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    UN PADRE DI MERDA DI NOME HEMINGWAY – LO SCRITTORE EDUCÒ I TRE FIGLI ALLA "VIRILITÀ", TRA BATTUTE DI CACCIA, SPEDIZIONI DI PESCA CON LA MITRAGLIATRICE, ALCOL SIN DA PICCOLI E SOPRANNOMI FEROCI – DALLE LETTERE PUBBLICATE DA DUE DEI TRE EREDI EMERGE LA FIGURA DI UN GENITORE INGESTIBILE E INSOPPORTABILE – IL TERZOGENITO GREGORY, SEGNATO DALLA DUREZZA DEL PADRE, DIVENNE UN TRAVESTITO, CAMBIÒ SESSO E MORÌ IN UN CARCERE FEMMINILE…


     
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    Terry Mc Donell per “Sette - Corriere della Sera”

     

    ernest hemingway ernest hemingway

    Nella foto, Ernest Hemingway calcia in aria una lattina su una strada di campagna innevata, con un movimento atletico e aggraziato di cui sembra compiacersi. L’istantanea fu realizzata da John Bryson per la rivista Life il 1° febbraio 1959 lungo il fiume Big Wood vicino alla casa dello scrittore nei dintorni di Ketchum, Idaho.

     

    Sembra un gesto estemporaneo e l’immagine ha un che di intimo, ma in realtà fu uno scatto in posa, frutto di un’idea di Bryson. Ernest stava recitando, ma dichiarò di aver agito spontaneamente e si prese tutto il merito. È questo il problema con lo scrittore: ci sono troppe cose che vorresti non sapere.

     

    La traccia letteraria

    ernest hemingway con il figlio gregory ernest hemingway con il figlio gregory

    A quel tempo, Ernest veniva da due serie disastrose di elettroshock terapeutici e due anni dopo si sarebbe suicidato. Era l’epoca in cui qualunque uomo desiderasse approcciarsi alla scrittura in America doveva fare i conti, in un modo o nell’altro, con il tema della virilità che caratterizzava l’opera di Hemingway, con tutta la sua fallibilità e con l’ironia a sfondo sessuale.

     

    Generazioni di aspiranti scrittori come noi che non si limitavano a leggere i suoi romanzi, ma li dovevano studiare a fondo per andare oltre il mero significato delle parole. Leggendo Fiesta (Il sole sorgerà ancora) ci siamo innamorati di Lady Brett. Come Jake Barnes avevamo perso fiducia nei valori che avrebbero dovuto dare senso alla vita. Amavamo quella cupa disillusione. Ma fu la semplicità de I racconti di Nick Adams a rapirci e farci credere di poter diventare anche noi scrittori. È da lì che tutto cominciò, alimentando un mix di durezza e semplicità, nel desiderio di scrivere seriamente e fare arte in modo virile: un atteggiamento che portava avanti la rovina della mascolinità americana, ridotta ormai a un’arma spuntata.

     

    hemingway con la terza moglie martha gelhorn e i figli gregory, john e patrick hemingway con la terza moglie martha gelhorn e i figli gregory, john e patrick

    Nell’ultimo de I racconti di Nick Adams, Padri e figli, Nick ripercorre i ricordi che mostrano Ernest come un uomo debole che ha tradito sé stesso. Nick lo ha amato comunque e si strugge tra i ricordi d’infanzia finché non capisce di poter venire a patti con il padre scrivendo di lui. La storia riecheggia continuamente nel nuovo romanzo: Dear Papa: The Letters of Patrick and Ernest Hemingway.

     

    Una eccentrica tribù

    Patrick era il secondo dei tre figli che Ernest ebbe dalle due mogli. John Hadley Nicanor, chiamato poi Jack, era il primogenito: sua madre era Hadley Richardson e le sue madrine furono Gertrude Stein e Alice B. Toklas. Patrick Miller Hemingway e il fratello minore, Gregory “Gigi” Hancock, erano i figli che Ernest ebbe da Pauline Pfeiffer. Questo era tutto ciò che sapevo su Ernest in quanto padre quando, nel 1995, fui ingaggiato per scrivere una miniserie basata su Fiesta, diretta e prodotta dalla nipote, Mariel Hemingway.

