità di restituire all’appassionato la complessità e l’incanto di qualcosa che conosce alla perfezione e che per lui non ha più segreti. E adesso lo immagino mentre si accende una sigaretta e, boccata dopo boccata, spiega a qualcuno la chiave della sua ultima vittoria, così come fece a Parigi due anni fa, con la semplicità dei grandi: «Il portiere ha parato e il centravanti ha segnato».
A forza di portieri che hanno parato e centravanti che hanno segnato, Carlo ha scritto alcune delle pagine più belle e vincenti della storia di Milan, Chelsea, Psg, Bayern e Real Madrid. L’ha fatto sdrammatizzando, conservando le tensioni dentro di sé, non manifestandole: «Li abbiamo asserragliati nella nostra area», mi spiegò dopo il pari di Manchester la notte tra il 17 e il 18 aprile. E se vi piacciono le perle ancelottiane, ne infilo altre nella collana dei ricordi più recenti. «All’Everton ho giocato con quattro difensori centrali tutti insieme», raccontò; oppure «abbiamo provato a perdere, ma non ce l’abbiamo fatta».
CARLO ANCELOTTI CANTA L'INNO DEL REAL
Prima di un Clàsico: «Dài, che ci cascano un’altra volta»; e dopo: «ci sono cascati». Ma anche «guarda questo gattino che arriva a luglio» riferendosi al brasiliano Endrick. I giovani fuoriclasse lui li chiama gattini. Solo per Mbappé è passato a gattone. Ancelotti rende tutto più semplice e genuino e ormai è diventato una fede: non a caso il Bernabeu ha creduto nella rimonta fino all’87’ quando l’impresa si è compiuta. Alla fine l’ho visto cantare l’inno del Madrid insieme ai tifosi, lui da solo al centro del Bernabeu. Ed è l’immagine più bella e spontanea di un altro mercoledì da Carletto.
TUCHEL DISTRUGGE ARBITRO E GUARDALINEE, ANCELOTTI NON CI STA
CARLO ANCELOTTI CANTA L'INNO DEL REAL
(...) Thomas Tuchel è furioso nel dopo partita, non si capacita, parla di "disastro", ma Carlo Ancelotti non ci sta e risponde per le rime, citando un grosso torto a suo dire subìto anche dal Real.
Troppo evidente l'errore dell'assistente di linea per non far esplodere giocatori e tecnico del Bayern dopo il fischio finale e la conseguente eliminazione dalla Champions. Se Matthijs de Ligt aveva immediatamente sfogato la sua rabbia e incredulità, svelando che il guardalinee gli aveva confessato di aver sbagliato e che "gli dispiaceva", Tuchel ha rincarato la dose: "È stato un vero disastro, una violazione delle regole – ha detto il 50enne tecnico tedesco – L'azione deve essere fatta proseguire fino alla conclusione, questa è la regola. Il guardalinee ha commesso l'errore e l'arbitro ha commesso il secondo errore, sembra quasi un tradimento".
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"Anche l'arbitro non deve fischiare, vede che prendiamo la seconda palla. Fischiare è una decisione molto, molto sbagliata. È contro le regole ed è una decisione sbagliata da parte di entrambi. È un disastro, difficile da digerire, ma è così che stanno le cose. Accettiamo le scuse ma non è questo il momento di scusarsi. Siamo in semifinale e non è il momento di fare questo tipo di errori", ha concluso Tuchel, che deve prendere atto di uno scenario molto raro per il Bayern: il club bavarese resterà senza trofei per la prima volta in oltre un decennio.
Le lamentele del Bayern sono state riportate a Carlo Ancelotti, che non ha voluto farle passare senza replicare in maniera decisa: "Si lamentano del fuorigioco? Ok, allora noi ci lamentiamo del gol annullato a Nacho… perché Kimmich si è tuffato. Entrambi i giocatori si spingevano a vicenda ed è stato Nacho ad essere penalizzato", ha spiegato il 64enne allenatore emiliano, riferendosi alla rete del pareggio annullata al difensore spagnolo al 73′, poco dopo il gol bavarese di Davies.
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"Novanta minuti al Bernabeu sono molto lunghi, è stato così un'altra volta", è la morale della storia che Ancelotti conosce bene. Quel mix di storia, tradizione e ‘miedo escenico' che ha spinto spesso il Real Madrid a imprese leggendarie e rimonte prodigiose nel proprio stadio. Poi avere in panchina uno specialista di Champions come Carletto aiuta (è il primo allenatore della storia a giocare 6 finali), soprattutto se il giocatore che manda in campo a dieci minuti dalla fine fa doppietta… "Joselu è la rappresentazione perfetta di ciò che rappresenta questa squadra. Non ha giocato molto in questa stagione, ma non si arrende mai. Con Davide (il figlio e vice, ndr) discutiamo e parliamo, l'idea di Joselu era condivisa. Lui in area è molto forte e pericoloso". Anche il Bayern adesso lo sa.
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