Laura Tedesco per www.corrieredelveneto.corriere.it
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Avrebbe cercato di rifarsi il décolleté a «spese» (nel vero senso della parola...) di un sacerdote. Le servivano diecimila euro per un intervento di chirurgia estetica di sostituzione delle protesi al seno, cifra che avrebbe tentato di estorcere a un prete veronese minacciando di rovinarlo con accuse hard prive di fondamento. Ma l’irreprensibile uomo di Chiesa, certo delle propria assoluta estraneità da quegli scottanti sospetti a luci rosse, ha deciso di non piegarsi alle richieste estorsive della donna, veronese anch’ella, rivolgendosi alle forze dell’ordine e denunciandola.
Nessun pagamento di denaro, dunque, da parte del religioso. E adesso i fatti, a distanza di due anni, gli stanno dando ragione: sulla vicenda coraggiosamente denunciata dal «don», è intervenuta la magistratura scaligera che ha aperto un’inchiesta sulla sua presunta «ricattatrice».
LE IPOTESI ACCUSATORIE
seno rifatto
Due le ipotesi accusatorie contestate dalla Procura di Verona all’imputata: quella di tentata estorsione e anche quella di diffamazione, una duplice accusa che vede come parte lesa proprio il sacerdote. Al termine delle indagini il pm ha chiesto il rinvio a giudizio della donna, che è difesa dall’avvocato Bruno de Paoli: spetterà alla giudice Maria Cecilia Vitolla, davanti alla quale ha preso il via l’udienza preliminare, decidere se ordinare o meno il processo.
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LA RICATTATRICE E IL PRETE
La storia è delicata e vede una 58enne sospettata di aver compiuto «mediante minaccia atti idonei e diretti in modo non equivoco a costringere» la vittima, «ministro di culto presso un istituto religioso» veronese, «a consegnarle in “prestito” la somma di denaro pari a diecimila euro», si legge nel capo di imputazione da cui è chiamata a difendersi la presunta «ricattatrice» del prete.
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«In particolare la donna — sostengono gli inquirenti scaligeri —, nell’ambito di un incontro avvenuto tra i due su richiesta di lei, gli richiedeva di consegnarle tale importo minacciandolo che in caso contrario avrebbe riferito ai parenti e ai superiori ecclesiastici» del sacerdote (che è tutelato in qualità di parte lesa dall’avvocata Anastasia Righetti) «che egli in epoca passata, all’incirca 18 anni prima, aveva tenuto nei suoi confronti comportamenti asseritamente inappropriati e le avrebbe rivolto esplicite avances di natura sessuale e che avrebbe diffuso tali notizie anche a mezzo stampa», settore in cui l’imputata diceva di vantare conoscenze.
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LE BUGIE
Ma cosa doveva farne dei 10mila euro? Dopo una prima bugia («devono asportarmi un tumore al seno»), è stata lei stessa a svelare la verità al don, spiegandogli a chiare lettere di doversi «sottoporre a un intervento estetico di sostituzione delle protesi al seno». Voleva rifarsi la «scollatura» a spese del «don», a costo — secondo l’accusa — di distruggergli ingiustamente la reputazione: infatti quando lui gli ha negato i diecimila euro, lei ha concretizzato le proprie minacce hard e ha raccontato le presunte «sexy avances», che le avrebbe rivolto il prete 18 anni prima, a familiari e confratelli del sacerdote, «facendo pressione anche su di loro per convincerlo a consegnarle i 10mila euro» per rifarsi il seno.
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Ne ha parlato perfino col padre della vittima, minacciandolo di voler denunciare il figlio-prete alle forze dell’ordine. A fare da sfondo a minacce e tentata estorsione è stata la Valpolicella nell’ottobre del 2020: nessuna delle pretese ricattatorie che la donna è accusata di aver attuato è andata però a buon fine. Da allora non è dato sapere se si è poi potuta effettivamente sottoporre al tanto agognato «restyling» al seno: in caso di risposta affermativa, comunque, a pagarglielo non è stato certo il sacerdote, che l’ha invece denunciata facendola ora finire davanti al giudice.