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    PORNO-BULLISMO - UNA 13ENNE TENTA IL SUICIDIO DOPO CHE UN COMPAGNO DI SCUOLA HA DIFFUSO IL LORO VIDEO HARD


     
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    Marco Lillo per "Il Fatto Quotidiano"

    Una ragazzina di tredici anni ha tentato il suicidio perché un suo compagno di classe aveva fatto circolare un video che la riprendeva mentre faceva sesso con lui. È accaduto un mese fa. La storia, svelata al Fatto sotto garanzia di anonimato totale solo perché un fatto simile non si ripeta e perché i coetanei della vittima siano responsabilizzati sui rischi dei loro comportamenti, potrebbe essere accaduta in un liceo di Milano, di Roma o di Napoli. Non importa.

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    Quello che importa è che i magistrati della Procura dei minori di una città italiana appena un mese fa si sono dovuti occupare di un tentato suicidio di una ragazzina di 13 anni che ha rischiato di morire per un gioco stupido seguito da tre clic e da qualche commento cattivo, di quelli che ogni giorno girano sui telefonini degli studenti di tutte le scuole italiane.

    In un momento in cui la stampa sta facendo a pezzi la vita privata di due ragazzine di 14 e 16 anni che non potranno più circolare senza essere additate come le baby-squillo dei Parioli, è bene che il fondale del quadro resti indefinito. Per tutelare tutti i minori coinvolti, sia la ragazzina vittima sia i ragazzi carnefici. Un mese fa un padre e una madre distrutti si presentano davanti al procuratore di una città italiana chiedendo giustizia per quello che è successo alla loro figlia. Sara - la chiameremo così - ha 13 anni, come Francesco, suo compagno della prima classe di un liceo frequentato dalla media borghesia di una grande città italiana.

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    Lui è il classico bulletto che piace alle compagne. Lei è persa di lui e, pur di conquistarlo, sta al suo gioco. Accetta di assecondarne le voglie precoci fin quando i due tredicenni (‘un anno avanti' non solo negli studi) hanno un rapporto sessuale. Francesco ha la bella idea di riprendere tutto con il suo telefonino.

    Chissà se, già nel momento in cui spinge il tasto rosso sul touch screen, sta pensando all'uso che ne farà. Chissà se immagina di mostrarlo agli amici per fare il gradasso o se sta semplicemente provando il gusto nuovo del suo potere sulla coetanea. Sara è consenziente, per quanto possa parlarsi di consenso a quella età, ma non immagina che sta per segnare la sua adolescenza con due leggerezze in un solo momento. Con il tempo i rapporti si incrinano. Francesco però non dimentica il suo trofeo e agita il telefonino come uno scettro davanti al naso di Sara per far capire chi comanda.

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    Quando Sara si ostina a ignorarlo le ricorda quel filmino che può cancellare la sua reputazione. In un attimo la sua immagine pubblica, i suoi rapporti con la scuola e con i genitori ne uscirebbero devastati, ma Sara non ci sta. Si ribella e in breve tempo scatta la punizione. Non è vero che i ragazzi in primo liceo sono buoni. Anche a 13 anni possono fare cose molto più grandi della loro età, nel bene e nel male.

    Così Francesco invia il video al suo amico più grande, di 16 anni. Il video passa di telefonino in telefonino altre due volte. Ogni volta la barra blu si estende lentamente: 30, 40, 60, 80, fin quando il 100 per cento del video e della vita privata di Sara viene risucchiata nella memoria del secondo e poi del terzo cellulare. I tre sedicenni se la ridono e si congratulano con l'amico più piccolo. Le immagini gonfiano un fiume di commenti e l'onda di ritorno schianta letteralmente Sara come un fuscello.

    A 13 anni la ragazzina vede la sua vita, tutto il suo passato e il suo futuro, scomparire nel buco nero di quel video insignificante. Nessuno a quell'età è in grado di opporre resistenza a un fiume così possente. Lei si lascia andare. Non ha il coraggio di appigliarsi alla mamma né tanto meno ha il coraggio di dirlo al padre. In silenzio tenta di togliersi la vita, senza riuscirci. I genitori la riprendono per i capelli e, con grande difficoltà, si fanno finalmente raccontare tutto quello che le è successo davvero nei pochi mesi del suo primo anno di scuola superiore.

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    Non credono alle loro orecchie. Pensavano di avere a che fare con una bambina da accompagnare a scuola andando al lavoro e da riprendere per prepararle il pranzo e scoprono una piccola donna sola di fronte a problemi che nemmeno una persona matura saprebbe gestire. Sono infuriati con la scuola. Con i professori che non hanno notato nulla.

    Con sé stessi ma soprattutto con quel compagno che ha rovinato per sempre il passaggio della loro bambina all'adolescenza. I genitori infilano la porta della Procura della Repubblica e denunciano tutto. Il pm che si occupa dei reati sessuali li guarda sconsolato: "il ragazzino non è punibile. In altri paesi, come la Gran Bretagna - spiega - a quell'età si va in galera ma in Italia i minori di 14 anni non sono imputabili. Pensi che è il terzo caso di questo tipo che ci capita.

    Ben diversa la situazione per i 16enni. I tre ragazzi che hanno guardato e poi girato il video agli amici rischiano pene molto gravi per detenzione e cessione di materiale pedopornografico".

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    Il pm, dopo avere verbalizzato le dichiarazioni dei genitori e della minore, e dopo avere appurato che non vi è responsabilità di nessun adulto in questa storia, invia le carte alla Procura dei minorenni. Questa è una storia vera, che potrebbe essere accaduta in un qualsiasi liceo italiano. Ma che dovrebbe essere spiegata agli studenti di tutti i licei italiani.

     

     

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