Chiara Severgnini per "www.corriere.it"
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Un giudice federale ha ordinato la scarcerazione immediata di Chelsea Manning, che dovrà però pagare una multa di $256.000. La fonte di Wikileakes ed ex soldato dell’esercito Usa è in prigione dallo scorso maggio per oltraggio alla corte, perché si rifiuta di testimoniare nell’ambito dell’inchiesta sulla società di Julian Assange.
L’ex analista militare ieri è stata ricoverata dopo aver tentato il suicidio, come hanno reso noto i suoi legali. «La sua azione mostra la forza delle sue convinzioni ma anche il male che continua a soffrire a causa del suo isolamento», hanno fatto sapere i suoi difensori in una nota. I legali di Manning avevano chiesto che la sanzione — 500 dollari per ogni giorni di oltraggio alla corte, poi diventati 1000 al giorno — venisse stralciata, ma il giudice non ha approvato questa richiesta.
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Quella dell’ex analista dell’intelligence militare Usa, poi talpa di WikiLeaks e attivista, è una vicenda che da sempre provoca sdegno in parte dell’opinione pubblica, oltre che l’ira delle associazioni per la difesa dei diritti civili, che parlano senza giri di parole di violazione dei diritti umani.
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Manning nel 2010 ha fatto avere a WikiLeaks più di 300 mila documenti riservati dell’esercito statunitense che rivelano gravi inadempienze delle autorità Usa nel perseguire abusi, torture e violenze perpetrate durante la guerra in Iraq. Arrestata pochi giorni dopo, è stata condannata dalla Corte Marziale a 35 anni di carcere. Subito dopo la sentenza, Manning ha annunciato di voler intraprendere il percorso di transizione di genere e ha chiesto di essere chiamata Chelsea, e non più Bradley.
Nonostante questo, è stata rinchiusa in un penitenziario maschile e le è stato consentito di iniziare la cura ormonale solo nel 2015. In carcere, Manning ha tentato il suicidio più volte ed è stata sottoposta a forme di isolamento che l’Onu ha condannato.
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Nel 2017, Obama le ha concesso la grazia e Manning è uscita di prigione, salvo poi ritornarci nel 2019, prima per 62 giorni e poi ancora, da maggio fino alla scarcerazione odierna. Sempre per lo stesso motivo: il suo rifiuto a testimoniare contro Julian Assange. «Muoio di fame piuttosto che cambiare idea», aveva dichiarato la stessa Manning.
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