Cristina Marconi per ''Il Messaggero''
L'uscita del Regno Unito dall'Unione europea senza accordo con Bruxelles inizia a essere un'ipotesi vertiginosamente concreta, contemplata dalla gente, temuta dai mercati, come dimostra il fatto che la sterlina abbia ceduto l'1% nella giornata di ieri nei confronti del dollaro, salvo poi recuperare un po', dopo l'annuncio del premier Boris Johnson di voler sospendere il parlamento per cinque settimane.
Andrea Enria AB
E per la City di Londra un tale scenario avrebbe conseguenze drastiche, come illustrato dal responsabile della vigilanza della Banca centrale europea, Andrea Enria, in un'intervista a una testata finlandese: sarebbero 24 gli istituti di credito con base nel Regno Unito pronti a spostarsi verso l'Eurozona con i loro 1.300 miliardi di euro di asset. Di questi istituti, sette finirebbero direttamente sotto la sorveglianza di Francoforte e i restanti 17 sotto quella delle autorità di vigilanza dei paesi in cui decideranno di trasferirsi.
Enria ha rilevato come la vigilanza abbia «spinto le banche a predisporre tutti i preparativi necessari» in modo da continuare a servire i loro clienti nella Ue. Ora «sono preparate», ha garantito, aggiungendo però che la Brexit senza accordo è un «evento che può essere sempre accompagnato da shock e turbolenze nei mercati finanziari», che «ci darà mal di testa» e che avrà ripercussioni «sulle attività macroeconomiche».
I DANNI
Andrea Enria x
Le previsioni di Enria sono cupe: ci «saranno aziende che saranno colpite e il commercio rallenterà». I danni maggiori da no deal saranno sentiti nel Regno Unito, proprio nel settore del commercio, con le piccole aziende destinate a soffrire sotto il peso dei costi aggiuntivi per far fronte alla burocrazia e ai controlli alla frontiere, con potenziali conseguenze disastrose per l'occupazione. I ritardi negli scambi commerciali inevitabili, vista la centralità della rotta Dover-Calais avrebbero un impatto particolarmente pesante sulle merci deperibili come il cibo e come i medicinali, tanto che le grandi aziende farmaceutiche e gli ospedali, ma anche i supermercati e le catene di ristoranti, hanno annunciato di aver iniziato a mettere da parte scorte.
Col rischio che questo crei una corsa ad accaparrarsi merci sottraendole al mercato e a chi ne avesse bisogno. Ma anche le esportazioni sarebbero danneggiate, soprattutto nel settore agricolo molto forte nel Kent e nel sud del paese e che vende il 65% dei suoi prodotti sul continente.
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L'ECONOMIA
L'economia nel suo complesso subirebbe una riduzione considerevole, pari al 7,7% in quindici anni secondo le stime dello stesso governo. Che è consapevole dei problemi e che ha incaricato una mente brillante come l'ex ministro dell'Ambiente Michael Gove di occuparsi dei preparativi per il no deal. Facendo fare progressi considerevoli, anche a detta degli imprenditori che restano comunque molto preoccupati. Ben 2,1 miliardi di sterline sono stati destinati a contenere l'effetto del no deal e duemila funzionari pubblici sono stati incaricati di seguire il dossier e lavorare sui preparativi.
boris johnson prende il toro per le corna
Ben 88 mila società sono state coinvolte per fare in modo che si dotino di tutta la documentazione necessaria per esportare e non si trovino impreparate. Altri 100 milioni di sterline dovrebbero essere destinati al compito più importante di tutti per un governo che voglia sopravvivere alla burrasca che ha davanti: una campagna di comunicazione per convincere i cittadini a non cedere al panico di un divorzio netto, brutale, inutile.