     

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    Il padre di Mariel, Jack-“Bumby” o “il Sig. Bumby”, come viene chiamato 11 volte nel memoir - era l’unico testimone vivente di quel periodo della vita di Ernest. Ci incontrammo a cena nella casa di famiglia a Ketchum, con la sua prima moglie Puck (madre di Mariel) e la sorella maggiore di lei, Muffet. C’era tensione nell’aria, e quando fu aperta la seconda bottiglia di vino Mariel non nascose il proprio disappunto. Muffet era triste, a quanto pare le era vietato bere alcolici.

     

    Non rimasi sorpreso: avevo già sentito dire che fosse difficile per Mariel far parte di una famiglia così eccentrica, con Muffet che faceva camminate nella neve completamente nuda e lo zio Gregory a svolgere la professione di medico in abiti da donna in lungo e in largo per il Montana orientale. Quando conobbi Jack era gentile e disponibile: mi parlò del musicista preferito di Ernest (Fats Waller), delle sue abitudini di lettura (quattro o cinque libri alla volta), e così via.

     

    L’archivio fotografico

    ERNEST HEMINGWAY ERNEST HEMINGWAY

    Mi mostrò tantissime fotografie e notai che il privilegio minimizzato così fortemente da Ernest nella sua autobiografia veniva smentito dal gran numero di persone nella sua cerchia in possesso di una macchina fotografica, o che comunque sembravano essere sempre intente a farsi immortalare. Le immagini che raffigurano Jack a tre anni in Austria, sulla neve del Vorarlberg insieme ai genitori, giovani e belli, si trovano infatti in numerose biografie di Hemingway.

     

    Vidi anche diverse fotografie dei tre fratelli Hemingway, solitamente sorridenti con il padre, spesso con fucili o canne da pesca, mentre catturano pesci enormi o mostrano con orgoglio il bottino di una battuta di caccia. Alcuni scatti ritraggono Patrick e Gregory in abiti da marinaio mentre mostrano i denti sorreggendo le mascelle spalancate di uno squalo.

     

    Altre immagini realizzate dal reporter di guerra Robert Capa mostrano i due ragazzi più piccoli intenti a cacciare uccelli insieme al padre vicino a Sun Valley nel 1940, quando Ernest era sposato con Martha Gellhorn, anche lei presente negli scatti dove tutti bevono birra e i ragazzi hanno 9 e 12 anni. Ancora più rivelatrice fu una serie di foto scattate prima, sulla Pilar, la barca da 12 metri di Ernest, quando Jack aveva 12 anni: Ernest dorme sulla poppa con in mano un drink e reggendo la mitragliatrice Thompson che usava per sparare agli squali, con Jack appoggiato al suo ginocchio. In altre immagini Jack sta sparando con la mitragliatrice scolandosi il rum di Ernest.

     

    Il “signor topo”

    gregory hemingway, con un bottino di caccia gregory hemingway, con un bottino di caccia

    È difficile immaginare un padre così noncurante e allo stesso tempo affettuoso nei confronti del figlio, un tema ricorrente nelle lettere. Patrick viene chiamato “Topo”, “Signor Topolino”, “Carissimo topo”, “Topolino”, “Topo dei topi”, “Alce”, “Sig. Alce”, “Messicano”, “Vecchio messicano” , “Vecchio beone” e “Tesoro.” Ernest è sempre “Papà”, all’inizio fin troppo affettuoso e attento. All’inizio del libro Patrick scrive al padre dalla Canterbury School in Connecticut, chiedendogli se può andare a trovarlo per il Ringraziamento. Ernest gli risponde dalla sua Finca Vigía, a Cuba, scrivendogli che è impegnato, e lamentandosi del tempo: «Ragazzo mio, oggi non è giornata da Daiquiri ghiacciato, ci vorrebbe più un whisky Old Taylor ‘s servito caldo». È come se fossero due coetanei.

