Alessandro Mondo per “la Stampa”
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Questa è la storia di un uomo rimasto prigioniero del suo corpo, che grazie ai progressi della medicina moderna potrà recuperare almeno l' uso delle mani.
È la sintesi dello straordinario intervento effettuato giovedì all' ospedale Cto di Torino, primo del genere in Italia, grazie al quale si sono ridotti gli effetti di una menomazione altrimenti totale: la conclusione di un dramma avvenuto sei mesi fa, quando a seguito di un incidente stradale un ex-pasticciere di 52 anni riportò una lesione midollare completa a livello cervicale.
bruno battiston
In una parola: tetraplegico. Tetraplegico ma, come precisano i medici, «incompleto».
Significa che parte delle braccia risultava ancora innervata: a monte della lesione nervi sani, a valle compromessi (quelli corrispondenti al movimento e all' utilizzo delle mani). Partendo da questa situazione, i chirurghi sono ricorsi ad una nuova tecnica che ha permesso di recuperare la funzione delle mani bypassando il livello della lesione al midollo spinale.
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Come? Trasferendo e ricollegando nervo a nervo, quasi si trattasse di fili elettrici, così da ripristinare il circuito. Un circuito molto particolare considerato che, spiega il dottor Bruno Battiston, direttore Chirurgia della mano del Cto, il sistema nervoso non è statico ma ha la proprietà di rigenerarsi.
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Parliamo di un vero salto di qualità rispetto alla chirurgia della mano tetraplegica tradizionale, che finora utilizzava trasferimenti di tendini con un recupero molto parziale della funzione motoria. «Mentre in questo caso, terminato il periodo di reinnervamento dei muscoli e poi la fisioterapia, il paziente potrà fare una serie di cose in autonomia», precisa Battiston. Significa la possibilità di muovere il joystich della carrozzella, prendere una forchetta o un bicchiere, provvedere alla cura personale: la differenza tra la menomazione totale e parziale.
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Come si premetteva, l' intervento chirurgico è stato eseguito su entrambi gli arti superiori dell' uomo dal dottor Battiston, dal professor Diego Garbossa, dal dottor Paolo Titolo e dal dottor Andrea Lavorato: tre ore e mezzo per arto durante le quali sono stati ricollegati, uno per uno, nervi ancora funzionanti a nervi deficitari.
Fondamentale la disponibilità di un' équipe non solo esperta ed affiatata, ma interdisciplinare: un lavoro di squadra che ha visto la collaborazione dell' Ortopedia e Traumatologia 2 ad indirizzo Chirurgia della Mano del Cto (dottor Bruno Battiston), la Neurochirurgia universitaria (professor Diego Garbossa), il Dipartimento di Ortopedia - Traumatologia e Riabilitazione (professor Giuseppe Massazza), la Struttura dell' Unità Spinale Unipolare (dottor Salvatore Petrozzino).
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Una speranza per tutti i tetraplegici? Purtroppo no. A fare la differenza, come si premetteva, la sopravvivenza di nervi sani: il fondamentale da cui partire. Allo stesso modo, la nuova tecnica - che a livello mondiale venne impiegata per la prima volta da un neurochirurgo brasiliano - non si può applicare alle gambe.
«Tecnicamente si potrebbe anche, ma gli arti inferiori, caratterizzati da un' ossatura e da una muscolatura molto sviluppate, non reggerebbero il peso del corpo», aggiunge Battiston. Insomma: probabilmente il paziente recupererebbe la sensibilità ma non potrebbe camminare.
cto torino
Anche così, resta la speranza di altri salti di qualità da parte di una Medicina, con la maiuscola, che negli ultimi anni ha tagliato traguardi apparentemente inarrivabili. La chirurgia che sfrutta il trasferimento di nervi non solo è recente ma eseguita in pochi centri al mondo.
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Allo stesso modo, la successiva riabilitazione, indispensabile, prevede trattamenti specifici possibili solo in centri dedicati. Impossibile dire cosa potrà riservare il futuro, caratterizzato da nuove sfide e dalla volontà dei medici di raccoglierle. Superare il limite: in questo caso è già successo.
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