Giuliano Foschini per repubblica.it
patriarca kirill
Sono passati sei anni, era il febbraio del 2016, e nel mezzo non ci sono soltanto parole. Ma un altro mondo. «Deploriamo lo scontro in Ucraina», «costruite la pace» diceva, abbracciato a Papa Francesco, in un incontro storico avvenuto nell’aeroporto di Cuba, il patriarca ortodosso Kirill.
Lo stesso che 48 ore fa, nel corso del suo sermone nella Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca, ha tuonato con espressioni incredibili sul conflitto in Ucraina. Parlando del presente, ma anche del passato: «Per otto anni ci sono stati tentativi di distruggere ciò che esiste nel Donbass» ha detto. «Oggi esiste un test per la lealtà a questo governo, una specie di passaggio a quel mondo ‘felice’, il mondo del consumo eccessivo, il mondo della “libertà” visibile: sapete cos’è questo test? È molto semplice e allo stesso tempo terribile: è una parata gay».
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Le parole hanno fatto presto il giro del mondo, sconvolgendolo. Hanno colpito i fedeli. Travolto chi, ancora in questi giorni, pensava che un pezzo di pace potesse essere ancora costruito sull’asse della Chiesa: in questo 2022, tra giugno e luglio, era in programma un altro storico incontro, tra Kirill e Papa Francesco. Forse a Mosca. Forse a Bari, il luogo per eccellenza dell’unione delle due Chiese, perché casa di San Nicola: il simbolo è la statua donata nel 2003 alla città proprio da Putin, come ricorda la targa appesa davanti alla Basilica.
Si era pensato nei primi giorni del conflitto che una possibilità potesse essere accelerare i tempi dell’incontro, come se la fede potesse farsi buon senso. Il Papa, non a caso, ha incontrato il 18 febbraio l’ambasciatore russo, con la crisi in Ucraina già esplosa, senza però usare toni duri, proprio per lasciare una porta aperta alla conciliazione. Poi è arrivato il sermone di Kirill che sembra aver chiuso definitivamente le porte.
Eppure gli addetti ai lavori non si sono mostrati affatto stupiti rispetto a quanto accaduto. Era chiaro a tutti che un pezzo di questa guerra fosse anche religiosa: nel 2018 c’è stato uno scisma tra la Chiesa di Kiev e quella di Mosca. E in questo conflitto la Russia vuole conquistare territori ma anche i 30 milioni di fedeli ucraini.
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Ancora: secondo diversi report di intelligence dell’ultimo anno, Kirill, da sempre appiattito sule posizioni di Putin, aveva visto incrinarsi i suoi rapporti con il Cremlino, Non a caso c’era chi aveva fatto notare come, recentemente, Kirill fosse - protetto anche dalla questione Covid - quasi scomparso dai radar ufficiali: niente photo opportunity con Putin, poche immagini e molti, lunghi, comunicati ufficiali. Per recuperare, doveva entrare con un discorso violento come quello consegnato ai fedeli. Confermando la sua fedeltà al Governo.
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Anche perché negli ultimi mesi era apparso spesso accanto a Putin un altro religioso ortodosso di peso, il metropolita Hilarion, presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche. Che a febbraio, dalle mani del presidente, aveva ricevuto una delle massime onorificenze: l’Ordine di Aleksandr Nevskij. Proprio in quell’occasione Hilarion fece un riferimento esplicito all’Ucraina che, letto oggi dalla nostra intelligence, sembra non essere stato affatto casuale: «Ci occupiamo - disse - non solo di affari esteri, ma anche di relazioni interreligiose nella nostra Patria. E negli ultimi anni ci sentiamo sempre di più una sorta di dipartimento di Difesa, perché dobbiamo difendere le sacre frontiere della nostra Chiesa». Erano i primi giorni di febbraio e la guerra era già cominciata.
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