Fulvio Fiano per www.corriere.it
I FRATELLI BIANCHI
In tempi rapidi e paralleli a quelli del processo per l’uccisione di Willy Monteiro Duarte, una nuova condanna ha raggiunto senza avere lo stesso clamore i fratelli Marco e Gabriele Bianchi, i due praticanti di Mixed martial art che per il delitto di Colleferro hanno ricevuto l’ergastolo. La vicenda è quella relativa agli arresti del dicembre 2020 ottenuti dalla procura di Velletri per un giro di droga e pestaggi verso i debitori nei quali i due fratelli di Artena avevano un ruolo centrale. Dopo l’iniziale condanna a cinque anni e quattro mesi di reclusione, ridotta in Appello a quattro anni e mezzo, i Bianchi aspettano ora che venga fissata la data della Cassazione per rendere definitiva la sentenza.
I FRATELLI BIANCHI CON I GENITORI
L’ordinanza di arresto li aveva raggiunti mentre erano già detenuti per l’omicidio del 21enne di Paliano, ucciso a calci e pugni all’esterno di un locale di Colleferro tre mesi quasi esatti prima di questa nuova inchiesta. Una indagine del Nucleo operativo dei carabinieri che a rileggerla già conteneva molti degli elementi poi emersi nel corso del processo in corte d’Assise a Cassino, che si è concluso a luglio con la condanna per il concorso nell’omicidio di Willy anche di Francesco Belleggia e Mario Pincarelli (21 e 23 anni rispettivamente).
WILLY E I FRATELLI BIANCHI
Nell’inchiesta di Velletri erano finiti in carcere anche Omar Shabani, membro della chat «la gang dello scrocchio» in cui i Bianchi vantavano con gli amici i loro pestaggi, e presente anche lui sulla scena dell’omicidio di Willy, pur non coinvolto nelle indagini. Il gruppo finito in carcere (ne facevano parte anche altri due amici dei Bianchi) spacciava soprattutto cocaina nell’area di Velletri, Lariano, Artena e dintorni, rinominando la droga “caffè”, “camicie”, “magliette”, “giacchetto”, “aperitivo”, chiavi”, o “il cd di Gomorra”. Come per il lusso ostentato sui social anche le modalità di spaccio avevano il fine collaterale di comunicare all’esterno la «potenza» della banda, che si muoveva spesso su auto di grossa cilindrata. Poi, con l’entrata in vigore del lockdown e il divieto a circolare si erano trovati canali alternativi per le consegne, come l’uso di meno appariscenti monopattini.
foto suv fratelli bianchi
Proprio Marco Bianchi «Maldito» sui ring dei tornei di Mma, era stato sorpreso a girare su uno di questi mezzi in violazione delle norme di contrasto alla pandemia, senza saper fornire spiegazioni alla sua necessità di allontanarsi da casa. I Bianchi in prima persona erano poi responsabili di minacce e pestaggi per riscuotere i pagamenti in ritardo, anche qui volutamente alimentando la fama di picchiatori che ormai li precedeva in tutta l’area al confine tra Roma e Frosinone e che infastidiva anche boss di ben altro rango per le loro aspirazioni di crescita.
I FRATELLI BIANCHI
Le intercettazioni raccontano che dopo aver picchiato un 20enne per un debito di poche decine di euro, il gruppo di pusher gli intimava di non denunciare: «Sei un infame tu e tuo padre, siete solo dei pezzi di merda...avete torto marcio e andate pure a fa la denuncia infami...morti de fame». Il gip che firmò gli arresti diede a questi fatti una lettura simile di quella fatta dal collega dell’ordinanza per il delitto di Willy, riscontrando che «per le specifiche modalità e circostanze dei fatti, abituali e reiterati nel tempo, e per la loro gravità, si ritiene sussistente il concreto ed attuale pericolo che gli indagati perseverino in altre azioni delittuose e condotte analoghe a quelle contestate» e che a suo giudizio quei pestaggi apparivano «chiaramente indicativi di una spiccata e sistematica capacità delinquenziale». Questo precedente (Shabani ha patteggiato la pena a 4 anni e 8 mesi di reclusione) ha gravato anche sulla decisione di affibbiare solo ai due Bianchi e non anche ai loro coimputati, l’ergastolo per l’omicidio di Willy.
i fratelli bianchi a miami
In attesa del deposito delle motivazioni della sentenza di primo grado, i fratelli di Artena hanno intanto dovuto cambiare avvocato, dopo la rinuncia per diversità di vedute con il legale che li ha seguiti fino alla sentenza, Massimiliano Pica. Per preparare l’appello hanno nominato loro difensori tre legali del foro di Roma: Valerio Spigarelli, Ippolita Naso e Pasquale Ciampa.
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