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    SUI SOCIAL NULLA E' COME APPARE - SU FACEBOOK SI FINGEVA UNA 17ENNE PARIGINA, GNOCCHISSIMA, TOP MODEL. UN FACOLTOSO MANAGER ROMANO ULTRASETTANTENNE PER SENTIRSI MENO SOLO INIZIA A CHATTARE CON LEI - LA RICATTATRICE DOPO AVER INCASSATO UN BONIFICO, GLI DICE DI ESSERE MINORENNE E GLI CHIEDE PRIMA 20.000 POI 10.000 € PER IL SUO SILENZIO. ECCO COME E' ANDATA A FINIRE


     
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    Francesca De Martino per "il Messaggero"
     

    Truffa sentimentale Truffa sentimentale

    Capelli biondi, viso armonico, giovanissima e top model di professione. È la descrizione della donna perfetta, presente su Facebook e Instagram, ma non nella realtà. Perché quell'identità virtuale l'aveva costruita ad arte Giuseppina Caterina Lanzani, 67 anni, per far innamorare e poi ricattare un facoltoso manager romano ultrasettantenne e cercare di sfilargli dal suo conto prima 20.000 e poi 10.000 euro, rendendogli la vita quasi impossibile con lettere su lettere di minacce inviate all'uomo.
     
    È successo nella primavera del 2020. Ora, per questi fatti, l'imputata è stata condannata con rito abbreviato dai giudici di piazzale Clodio a due anni e mezzo di reclusione con l'accusa di stalking e tentata estorsione. Pena superiore rispetto a quella richiesta dall'accusa, che aveva sollecitato invece una condanna a due anni e due mesi solo per tentata estorsione. Il collegio ha poi condannato la donna a risarcire dei danni la vittima in sede civile, costituitasi parte civile nel processo, e al pagamento di una provvisionale di 10mila euro.
     

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    «Siamo molto soddisfatti che i giudici abbiano accolto la nostra ricostruzione dei fatti riconoscendo sia lo stalking sia la tentata estorsione ha detto l'avvocato della parte offesa, Francesco Caroleo Grimaldi ora proseguiremo per il risarcimento in sede civile». La Lanzani, attualmente cautelare in carcere, si è collegata via Teams nel corso dell'udienza e ha reso spontanee dichiarazioni ai magistrati: «Io conoscevo già l'uomo, ci eravamo conosciuti già dalle mie parti in Veneto in un'occasione tra amici» ha sottolineato la donna «lui sapeva bene chi fossi».
     

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    LA VICENDA I fatti contestati si sono consumati da giugno 2020 a gennaio 2021. La vittima, un manager ultrasettantenne, divorziato, passa la maggior parte delle sue giornate in casa a causa del lockdown dovuto alla pandemia da Coronavirus. Usa i social per occupare il suo tempo e aggiunge ai suoi amici di Facebook una bella ragazza, bionda e soprattutto giovane. Lei accetta la richiesta di amicizia e iniziano a chattare su Messenger. Lei si presenta come una modella francese di 35 anni. I due iniziano a parlare spesso, si sentono almeno due volte al giorno, finché non nasce una relazione virtuale. Si scambiano anche i numeri di telefono, fanno lunghe chiacchierate. Lui perde la testa, si innamora. Lei chiede 7.770 euro e lui li manda sul conto corrente di una sua amica, come chiesto da lei.
     

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    LE MINACCE Ma, quando la relazione diventa sempre più matura, l'imputata avanza alla vittima la pretesa di andare a convivere a casa sua. Lui si rifiuta, dice che è troppo presto. Ma lei si incattivisce e inizia a ricattarlo, prima gli chiede 20.000. Ma lui non cede al ricatto. Così, la donna insiste e gliene chiede 10.000 aggiungendo che se non li avesse ricevuti in breve tempo lo avrebbe denunciato alle forze dell'ordine con l'accusa, infondata, di andare con le minorenni.
     

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    E tutti questi ricatti la donna li fa perseguitandolo con numerosi messaggi su Messenger, Whatsapp e con lettere recapitate nella cassetta della posta di casa sua e le telefonate ai circoli che la vittima frequentava «ingenerando un perdurante stato d'ansia e di paura - scrive il pm Antonino Di Maio nel capo d'imputazione - con conseguente perdita di serenità tali da ingenerare un fondato timore per la sua incolumità».
     

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    E ancora, si legge negli atti «predisponendo la deviazione di tutte le telefonate in entrata sul proprio telefono di casa e dello studio, eliminando il proprio nome dal citofono e cancellando tutti i suoi profili sui social network».
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