Monica Ricci Sargentini per “www.corriere.it”
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«Gruppi transgender altamente politicizzati mettono a rischio i bambini». L’accusa è di quelle pesanti e a riportarla, in prima pagina, è l’Observer, il domenicale del Guardian, giornale della sinistra liberal da sempre in prima linea per la difesa dei diritti della comunità Lgbt.
Marcus Evans, psicoterapeuta ed ex manager della Tavistock clinic dove si curano i bambini affetti da disforia di genere, racconta che i medici hanno paura di essere bollati come transofobi e, per questo, sono meno obiettivi: «L’agenda politica dei trans ha invaso l’ambiente medico.
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Serve un servizio sanitario indipendente che metta gli interessi del paziente al primo posto. Questo richiede la forza di resistere alle pressioni che arrivano da diverse fonti: il ragazzino, la famiglia, i social network e i gruppi trans iperpoliticizzati».
I dati
I dati parlano di un boom di casi di disforia di genere. Se nel 2013 erano 468 i giovanissimi che si erano rivolti al Servizio per lo sviluppo dell’identità di genere (Gender Identity Development Service), nel 2018 i casi registrati sono stati 2.519. Un aumento allarmante. Tanto che, in questi giorni, il Royal College of Paediatricians e Child Health ha chiesto al suo comitato etico di indagare sulla rapida crescita dell’uso di bloccanti della pubertà.
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Il caso di Dagny
Emblematico è il caso di «Dagny», una donna che da adolescente si sentiva un uomo e che ora ha scelto di tornare sui propri passi. Evans ha scritto una relazione sulla sua storia e l’ha presentata a una conferenza qualche mese fa.
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La donna ha raccontato si essere stata influenzata dai social network, in particolare da Tumblr: «Da ragazza ero convinta che se hai la disforia di genere devi per forza fare la transizione — ha spiegato Dagny — e chiunque si metta sulla tua strada è un transofobo e un bigotto dell’Alt-right».
Rischio suicidio
La scorsa settimana la BBC Newsnight ha parlato di un rapporto, in possesso del consiglio direttivo della Tavistock, che rileva un drammatico aumento di pensieri suicidi e di atti di autolesionismo nei ragazzini e nelle ragazzine che prendono i bloccanti della pubertà.
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Un ex medico del Servizio per lo sviluppo dell’identità di genere (Gids), il dottor Kirsty Entwistle, ha scritto una lettera aperta per denunciare che il personale sanitario non prende in considerazione «le esperienze traumatiche» che potrebbero essere la causa della disforia e passa direttamente alla somministrazione dei farmaci. Accuse molto pesanti.
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Tanto che la Gids, che fa parte del servizio sanitario nazionale, ha fatto un comunicato per smentire: «Gids fornisce un servizio sicuro e si prende cura dei giovani in un momento molto vulnerabile delle loro vte. La nostra esperienza ci insegna che, con questo tipo di pazienti, non fare nulla non è una scelta neutrale e può portare a un grave danno».
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La denuncia
All’inizio dell’anno dieci medici della Tavistock clinic avevano denunciato che le pressioni delle lobby trans spingevano ad affrettare gli interventi di transizione. Ma il consiglio direttivo aveva archiviato il caso: «La sicurezza del paziente non è in pericolo». Questo aveva portato alle dimissioni di Evans. «C’è una grande paura a parlare perché si rischia l’accusa di transfobia e anche un richiamo disciplinare o persino il licenziamento».
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