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    UNA BANCA FRA I BOSCHI – LA POPOLARE ETRURIA, DOVE LAVORAVANO IL PADRE E IL FRATELLO DEL MINISTRO BOSCHI, ERA IL REGNO DELLE OPERAZIONI IN PERDITA E IN CONFLITTO D’INTERESSI – PAROLA DELLA BANCA D’ITALIA, NEL SUO RAPPORTO SEGRETO


     
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    Giorgio Meletti per il “Fatto Quotidiano

     

    PIER LUIGI BOSCHI PIER LUIGI BOSCHI

       Il linguaggio degli ispettori della Banca d'Italia è piatto come si conviene, ma sono i numeri che urlano: “Secondo la mappatura degli interessi ai sensi art. 2391 (quello del codice civile sul conflitto di interessi, ndr) 13 amministratori e 5 sindaci hanno ‘interessi’ in n. 198 posizioni di fido, per un importo totale accordato, al 30-09-2014, di ca. euro 185 milioni”. Mediamente ciascuno degli amministratori e sindaci messi sotto accusa ha dunque “interessi” in oltre dieci finanziamenti concessi dalla Banca popolare dell’Etruria e del Lazio, commissariata nel febbraio scorso.

     

    L’istituto di Arezzo è piccolo ma la sua storia è significativa. L’allegra abitudine di prestare i soldi della banca ad amici e amici degli amici, già autorevolmente denunciata dal governatore Ignazio Visco, si presenta ormai come una costante del sistema del credito. E la drammatica crisi delle “sofferenze” (i crediti concessi ad aziende che non riescono a rimborsarli), un bubbone da 200 miliardi di euro che il governo e la stessa Banca d’Italia stanno cercando di fronteggiare con un’iniezione di denaro pubblico (la cosiddetta operazione bad bank) che Unione europea e Bce non vogliono consentire, in quell’allegra abitudine sembra avere buona parte delle sue radici.

    LORENZO ROSI 2 LORENZO ROSI 2

     

       Tutta colpa della crisi, naturalmente. Quando l’economia gira, i furbi hanno ottime possibilità di farla franca e addirittura c'è chi sostiene che certi finanziamenti un po’ audaci servono a mettere un po’ di turbo alla crescita. Quando l'economia si ferma, come è il caso di quella italiana da otto anni, il meccanismo si inceppa. E quando le banche saltano arrivano ispettori e commissari e trovano i caveau pieni di cadaveri. Basta andare a memoria: Banca Marche, Carige, Popolare di Milano, Veneto Banca, solo per citare i casi più recenti.

     

    Ogni volta che una banca va in difficoltà c’è lavoro per le procure della Repubblica, e sempre tra le irregolarità rilevate c’è l’allegra abitudine del finanziamento agli amici. Non solo. Leggendo la relazione della Banca d’Italia sull’ultima ispezione, si deduce che i vertici di Banca Etruria, totalmente impermeabili ai ripetuti, pressanti interventi della vigilanza e della magistratura, continuano a fare come gli pare.

     

    salvatore rossi ignazio visco salvatore rossi ignazio visco

    L'istituto aretino aveva già avuto un’ispezione nell’estate 2013, il cui unico risultato, a quanto pare, è stato il siluramento del presidente Giuseppe Fornasari e la presa del potere di un saldissimo trio: il presidente Lorenzo Rosi, che era stato vice di Fornasari, e i due nuovi vicepresidenti Pier Luigi Boschi (padre del ministro Maria Elena) e Alfredo Berni, direttore generale della banca durante la lunga stagione di chi ne fu il vero padre-padrone, il defunto Elio Faralli.

     

    Notando che la banca non veniva rimessa sui binari di una gestione soddisfacente, l’11 novembre scorso Visco ha spedito nuovamente ad Arezzo una squadra di nove ispettori che hanno nuovamente aperto i cassetti della banca e a fine lavoro, il 27 febbraio, hanno dato all’Etruria il voto più basso nella scala da 1 (esito favorevole dell'ispezione) a 6 (esito sfavorevole). E hanno aperto la cosiddetta “procedura sanzionatoria” per i consiglieri e i sindaci, nel frattempo mandati tutti a casa l’11 febbraio.

