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Luciano Anselmo per www.agi.it
"Inviare tardigradi e piccole seppie sulla Stazione spaziale internazionale (ISS) può sembrare curioso, ma si tratta di due esperimenti volti a individuare nuove promettenti linee di ricerca che potranno aiutare la scienza a garantire la salute a lungo termine dei futuri esseri umani che viaggeranno nello spazio".
Lo spiega all'AGI Luciano Anselmo, ricercatore presso l'Istituto di scienza e tecnologie dell'informazione Alessandro Faedo (Cnr-Isti), dell'area del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa, commentando gli esperimenti Cell Science-04 e UMAMI (Understanding Microgravity on Animal Microbe Interactions), che prevedono rispettivamente l'invio di circa 5.000 tardigradi e 128 piccole seppie sulla Stazione spaziale internazionale. Trasportati dal Cargo Dragon 2, della compagnia spaziale privata SpaceX, che è decollato giovedì sera alle 19:29 (ora italiana), i due test si pongono obiettivi differenti, anche se paragonabili per l'ambito di ricerca in cui si muovono.
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"Cell Science-04 rappresenta un curioso tentativo di approfondire la nostra conoscenza delle capacità di resistenza dei tardigradi - continua Anselmo - insieme ai rifornimenti, infatti, la stazione orbitante riceverà circa 5.000 tardigradi, dei piccoli esseri viventi dotati di straordinarie abilità di sopravvivenza. Questi unici animaletti riescono infatti a tollerare condizioni che ucciderebbero gran parte delle forme di vita note".
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I tardigradi possono infatti tollerare livelli di radiazioni cento volte superiori a quelli considerati letali per l'uomo. "Lo spazio presenta due principali effetti potenzialmente nefasti - sottolinea il ricercatore - da un lato l'assenza di peso, che può provocare una serie di complicazioni a livello organico, ma questo è un problema che si potrebbe aggirare creando una gravità artificiale. In questo caso sarebbe sufficiente raggiungere un decimo o un sesto delle condizioni tipiche del nostro pianeta per evitare le complicazioni più complesse".
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"L'altra grande minaccia è rappresentata dalle radiazioni, e questo è un problema che attualmente non ha soluzione. Si pensi che un lavoratore in una centrale nucleare durante la sua intera carriera lavorativa può assorbire una dose di radiazioni confrontabile a quella cui è sottoposto un astronauta che vola per un anno in orbita bassa. Trascorrere periodi di tempo prolungati oltre l'atmosfera o nello spazio profondo rappresenta quindi un rischio enorme per la salute degli esploratori del cosmo".
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Comprendere le capacità di resistenza dei tardigradi, pertanto, potrebbe aiutare gli scienziati a sviluppare una potenziale soluzione percorribile. "Se si riuscisse a identificare i geni responsabili di questa particolare caratteristica - osserva Anselmo - potremmo ottenere indicazioni preziose per rendere gli astronauti del futuro più resistenti a livello biologico. Ovviamente si tratta di un obiettivo ancora decisamente lontano, ma grazie a missioni ed esperimenti come questi potremmo acquisire le conoscenze necessarie a rendere futuribile un'idea tanto fantascientifica quanto interessante".
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Per quanto riguarda invece UMAMI, l'obiettivo di ricerca è orientato verso lo studio delle interazioni tra un organismo complesso e la flora batterica che lo caratterizza. "I calamaretti selezionati per l'esperimento - spiega ancora il ricercatore - sono organismi che raggiungono pochi centimetri di lunghezza, ma hanno sviluppato una relazione con un batterio bioluminescente che risiede in un organo specifico dell'animale. Anche gli esseri umani sono caratterizzati dalla presenza di un numero davvero impressionante di batteri che contribuiscono alla nostra salute.
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Si pensi che la presenza di batteri nel nostro organismo si conta con una cifra dieci volte superiore rispetto a quella delle nostre stesse cellule. Le dimensioni dei batteri presenti sul nostro corpo sono notevolmente inferiori, ma credo sia importante sottolineare che questi microrganismi contribuiscono al corretto funzionamento di molte delle nostre funzioni vitali".
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Le 128 seppioline inviate sulla ISS saranno dunque studiate per comprendere come lo spazio possa interferire sulla simbiosi tra batteri e animale ospite. "Le particolari condizioni presenti sulla stazione orbitante e l'assenza di peso potrebbero alterare le interazioni tra l'organismo complesso e il batterio bioluminescente - sottolinea ancora Anselmo - questo esperimento si pone proprio l'obiettivo di esplorare tali variazioni e capire come applicare le conoscenze apprese ad applicazioni in grado di rendere più sicura la presenza umana nello spazio". "Questi test e le missioni future basate sui risultati a cui arriveremo - conclude - potrebbero avere delle ricadute molto importanti sui voli spaziali, sulla salute a breve, medio e lungo termine degli astronauti. Capire come rendere più sicuri i viaggi nel cosmo rappresenta il primo passo per raggiungere mete inesplorate, pianeti vicini e lontani e, per citare la nota serie fantascientifica Star Trek, per arrivare là dove nessuno è mai giunto prima".