Candida Morvillo per www.corriere.it
paolo del debbio
Dieta o malattia? Problemi di salute o nuovo amore? Il 10 settembre, dopo la pausa estiva, Paolo Del Debbio, 62 anni, è tornato su Rete Quattro per condurre Diritto e Rovescio ed era così dimagrito che su giornali e siti si è scatenato un giallo. Titoli a caso dell’ultimo mese: Paolo Del Debbio shock, è dimagritissimo; è irriconoscibile; il dimagrimento preoccupa gli spettatori: è malattia?; non è malato, ha un nuovo amore; approfondite le voci su Del Debbio malato, ha solo fatto la dieta; paura per la sua salute... Decine e decine di titoli così.
Del Debbio, si aspettava questo clamore?
«No e non ci sono tanto abituato. Ho una vita riservatissima. Se non lavoro, sto a casa a studiare e scrivere. Non che sia un monaco certosino, ma non essendo uno che guarda cosa fanno gli altri, non mi aspettavo che tanti guardassero cosa faccio io».
In definitiva, che cos’ha fatto?
«Ho mangiato meno, mi sono affidato a un medico e ho perso 27 chili. Ho un’età in cui lo stile di vita non andava più bene per la salute e mi sono piano piano sistemato. Tutto qui».
Nessuna malattia grave, quindi?
«Facendo corna, toccando ferro all’italiana e legno alla francese, non sono mai stato meglio. Mi sento meno affaticato, più sciolto, cammino più leggero e il cervello è più veloce. Poi, di sicuro, la dieta non è partita da una considerazione estetica, ma di salute. Dopodiché, sentirsi anche meglio con se stesso non è una cosa brutta».
Si è trasformato in tempi record: nell’ultima puntata estiva, il 25 giugno, era un’altra persona.
«Ho cominciato il mercoledì dopo Pasqua: quando fai queste cose ci vogliono molti mesi, altrimenti non è salutare, solo che i primi chili che perdi non li vedi. Perciò, all’inizio, può subentrare lo scoraggiamento: il primo mese e mezzo è stato una tortura coreana».
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Una «tortura» perché?
«Perché devi cambiare la testa. Hai fame, ma il problema non è il cibo, quanto evitare di ritenere il cibo una via di fuga, una copertina di Linus. Magari arrivi a casa dopo una giornata di lavoro e mangi o bevi più del dovuto».
Passato il primo mese e mezzo da tortura, che è successo?
«Ho iniziato a vedere i risultati e a sentirmi incoraggiato. Prima, facevo sempre due cose che amavo: stavo fermo in poltrona a leggere e mangiavo e bevevo con gusto. Ora, mi muovo molto e mangio poco. È una banalità, ma per me non lo è stata».
Muoversi molto che significa?
«Non che faccio incontri di boxe o mi scontro con Tyson fra poco. Mi muovo. E non è che ho trovato una dieta miracolosa. Ne ho fatto una di buon senso: ho tolto le cose che fanno ingrassare e sono andato di verdure, carne, pesce. Con la dieta non esiste il miracolo, esiste solo un clic nel cervello e l’umana voluntas».
PAOLO DEL DEBBIO - DRITTO E ROVESCIO
Come è scattato il clic?
«Vengo da una famiglia semplice di un quartiere popolare di Lucca. Per noi, il pranzo della domenica era una festa. Si andava in campagna per il pic nic, con babbo, mamma, zii, cugini. Mi ricordo i tavolini pieghevoli, la stesa di salumi, sottaceti, sottoli. Era una gioia fatta di nulla. A un certo punto, adesso, mi sono reso conto che quella festa, piano piano, nella mia mente, si era trasformata in un rifugio, che in realtà era una galera. Fa tutto il nostro cervello e, quando lo capisci, devi spezzare quella spirale di cose e di pensieri che, di fatto, è una dipendenza».
Alla fine, associamo sempre il cibo all’affetto?