    POPOLARE ETRURIA POPOLARE ETRURIA

     

       Per esempio, Boschi padre – seguito con particolare attenzione dalle cronache a causa dell’illustre parentela – è già stato colpito dopo le precedenti ispezioni da una multa di 144 mila euro per “violazioni di disposizioni sulla governance, carenze nell’organizzazione, nei controlli interni e nella gestione nel controllo del credito e omesse e inesatte segnalazioni alla vigilanza”. Adesso rischia una nuova multa dello stesso ordine di grandezza per “carenze nel governo, gestione e controllo dei rischi e connessi riflessi sulla situazione patrimoniale”. In pratica gli viene contestata una recidiva.

     

    L’ennesima tegola proveniente da quella che era diventata una sorta di banca di famiglia. Il fratello del ministro, Emanuele Boschi, dopo le polemiche seguite al commissariamento, ha lasciato il suo posto da dirigente della banca Etruria, dove, ironicamente, era il numero due dell’ufficio incagli.

     

    EMANUELE BOSCHI EMANUELE BOSCHI

       Nel mirino con papà Boschi, oltre a Rosi e Berni, ci sono altri nomi illustri del salottino finanziario aretino: da Claudia Bugno, chiamata da Matteo Renzi subito dopo il commissariamento dell’Etruria a coordinare il comitato per la candidatura di Roma alle Olimpiadi 2024, all’ex dirigente Consob Claudio Salini, fino all’ex presidente del collegio sindacale, Massimo Tezzon, già direttore generale della Consob e oggi sindaco anche in altre importanti società quotate.

     

       Ma il personaggio che sembra maggiormente appassionare gli ispettori Bankitalia è Luciano Nataloni, importante commercialista fiorentino, per molti anni consigliere dell’Etruria e fino al commissariamento vicepresidente della piccola controllata fiorentina banca Federico Del Vecchio. Viene indicato come l’incarnazione della tradizione aretina del conflitto di interessi. Scrivono gli ispettori: “Nel corso delle analisi ispettive è emerso che il sopra citato esponente dr. Nataloni era ‘interessato’ quale consulente in 9 di dette posizioni (le 185 di cui sopra, ndr) di cui 2 classificate a sofferenza (‘Consorzio Etruria scarl’ e ‘Etruria investimenti spa’), con previsioni di perdita per 5,4 milioni di euro”.

     

    Maria Elena Boschi, dopo la spiaggia un bel giro in bicicletta per le vie di Marina di Pietrasanta con il fratello Emanuele (da Oggi) Maria Elena Boschi, dopo la spiaggia un bel giro in bicicletta per le vie di Marina di Pietrasanta con il fratello Emanuele (da Oggi)

    Il consorzio etruria è un colosso toscano delle costruzioni afferente al sistema delle cosiddette cooperative rosse, andato a gambe all’aria dopo aver tentato di salvare la Baldassini Tognozzi Pontello di Riccardo Fusi, l'amico di Denis Verdini coinvolto nell'inchiesta sulla cricca del G8. Trasversalismi alla toscana. Ma guardate come tutto si tiene. Rosi, oltre che presidente di Banca Etruria per i pochi mesi che gli sono serviti a farla commissariare disobbedendo alle ingiunzioni della Banca d'Italia, è stato fin dal secolo scorso presidente plenipotenziario della Castelnuovese, altra potente coop rossa toscana delle costruzioni.

     

    GIUSEPPE FORNASARI GIUSEPPE FORNASARI

    Notano gli ispettori: “Non è stata approfondita la convenienza della banca nel compiere le operazioni né [è stato] effettuato un confronto tra le condizioni applicate e quelle di mercato (...) Come è emerso dalla documentazione delle pratiche di fido relative al campione ispettivo, le sopra citate carenze rilevano a vario titolo, in particolare, per il dottor Nataloni (posizioni Immofin srl, Città S. Angelo Sviluppo spa, Td Group spa, Gruppo Casprini, altre alla citata Etruria Investimenti spa) e per il dottor Lorenzo Rosi (Città S. Angelo Outlet Village spa, Castelnuovese soc. cooperativa e la citata Città S. Angelo Sviluppo spa)”.

     

    Quindi la Banca Etruria di Rosi ha finanziato Città S. Angelo, un grande outlet che la Castelnuovese di Rosi ha costruito a Pescara in società al 50 per cento con la Unieco di Reggio Emilia, altro gigante delle coop rosse.

     

    L’operazione è andata male, e adesso il conto da pagare è rimasto ai commissari della banca. Dev’essere a causa di storie come questa che fu scelto il termine ‘sofferenze’.

       Twitter@giorgiomeletti

     

     

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