     

    Le lettere sono in ordine cronologico e vanno dagli anni in cui Patrick frequentava il college (Harvard) al periodo in cui si trasferì nell’allora Tanganica (oggi Tanzania), dove visse per 25 anni lavorando come agricoltore e guardiacaccia. Sia lui che il padre scrivono meravigliosamente di paesaggi, uccelli, caccia e pesca, emozionandosi nell’esprimere l’uno la mancanza dell’altro. Con il passare degli anni, papà dispensa consigli e opinioni su vari temi, quali sport, istruzione, donne, ex mogli, pittura, come evitare il servizio militare, denaro e compravendita di terreni.

     

    L’ultima dimora

    gregory hemingway travestito da donna gregory hemingway travestito da donna

    Nell’estate del 1996 andai a Ketchum con i miei figli più piccoli per festeggiare il 4 luglio al rodeo di Hailey, e per completare alcuni lavori per la miniserie. La mattina del primo giorno facemmo visita alla tomba di Ernest nel cimitero nei pressi della Highway 75, appena fuori città. La lapide era posata in orizzontale nell’erba tagliata, circondata da quattro pini alti e imbrattata da bottiglie vuote di vino da quattro soldi, lasciate da qualcuno che aveva fatto baldoria al cimitero.

     

    Il nostro programma prevedeva anche una visita alla casa di Ernest. Non avevo detto ai miei figli che era l’anniversario del suo suicidio. L’abitazione si trovava su una collina ripida che sormonta il fiume Big Wood ed era su tre piani, realizzata in cemento modellato in modo da sembrare legno. Il balcone verde scuro e la finitura verde sulla grande finestra le conferivano un aspetto vagamente modernista.

     

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    L’ingresso principale era attraverso un piccolo atrio con le piastrelle consumate, dove Ernest si sparò in bocca e morì in accappatoio. Al piano superiore, sopra un camino di pietra grigia campeggiavano come trofei teste di impala e kudu provenienti da un safari degli inizi degli Anni 50. Vicino al caminetto c’era un televisore RCA in bianco e nero, sul tavolino delle riviste del 1961, mentre in cucina sull’anta del frigo erano attaccate con lo scotch delle etichette di vino. Un poster dozzinale di una corrida adornava la parete della tromba delle scale che portavano alla camera padronale, dominata da una grande testa di gazzella.

     

    Ernest lavorava in una camera da letto rivestita con pannelli in noce, seduto a una piccola scrivania rivolta verso la finestra affacciata sulle Sawtooth Mountains. Sebbene la casa non fosse più come lo scrittore l’aveva lasciata, l’ente di protezione dell’ambiente Nature Conservancy non aveva ancora allestito il set, con tanto di macchina da scrivere Royal sulla scrivania. Sembrava un bel luogo dove lavorare, se si riusciva a non pensare al rumore assordante dello sparo nell’atrio. Più tardi quel pomeriggio venimmo a sapere che Margaux, sorella di mezzo di Mariel e nipote di Ernest, era stata trovata morta in un monolocale a Santa Monica.

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    Io e i miei figli ci unimmo ai famigliari quattro giorni dopo, quando le sue ceneri vennero deposte vicino a Ernest, contrassegnate da un’altra lastra rettangolare di granito posta a livello del terreno nella pineta. Incontrammo sia Patrick che Gregory alla funzione. Patrick, dall’aria marcatamente riflessiva, arrivò dal Montana, dove stava trascorrendo gli anni della pensione dedicandosi a correggere le bozze di Vero all’alba, che Ernest aveva messo da parte.

     

    Greg si presentò: era piccolo e parlava a voce bassa. Ci ringraziò per la visita, chinandosi verso i miei figli, ripetendo i loro nomi e stringendo loro la mano, con un atteggiamento accogliente e umile allo stesso tempo, portando nel cuore il peso di un altro suicidio in famiglia, il quinto in quattro generazioni.

     

    Il figlio coscienzioso

    In Dear Papa non c’è alcun riferimento al suicidio eccetto che nella nota scritta da Patrick in epilogo e nella descrizione del funerale in bara chiusa di Ernest: «Nella bara c’era tutto fuorché la grazia di una morte serena». In tutte le lettere Patrick è un figlio di mezzo coscienzioso che cerca di appianare i problemi tra i fratelli e il padre. Ernest è sempre incoraggiante, ma diventa via via più esigente e critico, vantandosi di inviare loro del denaro per poi lamentarsene, criticando le loro fidanzate e mogli.

