Guido Olimpo per "www.corriere.it"
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Un’accusa come questa era attesa, El Chapo che paga un politico di alto livello. Ed è quello che ha sostenuto un complice del padrino al processo in corso a New York: il re di Sinaloa nel 2012 avrebbe versato 100 milioni di dollari a Enrique Peña Neto, poco prima che giurasse da presidente. Uno dei tanti beneficiati dai «doni» interessanti del capo criminale.
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Alex Cifuentes, colombiano, ha raccontato ai giurati che è stato lo stesso Guzmán-El Chapo a vantarsi della super mazzetta. Il teste ha riferito che il grande trafficante gli avrebbe raccontato, durante la latitanza, di aver fatto arrivare una grossa somma di denaro al presidente. Ma nella deposizione non ha elaborato o specificato come sarebbe avvenuto il passaggio dei soldi.
Immediata la risposta del politico che ha negato liquidando tutto come un atto di diffamazione. Cifuentes, peraltro, aveva già descritto questo passaggio delicato quando ha iniziato a collaborare, nel 2016, con le autorità americane.
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In novembre, un altro elemento di spicco del cartello, Jesus Zambada, ha sostenuto che la sua organizzazione avrebbe corrotto un collaboratore dell’attuale capo dello Stato Obrador, entrato in carica nel dicembre 2018 . Anche in questo caso sono arrivate smentite.
Le rivelazioni durante il procedimento giudiziario possono essere ancorate a solide prove (che andranno esaminate), ma anche parte di una strategia degli imputati. I narcos che hanno accettato di cooperare con la Giustizia statunitense in cambio di un trattamento più leggero possono avere tutto l’interesse a inchiodare figure messicane.
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Al tempo stesso il livello di corruzione e le collusioni potere/crimine nel Paese sono emerse in modo evidente nel corso degli anni, ben prima che El Chapo diventasse il nemico numero uno.
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