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    UN PAESE DIVISO SI UNISCE NELL'URLO DEL GOL - MICHELE SERRA: “NON SONO TANTISSIME LE OCCASIONI PER SENTIRSI ITALIA. SERVE PERÒ UN POCO DI SENSO DELLA REALTÀ PER AMMETTERE CHE SÌ, È PROPRIO COSÌ: UN GIOCO PUÒ ESSERE COSÌ POTENTE DA UNIRE, PER QUALCHE SERA, UN POPOLO CHE PRIMA E DOPO LA PARTITA NEMMENO SA DI ESSERLO. NON SI VA IN VACANZA TUTTI INSIEME. NON SI VA A MANGIARE TUTTI QUANTI NELLO STESSO RISTORANTE. SI GRIDA "GOL!", INVECE, TUTTI INSIEME E TUTTI NELLO STESSO POSTO: L'IMMENSO STADIO DIFFUSO CHE È LA CRONACA TELEVISIVA DI UNA PARTITA DI CALCIO”


     
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    Michele Serra per la Repubblica

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    Dell' importanza dello sport (non la pratica ma lo spettacolo, il rito televisivo) nella società di massa si è scritto così tanto, nel bene e nel male, che riesce difficile aggiungere qualcosa.

     

    Ma nella famosa società liquida, dove pare che ognuno viva smembrato dagli altri, con il suo palinsesto tascabile, e pare che di solido, e di collettivo, sia rimasta solo la paura del virus, fa ancora più spicco l' euforia corale di questi giorni.

     

    la telecronaca araba dopo il rigore di jorginho la telecronaca araba dopo il rigore di jorginho

    Ero a Napoli, su un terrazzone affacciato a monte, quando Jorginho ha infilato in rete il pallone che vale la finale europea. E si è sentita e si è vista la città (come ogni altra in questo paese) prima trattenere il fiato e poi esplodere all' unisono, sparare in alto tutto il suo fiato, quartieri alti e quartieri bassi, bei palazzi lustri e condomìni spellati, piazze di movida e strade buie, tutta Napoli. E pochi fuochi, pochi mortaretti (buone notizie per il self-control partenopeo), come se bastasse la voce umana a riempire la volta del cielo. Eccome se bastava.

     

    A poco vale chiedersi, magari con qualche sconforto, quali altre cause superiori, quali culture civiche, quali battaglie ideali uniscano altrettanto l' Italia - e tanti altri Paesi. Il fatto, concreto come le città che lo descrivono e lo accompagnano in una straordinaria unità temporale e sentimentale, è questa pulsazione corale, interclassista, l' esultanza e l' imprecazione che nello stesso preciso istante uniscono il professore e l' operaio, la manager e il disoccupato, i vecchi e i ragazzi, le classi sociali o meglio i loro frantumi, le fisionomie politiche o meglio i loro residui.

    IL RIGORE PARATO DA DONNARUMMA A MORATA IL RIGORE PARATO DA DONNARUMMA A MORATA

     

    C' è una inevitabile retorica della guarigione, in questo luglio calciomane che riempie le piazze in una lunga fiesta quasi promiscua, con qualche prudenza, qualche ferita da gestire, ma una complessiva sensazione di sollievo. Con il calcio che contagia anche il tennista Berrettini, bel figliolo (sembra un attore) che ha l' ottima idea di gemellare Wimbledon con Wembley. E gli azzurri del basket che vincono a Belgrado e tornano olimpici.

     

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    Dei tanti altri riti di massa nuovamente disponibili (le vacanze, la movida, il ritorno al convivio nei ristoranti, nei caffè, nelle case), nessuno è in grado di mettere in sincrono il Paese come lo sport. Non si va in vacanza tutti insieme e tutti sotto lo stesso ombrellone, non si va a mangiare tutti quanti nello stesso ristorante. Si grida "gol!", invece, tutti insieme e tutti nello stesso posto: l' immenso stadio diffuso che è la cronaca televisiva di una partita di calcio.

     

    E lo sentiamo, questo "tutti insieme", questo battito della stessa ora e dello stesso minuto uguali per tutti, come qualcosa di speciale e di sempre meno scontato. Perché ci stiamo abituando alla solitudine (anche grazie ai tanti mesi di quarantena), qualcuno scoprendone anche i comfort; ed è la società nel suo complesso, comunque, che specializza le attività, separa gli orari, disperde le attitudini negli infiniti rivoli del lavoro parcellizzato o precario o distanziato.

    roberto mancini roberto mancini

     

    Finché ti ritrovi, una sera d' estate, scaraventato in un coro lungo e largo centinaia di chilometri, milioni di persone che non conoscerai mai e molte delle quali non sopporti e non ti sopportano; ma ti lasci travolgere dalla baraonda, ti senti folla e non è un brutto sentirsi, dopo tanto isolamento e tanti pensieri consumati davanti al muro di una stanza.

     

    Ci sono gli indifferenti, con i quali mi scuso: ma capiranno anche loro l' importanza di una cosa che unisce prodigiosamente tutti i pezzi non solo dell' Italia, ma di mezzo mondo (gira sui social una fantastica telecronaca araba del gol di Jorginho, con il telecronista, inebriato, che canta Bella Ciao).

     

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    Non sono tantissime le occasioni per sentirsi mondo, e nemmeno per sentirsi Italia. Serve un poco di pazienza per sopportare il patriottismo schiamazzato, la caciara in eccesso, le tonnellate di luoghi comuni - qualcuno, sicuramente, anche in questo articolo.

     

    Serve però anche un poco di senso della realtà per ammettere che sì, è proprio così: un gioco - questo gioco, undici contro undici in un campo di 105 metri per 68 - può essere così potente da unire, per qualche sera, un popolo che prima e dopo la partita nemmeno sa di esserlo.

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