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    GUAI A FINIRE NELLE MANI DELLA POLIZIA NEI PAESI EX SOVIETICI – UNA 18ENNE ITALIANA, AMINA MILO KALELKYZY, È RINCHIUSA DA TRE MESI NEL CARCERE DI ASTANA, IN KAZAKISTAN: ARRESTATA A LUGLIO CON L’ACCUSA DI TRAFFICO INTERNAZIONALE DI STUPEFACENTI, RISCHIA 15 ANNI – LA RAGAZZA, NEL PAESE ASIATICO PER VISITARE ALCUNI PARENTI, È STATA MALTRATTATA E SEGREGATA. GLI AGENTI HANNO CHIESTO ALLA MADRE UN RISCATTO DI 60MILA EURO, E HANNO INDOTTO LA GIOVANE A FIRMARE ALCUNI DOCUMENTI, PER POI ARRESTARLA DI NUOVO


     
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    Estratto da www.open.online

     

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    Una 18enne di Lequile (Lecce), Amina Milo Kalelkyzy, è rinchiusa da tre mesi nel carcere di Astana, la capitale del Kazakistan. È stata arrestata l’11 luglio scorso con l’accusa di traffico internazionale di stupefacenti e rischia dai 10 ai 15 anni di carcere.

     

    «Un’accusa infondata perché non esiste alcuna prova», sostengono i suoi genitori Assemgul Sapenova e Sergio Milo, secondo i quali la diciottenne sarebbe stata «maltrattata, picchiata e segregata dalla polizia» e avrebbe «subito tentativi di stupro».

     

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    La giovane […]  si era recata nel Paese dell’Asia centrale con sua madre, Assemgul Sapenova, per visitare alcuni parenti che vivono lì. […] Kalelkyzy sarebbe stata fermata una prima volta il 2 luglio scorso e rilasciata dopo una notte in custodia. Due giorni dopo […] sarebbe stata di nuovo fermata e portata con l’inganno da due agenti della polizia in un appartamento privato dove sarebbe stata segregata e maltrattata per 16 giorni. I militari avrebbero inoltre chiesto telefonicamente a sua madre un riscatto di 60mila euro per riavere la figlia.

     

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    A quel punto, Sapenova ha deciso di rivolgersi all’ambasciata italiana ad Astana che ne ha ottenuto il rilascio. L’11 luglio, però, la giovane sarebbe stata nuovamente convocata dalla polizia che l’avrebbe «indotta» a firmare alcuni documenti in una lingua che non comprende, perché «non conosce né il russo né il kazako», per poi arrestarla con l’accusa di traffico internazionale di droga.

     

    Kalelkyzy, dopo aver respinto ogni accusa a suo carico, ha scritto un biglietto chiedendo «aiuto all’Italia e in particolare al ministro Antonio Tajani: vi prego, voglio tornare a casa», si legge sul foglietto di un quaderno affidato a sua madre. La Farnesina, scrive Ansa, ha assicurato che il ministro degli Esteri – informato della vicende – ha dato disposizioni all’ambasciata ad Astana di garantire la massima assistenza alla connazionale che riceve visite regolari da parte del personale consolare italiano.

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    […] Dal Kazakistan, la madre di Amina ha spiegato all’Ansa che sua figlia ha tentato due volte il suicidio da quando è detenuta. «La prima dopo un tentativo di stupro, la seconda quando le hanno negato i domiciliari. […] È stanca, ha perso nove chili. Siamo tutti molto depressi. Qui è complicato entrare nel carcere: dopo lunghe attese posso vederla per appena 15 minuti. Non posso lasciarla con questi lupi», ha detto Sapenova […]. […]

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