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    UN PALLONE DI FOLLIE - A CAGLIARI GUERRIGLIA TRA GLI ULTRÀ SARDI E I POLACCHI DEL POGON PRIMA E DOPO L'AMICHEVOLE DI VENERDÌ SERA: VOLANO SASSI, TAVOLINI E BOMBE CARTA - 6 POLACCHI ARRESTATI – A BRESCIA PARTITA SOSPESA: ALLO SPUNTARE DI BANDIERE ALBANESI, UN GRUPPO DI TIFOSI SERBI DEL EX VOJVODINA INVADE IL CAMPO – LA RABBIA DI BALOTELLI


     
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    Roberto Pinna per la Gazzetta dello Sport

     

    Da semplice amichevole a guerriglia urbana per le vie del centro di Cagliari. È questo lo scenario in cui si è trasformata, nella notte tra venerdì e sabato, la sfida tra i rossoblù e i polacchi del Pogon. Tavolini e sedie di ristoranti usate come armi, lancio di sassi e anche qualche bomba carta.

     

    CAGLIARI CAGLIARI

    Scene tipiche delle violenze legate al mondo del calcio alle quali però si fatica sempre ad abituarsi. Il bilancio è di sei tifosi polacchi arrestati, che hanno patteggiato quattro mesi con la condizionale nel processo per direttissima e sono quindi già liberi, e di tre cagliaritani denunciati e ora a rischio daspo dalla Digos. Resta la ferita nel cuore della città, una ferita inaspettata specie dopo una gara amichevole. Diversi ristoratori lamentano danni ai materiali da esterno dei loro locali e dopo la paura provata venerdì notte il sogno Europa League, dato dalla classifica dei rossoblù, si è fatto più sbiadito.

     

    La scintilla che ha fatto scatenare l' odio tra le due tifoserie si innesca intorno alle 19.30 davanti all' area della Curva Nord dello stadio del Cagliari. Un gruppo di tifosi polacchi, (in 128 sono sbarcati in Sardegna), arriva allo scontro con alcuni supporter rossoblù. Una rissa sedata in pochi minuti dalle forze dell' ordine ma un cagliaritano, ferito, finisce in ospedale per accertamenti. Da lì in poi gli animi si calmano, i polacchi cantano ed espongono anche uno striscione in italiano: «Siamo presenti ovunque giochi la nostra Pogon». La partita scorre liscia con gli ospiti padroni nel gioco e nel risultato per 60 minuti superati dalla tripletta del cholito Simeone. Sembra tutto finito e invece è solo la quiete prima della tempesta. Le due tifoserie si sono promesse ulteriore battaglia.

    CAGLIARI GUERRGLIA CAGLIARI GUERRGLIA

     

     

    Finita la partita i tifosi del Pogon raggiungono, divisi in gruppi, il centro storico di Cagliari e nello specifico la zona del quartiere Marina. Tra via Cavour e via Lepanto ad aspettarli però ci sono alcuni ultras rossoblù con petardi, bottiglie e bastoni. Da lì scoppia la guerriglia tra 50 polacchi e i tifosi del Cagliari incappucciati e armati. Le strette vie del centro facilitano lo scontro e i ristoranti, con diversi turisti seduti all' esterno visto il clima mite, vengono presi d' assalto perché sedie e tavolini diventano armi improvvisate. Il delirio dura circa una decina di minuti e l' arrivo delle forze dell' ordine seda la rissa e fa scattare la caccia all' uomo. Alla fine la polizia è riuscita a intercettare sei tifosi polacchi e far disperdere gli altri. Gli arrestati, tutti tra i 30 e i 47 anni di età, hanno passato la notte nelle camere di sicurezza della questura per poi essere processati ieri mattina e patteggiare 4 mesi di reclusione con la condizionale.

