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    UNA BOCCATA D'ARIA PER I "CACCIATORI" DI ALIENI - UNA NUOVA RICERCA RIVELA CHE, PER "CREARE" UN ESSERE VIVENTE CHE SAPPIA COMUNICARE CON ALTRI PIANETI, CI VUOLE UN PIANETA CON LIVELLI DI OSSIGENO DI ALMENO IL 18% - L'ASTRONOMO AMEDEO BALBI: "SOLO I PIANETI CHE RAGGIUNGONO IL 18% POTREBBERO USARE IL FUOCO, METTENDO A PUNTO TECNOLOGIE ABBASTANZA AVANZATE DA POTERCI INVIARE SEGNALI" 


     
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    Estratto dell'articolo di Elena Dusi per “la Repubblica”

     

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    Per fare un essere vivente […] che sappia comunicare con altri pianeti, ci vuole […] ossigeno: almeno il 18% della composizione dell’atmosfera, calcola uno studio su Nature Astronomy . «Che usi una radio, un’antenna o un razzo, per comunicare con altri pianeti un alieno deve padroneggiare la tecnologia. E, per quanto ne sappiamo, non c’è tecnologia che prescinda dal fuoco» spiega Amedeo Balbi, professore di astronomia e astrofisica all’università di Roma Tor Vergata, autore di una decina di volumi divulgativi sull’universo e i suoi possibili abitanti.

     

    Quel 18% è la percentuale di ossigeno necessaria perché si inneschi un processo di combustione su un pianeta con le caratteristiche della Terra, quindi adatto alla vita, ragionano su Nature Astronomy Amedeo Balbi e Adam Frank, astrofisico (e divulgatore anche lui) dell’università di Rochester. «Poiché la chimica è uguale ovunque nell’universo — prosegue Balbi — per trovare civiltà aliene capaci di comunicare dobbiamo partire dalla loro atmosfera. Solo i pianeti che raggiungono il 18% potrebbero usare il fuoco, mettendo a punto tecnologie abbastanza avanzate da poterci inviare segnali».

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    […] Non è un caso che sulla Terra — dove la percentuale di ossigeno arriva al 21% — imparare a controllare le fiamme (si stima un milione e mezzo di anni fa) abbia permesso ai nostri antenati di fare balzi avanti nell’evoluzione. «Possiamo immaginare una civiltà che si sviluppi ai bordi di un vulcano e sfrutti la sua energia al posto del fuoco, ma resta un’ipotesi poco realistica», spiega Balbi, appassionato anche di fantascienza.

     

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    Anche con la nuova asticella in mano — quella del 18% — cercare civiltà aliene in giro per il cosmo resta impresa ardua. «Con i telescopi siamo ormai bravi a trovare gli esopianeti », spiega Balbi, […] «Possiamo ricavare dettagli sulla composizione della loro atmosfera con una tecnica chiamata spettroscopia. Sappiamo farlo meglio per pianeti grandi e gassosi come Giove, mentre abbiamo risultati più modesti con pianeti rocciosi come la Terra». […]

     

    […]Piccoli organismi unicellulari, come quelli che esistono sulla Terra da oltre 3 miliardi di anni, si accontentano di livelli di ossigeno più bassi dell’1%. Per avere organismi con un apparato circolatorio è necessario raggiungere il 2%. Un mammifero di taglia piccola richiede che si arrivi al 12%: livello raggiunto sulla Terra circa 600 milioni di anni fa. «Se guardiamo agli esopianeti — prosegue Balbi — calcolare con precisione la percentuale d’ossigeno, individuare cioè quel famoso 18%, resta leggermente al di là delle nostre capacità. Anche se ci stiamo avvicinando ».

     

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    La percentuale poi non dovrebbe superare un’altra soglia, il 30%: «In caso contrario l’atmosfera sarebbe troppo esplosiva. Basterebbe un nulla per scatenare incendi». […] Se invece un messaggio dovesse arrivarci dal cosmo, la prima domanda da porsi è di quanto ossigeno dispongono i sedicenti alieni. Se fossero sotto al 18%, avremmo ragione di dubitare della loro autenticità. «È sempre possibile che la nostra ipotesi sulla combustione non sia giusta e la natura ancora una volta ci sorprenda» ammette Balbi. […]

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