Gian Paolo Serino per il Giornale
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Isabella Santacroce è la migliore scrittrice italiana contemporanea e forse non la meritiamo: non meritiamo la sua opera perché forse è troppo per noi che per la maggior parte del tempo affondiamo il tempo nella narrativa di intrattenimento che ha il solo obiettivo di distrarci e di non darci nulla.
Isabella Santacroce è un miracolo d'inchiostro: l'unica a costringerci, con piacere, a una lotta con noi stessi che si rinnova a ogni suo nuovo libro. Non a caso Cesare Garboli ha definito la sua scrittura «prosa di altissima qualità, ipnotica, incantatoria e sotto tutto gli aspetti stupefacente».
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La sua scrittura, infatti, è ferita aperta (mentre la narrativa è inutile garza che cura) come deve essere la grande letteratura. Santacroce non appartiene alla narrativa, ma alla letteratura: quella che rimane, quella che entra nel tempo senza vendersi ai poteri del tempo.
La Divina, il suo nuovo romanzo è qualcosa che, in Italia, non si è ancora letto: una «divina commedia» dove ognuno di noi si rispecchia in un personaggio, in un desiderio bruciante, in un sorriso che non divora il presente idiota, in una redenzione che è al centro del libro. Un percorso di redenzione che è un tema attualissimo, visto ciò che accade quotidianamente, e che pochi hanno la forza di raccontare. Noi tutti, alla fine, cerchiamo la redenzione, ma per la maggior parte quando è troppo tardi.
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Isabella Santacroce ha la vivida potenza di scrittura che disvela definitivamente tutto il proprio candore, tutta la propria innocenza, dietro maschere che anche in questo libro diventano metafora di tutte quelle che indossiamo ogni giorno. Ne La Divina riesce ad uscire dalla realtà per entrare nella Verità: quella che tutti noi viviamo e in tutte le pagine c'è una luce che sembra filtrare dalle parole, che non è speranza ma proprio un percorso di redenzione.
Il romanzo è una partitura musicale dove la leggibilità è garantita da una trama che racconta un amore perduto, rincorso, ingenuo e infine vero, autentico come solo tutti i grandi amori sanno esserlo. Certo la protagonista è una mistress, una sadica per professione, una mercenaria che crede che allo schioccare della frusta tutti i suoi clienti cadano davvero tra le sue mani. Invece hanno una vita, un'esistenza, una famiglia che sembra lavare via ogni peccato; ed è proprio da quelle esistenze di finzione che, novella Eva, si rende conto finalmente che la sua purezza non è mai scomparsa: è come si fosse schiantata contro un muro di illusioni, è come se la protagonista avesse avuto un incidente mortale e ne fosse uscita miracolosamente illusa. Come un miracolo sono queste pagine perché tra le feritoie della notte cogliamo la dolcezza e l'amore. E scopriamo il coraggio a vivere.
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Una nuova Santacroce? Per niente: la scrittrice in tutte le sue opere ha sempre scritto coerentemente questo, di come l'amore vada conquistato per non cadere nella banalità del bene a tutti i costi, della felicità surrogata ed esibita ma mai vissuta veramente come se tutti stessero guardando lo stesso programma e «non puoi disturbarli, non puoi fare rumore». In un «vortice di piume e incanto» troviamo la protagonista vivere in un'innocenza che merita, come se si fosse perdonata di esistere per ritrovarsi «lontana dalle piccole cose umane ferocissime, per cui scioccamente ho sofferto».
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Dopo aver pubblicato sempre per grandi editori (Feltrinelli, Mondadori, Fazi, Rizzoli, Bompiani e Mondadori) Isabella Santacroce ha scelto per il proprio libro un'edizione limitata e numerata, che è possibile ordinare solo sul sito della casa editrice che ha fondato (https://edizionidesdemonaundicesima.com ) così come ha deciso di presentare La Divina una sola volta, a Roma, durante una giornata di studio sulla sua ricerca letteraria voluta dal Dipartimento di Lettere e Filosofia dell'Università Tor Vergata. Isabella Santacroce ha impiegato quattro anni a scrivere un romanzo che si legge come una storia d'amore imprevedibile perché vera e piena di quella vita che supera ogni finzione romanzesca. Ed è questa la forza della Letteratura.
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