Estratto dell'articolo di Cristina Marrone per www.corriere.it
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Una nuova ricerca pubblicata su Environment International dimostra per la prima volta che un'ampia gamma di Pfas, sostanze chimiche che non si decompongono in natura (chiamati per questo inquinanti eterni) possono superare la barriera cutanea e raggiungere il flusso sanguigno. Le sostanze perfluoroalchiliche (Pfas), risultato di una reazione chimica tra carbonio e fluoro, si trovano ormai dappertutto grazie anche alla loro proprietà idrorepellenti, oleorepellenti e antimacchia: dagli indumenti alle scarpe impermeabili fino ad alcuni imballaggi alimentari, protesi mediche, pesticidi, prodotti antincendio e acque del rubinetto.
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Il successo dipende proprio dalla loro caratteristica di comportarsi in modo da essere repellenti all’acqua e all’olio, ma al tempo stesso di essere traspiranti e resistenti alle alte temperature. Mentre alcune sostanze sono state vietate dai governi di molte zone del mondo, altre sono ancora ampiamente utilizzate, ma i loro effetti tossici non sono ancora del tutto conosciuti.
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Quello che è noto a proposito dei Pfas è che possono penetrare nell'organismo attraverso altre vie: inalati con il respiro o ingeriti con acqua e cibo. Si sa che i Pfas possono causare effetti avversi sulla salute come una ridotta risposta immunitaria alla vaccinazione, compromissione della funzionalità epatica e ridotto peso alla nascita. Alcuni studi hanno indicato anche un aumento del livello di colesterolo e alterazioni a livello di fegato e tiroide. Nessun singolo prodotto può esporre a livelli pericolosi di Pfas in un solo utilizzo. Tuttavia poiché sono comuni, si possono accumulare nell’organismo nel corso del tempo.
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Fino a poco tempo fa si riteneva che i Pfas non fossero in grado di oltrepassare la barriera cutanea, sebbene studi recenti abbiano mostrato collegamenti tra l'uso di prodotti per la cura personale e le concentrazioni di Pfas nel sangue e nel latte materno. Questo nuovo ampio lavoro conferma che la maggior parte dei Pfas possono essere assorbiti dalla pelle umana. […]
[…] Dei 17 Pfas testati, 15 hanno mostrato un significativo assorbimento cutaneo, con almeno il 5% della dose esposta penetrata nella pelle. In particolare l’acido perfluoroottanoico (una volta utilizzato anche nelle pendole antiaderenti), classificato nel 2018 dallo IARC come sostanza potenzialmente cancerogena, l’assorbimento nel flusso sanguigno è stato del 13,5%, con un ulteriore 38% della dose trattenuta nella pelle, indicando un potenziale assorbimento a lungo termine.
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Come ridurre l'esposizione
Per limitare l'esposizione ai Pfas si possono mettere in pratica piccoli accorgimenti per esempio, cambiare la pentola di Teflon rovinata e sostituirla con una nuova o una di ghisa, di acciaio inox o di ceramica, limitare l’uso di tessuti antimacchia e antiacqua o scegliere quelli che si dichiarano privi di Pfas. È importante ridurre la frequenza con cui si mangia da imballaggi di carta, cartone e fibre vegetali perché l'ingestione sembra essere comunque la via principale di ingresso nel nostro organismo.
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