MUNARI
Aurelio Magistà per la Repubblica
Da Vicenza a New York, fino a Hong Kong, Cleto Munari ha pedalato tanto, ma ha quasi sempre preferito farlo in tandem. Perché sulla sua metaforica bicicletta viaggia meglio con un compagno. La sua è una storia lunga, che comincia negli anni Settanta, e che ora la mostra "Mondocleto", da Vicenza dal 18 marzo, prova a raccontare.
«Negli anni Settanta incontro Carlo Scarpa. A quarant' anni comincio finalmente a lavorare. Scarpa e il design mi salvano da una vita di giovane benestante divisa fra le carte, i cavalli, le donne».
A Carlo Scarpa chiede di disegnare delle posate. Da allora è un ininterrotto produrre, o creare - perché Munari è imprenditore con il marchio che porta il suo nome, ma anche autore («Non sono un designer», si schermisce) che porta in giro per il mondo pezzi unici, serie limitate e oggetti preziosi: dalle posate alle penne, dai tappeti ai mobili, dagli orologi ai gioielli, ai vetri, alle borse.
MUNARI
Creazioni di altissima qualità, e di prezzo conseguente. Ma il vero tema della sua storia non è il business ma appunto il tandem. Munari ha incontrato ed è riuscito a collaborare con personaggi celebri, alcun grandissimi e, chissà come, a convincerli a osare in mondi diversi, nel suo mondo. Personaggi che, ad ascoltarlo mentre li racconta, restano impressi come fotogrammi.
«A Carlo Scarpa devo tutto. E pensare che non era nemmeno architetto e non poteva firmare. Qualcuno per questo lo trattava con sufficienza. Però quando Le Corbusier viene a Venezia per il progetto dell' ospedale, trova una folla di giornalisti e architetti. Scende dal treno, si guarda intorno e chiede:
MUNARI
"Ma Carlo Scarpa dov' è?». Un altro designer fondamentale nella sua esperienza è Ettore Sottsass. «Quando nel 1978 compra casa a Venezia penso di farla arredare a Scarpa. Che però muore proprio quell' anno. Sottsass si propone per arredarla lui. Accetto e mi trovo una dimora in stile Memphis. Nasce un feeling. Divento suo socio nel 1980 e lo resto fino all' 87». La sua lunga galleria di personaggi non è fatta solo di designer.
«Volevo fare un omaggio a Carlo Scarpa e a metà degli anni Settanta chiedo a Andy Warhol di fargli un ritratto fotografico. Alla fine lo convinco. Solo che, quando finalmente il ritratto arriva e lo mostro a Carlo, la moglie Rina dice che non gli piace e me lo devo riprendere. L' ho appeso a casa mia».
Persuade perfino Lawrence Ferlinghetti, il padre della beat generation: «Conosco Ferlinghetti negli anni Ottanta a New York. Scopro che si diverte a dipingere, quindi decido di andare a San Francisco per chiedergli di fare qualcosa per me. Ci incontriamo al caffé Trieste. Dice che non sta molto bene.
MUNARI BOTTA
Ma beve vino e continua a berlo per tutto il pomeriggio, anche a casa sua... Finale: posso vantarmi di aver realizzato dei tappeti firmati Ferlinghetti, come peraltro altri firmati Dario Fo. Ne ho venduti pochissimi, ma che persone straordinarie ho avuto la fortuna di incontrare!
MUNARI WARHOL