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«È una dipendenza affettiva, esistenziale, una dipendenza dalla tradizione. Nelle famiglie modeste, la bistecca, la tavola imbandita, il ristorante quella volta che si poteva, erano momenti di felicità. A casa mia, non c’erano tavole pazzesche, ma ricordo i fiaschi di vino e io bambino con babbo che me ne metteva due gocce nell’idrolitina».
Dunque, nessun nuovo amore?
«No, ma se ci fosse, non lo direi neanche sotto tortura. Poi, se uno fa la dieta e ha un amore, questo aiuta, ma lo dico immaginandolo».
Come si sente adesso?
«Come uno a cui hanno tolto dalla schiena uno zaino con dentro 18 bottiglie d’acqua da un litro e mezzo. Non mi sentivo così da molti anni».
Non era così neanche nel ’94 quando dirigeva l’ufficio studi di Forza Italia, né quando conduceva Mattino 5 dieci anni fa.
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«Per ritrovarmi così magro dovrei tornare al liceo. Quando facevo Mattino 5, seguivo la dieta con l’idea che dopo avrei ripreso a mangiare come prima. Ora, non ho voglia di ricominciare».
Negli anni, che rapporto ha avuto col peso?
«Remissivo. Mi dicevo: ormai, sono così; sono ingrassato troppo, non ce la farò. Se oggi parlo di una vicenda così personale, è per dire a chi soffre dello stesso problema che non c’è un livello da cui non si torna indietro, basta farsi aiutare da un buon medico, anche di base. Io ho due dottori amici, Giulio e Marco, e sono amico del nutrizionista Nicola Sorrentino, che anche mi ha dato una mano. Pensavo di non potercela fare, ma ce l’ho fatta. È un messaggio che voglio dare, anche se mi vergogno molto: c’è una pandemia che sembra la seconda guerra mondiale e mi sento come uno che spiega che si è rifatto le ciglia».
Però, proprio in momenti di ansia e paura, rifugiarsi nel cibo è un classico.
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«Spero che parlarne serva. Io, durante il Covid, sono andato in giro tutte le settimane a registrare la copertina della trasmissione ed ero caricato del dolore e della disperazione di tutti quelli che incontravo. Mi sono reso conto che, essendo un uomo fortunato, non dovevo rovinare con le mie mani quello che la vita mi ha regalato. Quello che posso dire a chi oggi vive tanta disperazione è che, anche sei hai problemi che sembrano più pressanti, se affronti quello del peso, riesci ad affrontare meglio anche tutti gli altri. E c’è una cosa che vorrei a dire anche a questo governo».
Quale?
«In Italia, molti anziani poveri vivono di pane e pasta, che è veleno per il diabete senile. Me lo raccontano le centinaia di persone che incontro nei mercati, nelle piazze. Qualcuno dovrebbe preoccuparsi dell’alimentazione degli anziani».
Il filosofo che in origine c’è in lei a che libri ha ripensato durante la dieta?
«Alle Metamorfosi di Ovidio, perché, nel caos generale della vita disordinata in cui mi ero infilato, mangiare bene è stato un tentativo di metamorfosi personale. Dal caos al cosmos. E mi sono immedesimato in Antoine Roquentin de La Nausea di Jean-Paul Sartre per come si sente a disagio nella sua vita».
Ha cambiato anche look: ciuffo al vento, barba rasa, occhiali vistosi. Opera di un image maker?
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«Ma le pare? Ho da pensare alla mia personality, dell’immagine m’importa poco. Ho il look uguale a tanti anni fa, quando portavo i capelli all’indietro. La barba in tv non era tanto gradita, ma a me piace perché piaceva a mia mamma che non c’è più. Anche questi occhiali le piacevano molto, li avevo persi, li ho ritrovati e me li sono messi pensando a lei».
E la tinta argento ai capelli?
«Ma no, li ho sempre avuti così».
Deve perdere ancora chili?
«Sono passato dalla 62 alla 52, devo rimanere così e, per ora, è facile».
Il settimanale Chi ha scritto che, a Mediaset, la chiamano il Richard Gere dell’informazione. Le risulta?
«Mi pare una roba che, se Gere lo scopre, gli fa causa e io vado pure a difenderlo».
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