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    UNA CAREZZA IN UN BUGNO (GIANNI) - "FINGEVO DI ESSERE UN CAMIONISTA. DA CICLISTA MI VERGOGNAVO DELL’ATTENZIONE ATTORNO A ME - MAI GUARDATA UNA MIA CORSA IN TV, QUANDO RIVEDO UN FILMATO MI TAPPO LE ORECCHIE: ODIO LA MIA VOCE. DA RAGAZZINO NASCONDEVO TROFEI E FIORI NEI SACCHI DELLA SPESA PERCHÉ I VICINI NON LI VEDESSERO" - DOPO LE CORSE "IL DISCRETO CICLISTA" HA FATTO IL PILOTA DI ELICOTTERO: "HO AVUTO UN MALORE, FORSE PER IL COVID, E L'ENAC MI HA SOSPESO LA LICENZA DI VOLO. SONO PRONTO A COMINCIARE UN'ALTRA VITA” – VIDEO


     
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    Marco Bonarrigo per corriere.it

     

    gianni bugno gianni bugno

    «Ho vissuto due vite: prima discreto ciclista, poi buon pilota di elicottero. Ora l’Enac mi ha sospeso la licenza di volo. Sono pronto per la terza vita». Il «discreto ciclista» Gianni Bugno (Giro d’Italia, due Mondiali, Sanremo, Fiandre e tanto altro) è uno dei corridori italiani più vincenti e amati di sempre.

     

    Perché si tratta così male, Bugno?

    «Ho letto Per non cadere, la mia biografia scritta da Tiziano Marino. Sa quanti episodi avevo dimenticato fingendo di non essere un ciclista?».

     

    Cosa fingeva?

    «Tu sei un camionista, mi dicevo quasi per sminuirmi. Mi vergognavo dell’attenzione attorno a me, temevo di risultare sbruffone. Mai guardata una mia corsa in tv, mai letto un articolo o un’intervista. Quando rivedo un filmato mi tappo le orecchie: odio la mia voce».

     

    È sempre stato così?

    «Da ragazzino nascondevo trofei e fiori nei sacchi della spesa perché i vicini non li vedessero. Timidissimo, mi chiedo come ho fatto a diventare Bugno prima e pilota poi».

    gianni bugno gianni bugno

    Come ha fatto?

    «In bici e in volo mi trasformavo. Come i supereroi».

     

    Perché è diventato pilota?

    «Mi affascinava l’elicottero della Rai e dopo il Mondiale del 1992 ho cominciato a studiare. Primo volo nel 1995, pilota privato nel 1998, commerciale dal 2001».

     

    Il bello dell’elicottero?

    «Ogni volo ha mille variabili. Non è l’aereo, non ci sono automatismi».

    Quanto ha volato?

    «Oltre 5.000 ore: trasporto passeggeri, dirette tv, piattaforme petrolifere, servizio in montagna e tanto elisoccorso.

    Dicono che sia un fenomeno anche in volo.

    «Ho cominciato tardi, ho lavorato il doppio per diventare bravo».

     

    Per salvare vite umane bisogna…?

    «Essere in forma, giocare in squadra, rispettare il protocollo, non superare i limiti».

    La routine?

    «Turni di 12/13 ore. Ricevi l’allarme, accendi il motore, aspetti l’ok della torre di controllo e decidi se alzarti o no».

     

    GIANNI BUGNO GIANNI BUGNO

    Decide?

    «Sì, con il meteo brutto devi essere certo di farcela. Qui non sei in bici: nelle tue mani c’è la sicurezza di altri».

    Cosa preoccupa un pilota?

    «La nebbia: sulle piattaforme dell’Adriatico ti avvolge in pochi attimi».

     

    È difficile rifiutare una chiamata?

    «È difficile resistere alle pressioni di chi chiede aiuto, del committente, del proprietario. Pensi al pilota del povero Kobe Bryant. Se decidi di no, non devi cambiare idea».

    Spazio per l’emozione?

    «Quando soccorri i bambini. Ma dura un attimo».

     

    Atterraggi e decolli più difficili?

    «In autostrada. Coordinarsi con la Stradale per evitare altri incidenti è complesso».

    Perché non vola più?

    «Perché il 27 aprile 2020 a Latina ho avuto un mancamento smontando di turno».

     

    Cos’è successo?

    «I miei medici dicono che il malore è stato una conseguenza del Covid e non si ripeterà. L’Enac però non mi riabilita e non posso volare».

    E quindi?

    «E quindi si ricomincia».

     

    Cosa vorrebbe fare?

    gianni bugno francesco moser marco pantani e cesare romiti 1998 gianni bugno francesco moser marco pantani e cesare romiti 1998

    «Magari aiutare i tanti atleti che vedono buio dopo la fine della carriera. È un problema serio. Vorrei insegnare loro che il futuro va costruito con umiltà e tanto studio e che dopo lo sport ci può essere un futuro diverso e avvincente».

     

    Non vuole dedicarsi alla famiglia, insomma?

    «Quale? Ho due figli — bravi e autonomi —, un nipote, due ex mogli, ex compagne. Sono in buoni rapporti con tutti ma nelle separazioni ho colpe: troppo assente per essere un buon partner. Sono uscito di casa quarant’anni fa e non sono ancora tornato. Voglio lavorare».

     

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