     

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    Nel 1954 Ernest scrisse a Patrick da Londra: «Tra i miei figli tu sei stato l’unico fratello per me; il Signor Bumby è ammirevole, ma non particolarmente intelligente, e il Signor Gigi meraviglioso, ma sempre strano e fuori di testa come un petardo bruciato. Forse ritornerà in sé: lo spero sempre, ma desidero non vederlo mai più».

     

    La fine di Gregory e Gloria

    Quando morì, nel 2000, Gregory si faceva chiamare Gloria, si definiva un travestito e cercava di disintossicarsi dall’alcol; era affetto da disturbi maniaco depressivi e si trovava in una cella della sezione femminile di una prigione di Miami, dopo essere stato arrestato cinque giorni prima sul Key Biscayne Boulevard, visibilmente ubriaco, nudo, con in mano un abito estivo di colore rosa e scarpe con il tacco alto.

     

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    Dal 1952 non vedeva, né rivolgeva la parola al padre, ma era presente al cimitero di Ketchum nel 1961. Disse al Washington Post, «Mi sono sentito estremamente sollevato quando hanno sepolto mio padre e ho capito che era morto veramente, che non avrei più potuto deluderlo, né ferirlo». Come se questo non fosse abbastanza straziante, Gregory affermò inoltre che Patrick «fu assolutamente distrutto da mio padre, al punto di non riuscire a combinare nulla nella vita».

     

    Papa: A Personal Memoir, scritto da Gregory nel 1976, fu un tentativo elegante quanto doloroso di spiegare il rapporto con il padre(...) Gregory aveva 10 anni quando Ernest lo sorprese mentre si provava i collant di seta della matrigna, Martha Gellhorn. Ernest scrisse a Pauline che il loro figlio minore aveva «il più grande lato oscuro della famiglia, a parte me e te». Più avanti gli disse, «Gigi, io e te proveniamo da una strana tribù».

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    Nelle lettere di Patrick non c’è traccia della stranezza di quella tribù, che emerse invece nel romanzo postumo di Ernest, Il giardino dell’Eden, in cui l’eroe classico e sempre più noioso di Hemingway viene soppiantato da un nuovo personaggio con la passione per l’androgino che va ben oltre i rapporti d’amore tradizionali. Questo accadde anni prima dello sviluppo delle politiche sull’identità di genere, e in tale ambito le migliori biografie di Hemingway ( Ernest Hemingway, di Mary Dearborn, ed Hemingway’s Boat, di Paul Hendrickson) concordano nell’affermare che l’eroismo di Ernest consiste nell’aver affrontato ciò che presumibilmente lo tormentava e imbarazzava, forse proprio un’indeterminatezza che vedeva in se stesso.

     

    L’alcol

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    La miniserie non vide mai la luce, senz’altro anche a causa di alcuni aspetti eccentrici del mio copione. Un altro scrittore provò a riprenderlo in mano. Non ci rimasi male, se non per l’aspetto economico. Quando fui ingaggiato non sapevo che Ernest aveva iniziato tutti i suoi tre figli all’alcol quando non erano ancora adolescenti, né che aveva accompagnato Jack in un bordello a 13 anni, né che Ernest e Pauline avevano lasciato Patrick e Gregory da soli per molti mesi, né che ciascuno dei due aveva detto ai figli che avrebbero preferito una bambina.

     

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    Ero all’oscuro di tante cose. La mania di Ernest lo travolse a tal punto da battersi il petto, con un comportamento rozzo che rifletteva tutta la violenza della mascolinità che aveva creato non solo per sé stesso, ma anche per i suoi figli. Patrick lo amava comunque e scrive nell’epilogo che Ernest cercò in tutti i modi di essere un buon padre. Nelle lettere del papà i toni si fanno via via più rancorosi. Quelle di Patrick sono molto diverse e rivelano la volontà di essere il più possibile un bravo figlio, un uomo migliore di quanto non sia stato Ernest nel suo giorno più bello.

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