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    UN PASSO INDIETRO OGGI PER FARNE DUE IN AVANTI DOMANI – NESSUNO CREDE AL RITIRO DI MARONI A VITA PRIVATA: NON SI CANDIDERA’ PER LA REGIONE LOMBARDIA E NEMMENO ALLE POLITICHE – TRA POCO SPIEGA IL PERCHE’, MA NON DIRA’ CHE NEL CUORE GLI E’ RIMASTO IL VIMINALE … 


     
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    Marco Cremonesi per il Corriere della Sera

     

    maroni al congresso della lega maroni al congresso della lega

    Il gran ritiro pare sia maturato nella testa del governatore subito dopo l' estate. Oggi, Roberto Maroni lo motiverà: alle 11 di questa mattina con gli assessori della giunta lombarda, un poco più tardi ad uso di taccuini e telecamere. La settimana scorsa il presidente lombardo aveva convocato quest' ultima conferenza stampa: ufficialmente, per svolgere una puntuale rassegna dei risultati del suo quinquennio.

     

    Ma l' intenzione di annunciare il suo addio alla Regione era già nitidissima: ne ha informato, pare appena prima di Natale, Matteo Salvini. Poi, durante un incontro la settimana scorsa, Silvio Berlusconi. E per finire, ieri ha avvisato del ritiro anche il suo avversario mancato, il sindaco di Bergamo Giorgio Gori candidato dal Pd. Cosa che ha spinto il segretario pd Matteo Renzi a twittare il suo «Forza Giorgio!».

     

    sala maroni sala maroni

    Di sicuro, i «motivi personali» di Maroni a cui accenna il comunicato del centrodestra dopo il summit di Arcore non sono né familiari né di salute. Nemmeno politici, dirà oggi, quando si metterà «a disposizione della Lega». Della Lega, ma forse anche dell' Italia intera, in caso di vittoria del centrodestra. Come ministro o, chissà mai, addirittura come premier, vista l' incandidabilità di Silvio Berlusconi.

     

    È vero che Salvini sta facendo e farà tutta la sua campagna elettorale come candidato premier. Eppure, anche a lui riuscirebbe complicato dire no a un leghista che dispone del placet del Cavaliere. Soprattutto se Forza Italia, a voti contati, fosse il primo partito del centrodestra. Il Maroni risorsa della Repubblica potrebbe tornare utile anche più tardi, qualora le maggioranze uscite dalle urne si rivelassero instabili. Il governatore lombardo ha detto di aver chiuso le sue esperienze romane, ma una chiamata alla responsabilità sarebbe difficile da respingere.

    SALVINI MARONI SALVINI MARONI

     

    A dare retta ai suoi, la chiave per comprendere la scelta di Maroni sarebbe in quello slogan che non utilizzerà mai e che però già nelle scorse settimane aveva ripetuto: «Fatto!». Un modo per dire che lui di promesse non avrebbe avuto bisogno perché i risultati del suo governo sono già tangibili.

     

    Probabilmente, oggi dirà qualcosa del genere. Spiegherà che con la riforma sanitaria ormai sul binario, dopo il referendum sulle autonomie celebrato con successo e con la trattativa con il governo avviata, considera di avere assolto al suo mandato. Un' uscita di scena (provvisoria) proprio mentre i sondaggi sembravano spianare la strada della rielezione. Quel che è certo respingerà è il sospetto che dietro la sua scelta possa esserci il processo che ancora ha in corso.

     

    BERLUSCONI E MARONI A MONTECITORIO BERLUSCONI E MARONI A MONTECITORIO

    L' illazione fino a qualche tempo fa era alimentata dal fatto che sugli eletti in Regione la scure della legge Severino cala immediatamente, già dopo il primo grado di giudizio. Sui parlamentari, soltanto dopo il pronunciamento della Cassazione. Ma in effetti, l' assoluzione con formula piena dell' ex direttore generale di Expo, Christian Malangone, imputato nello stesso processo di Maroni, aveva depotenziato il rischio e anche dissipato la diceria.

     

    Chi sostituirà il governatore uscente? Assai citato è Attilio Fontana, apprezzato ex sindaco di Varese nonché ex presidente del consiglio regionale lombardo. Ma chiedere a lui (che già era nel toto assessori della futura giunta Maroni) è inutile: «Ah, sarei io? Avevo letto di Gregorio Fontana...», uomo di fiducia di Berlusconi e responsabile dell' organizzazione di Forza Italia. Ma in quel partito il nome che spesso circola è quello di Mariastella Gelmini.

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