     

    Negli accertamenti le forze dell' ordine hanno rinvenuto nelle vie del centro parti di piccozze, fumogeni e anche un razzo paracadute. Le immagini e i video della rissa prima dell' incontro e della guerriglia cittadina sono ora sotto la lente di ingrandimento della Digos per identificare ulteriori responsabili e valutare nuovi provvedimenti.

     

     

    BRESCIA CHOC

    Da la Gazzetta dello Sport

     

    Stavolta è diverso.

    BRESCIA INVASIONE BRESCIA INVASIONE

    Stavolta l' amarezza si mescola allo stupore, perché niente lasciava presagire un pomeriggio ad alta tensione per la partita fra Brescia e Vojvodina. Un' amichevole inaugurata con i migliori auspici a Orzinuovi, le squadre in campo fiere di indossare una maglietta bianca per Mihajlovic: «Forza Sinisa».

     

    Vicinanza assoluta all' allenatore del Bologna, ex Vojvodina, che combatte la battaglia più dura. Un bell' inizio, prima che il clima si facesse bellicoso: due sospensioni, una fuga e un' invasione di campo, provocazioni, insulti e l' inevitabile intervento delle forze dell' ordine.

     

    È l' esposizione di alcune bandiere albanesi oltre le recinzioni dello stadio, al 6' della ripresa, a far saltare i nervi dei tifosi serbi, una ventina in tutto. Tocca a Digos e Carabinieri fermarli mentre cercano il contatto con gli albanesi, che nel frattempo si sono dileguati. L' impianto è circondato di campi. Su quello che dovrebbe ospitare l' amichevole a quel punto non ha più voglia di giocare nessuno. Il primo a togliersi la maglia è Balotelli (entrato dopo l' intervallo).

     

    BRESCIA AMICHEVOLE TIFOSI SERBI BRESCIA AMICHEVOLE TIFOSI SERBI

    Dessena fa lo stesso. Giusto così: non è più calcio. La gara era già stata sospesa al 31' del primo tempo. Il tecnico del Vojovodina Lalatovic, espulso al 27', per protesta non aveva accettato la decisione dell' arbitro Amabile di Vicenza. Era rimasto in panchina 4 minuti, a gioco fermo, in una situazione surreale, per poi richiamare la sua squadra negli spogliatoi fra i fischi di un pubblico incredulo e pagante. Un quarto d' ora di stop, prima che il presidente Vojislav Gajic convincesse allenatore e giocatori a tornare sui loro passi.

     

    E' il 41'. I tifosi serbi stanno facendo allora il loro ingresso allo stadio. Espongono subito uno striscione in ricordo di un bambino tifoso biancorosso morto da pochi giorni. Il Brescia sta vincendo 2-0 (gol di Donnarumma su rigore e Bisoli).

     

    Da capire se quello del tecnico serbo fosse un vero colpo di testa («non sarebbe certo il primo», dicono i colleghi serbi in tribuna) oppure nascesse da un calcolo: dal referto stilato da un arbitro ufficiale potrebbero derivare squalifiche per il campionato. Sta di fatto che con la spinta dei suoi ultrà il Vojvodina accorcia le distanze (2-1, rete di Djuricin). A Orzinuovi l' aria si fa elettrica. Dai «vaffa» si passa a un coro politico, gridato e ripetuto nella lingua madre: «Il Kosovo è Serbia, il Kosovo è Serbia».

     

    BALOTELLI BALOTELLI

    Inevitabile ripensare alla disgregazione di quella che era chiamata Jugoslavia, alle conseguenze sanguinose di conflitti (mondiali e non) mai sopiti. Non c' è reazione ai cori da parte del pubblico bresciano.

     

    E' a quel punto che in lontananza - ma visibili - spuntano i colori della bandiera albanese. E i serbi vedono - letteralmente - rosso. Trattenuti dopo aver invaso il campo a caccia di vessilli, i tifosi del Vojvodina rimangono dentro lo stadio fino al tardo pomeriggio. Dopodiché se ne tornano a casa.

    Scortati.

     

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