Estratto dell’articolo di Valerio Valentini per “il Foglio”
GIANCARLO GIORGETTI E GIORGIA MELONI
Le due orbite sono così vicine, nella loro brillantezza, che forse era fatale che prima o poi rischiassero di entrare in collisione. Entrambi economisti, pupilli entrambi di Mario Draghi, corteggiati l’uno e l’altro dalla politica, e tutti e due già direttori generali di quella Banca d’Italia di cui ora, ecco l’inghippo, aspirano con eguale legittima ambizione a diventare governatori.
Daniele Franco e Fabio Panetta. I due candidati d’obbligo, forse gli unici due reali candidati alla guida di Via Nazionale. Rischiano, loro malgrado, di conseguire un altro risultato non banale: riuscire a far bisticciare Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti.
E ce ne vuole, di questi tempi.
fabio panetta foto di bacco
Fosse per la premier […] sarebbe Panetta sia “uno dei pochi non di sinistra che abbiamo in Europa, e forse non a caso il più bravo”. […] Giorgetti non nasconde, e non solo in privato, la sua predilezione per un’altra soluzione.
Quella, cioè, di indicare, come successore di Visco, quel Franco che è il suo predecessore, e col quale ha cementato una consuetudine fatta di stima reciproca, di consigli richiesti e di suggerimenti recepiti che è quasi quotidiana.
Fu Franco, del resto, alla viglia del passaggio di testimone al leghista designato per Via XX Settembre, a benedirla con un’intervista e dichiarazioni di stima che valsero non poco a rassicurare i mercati […] Per cui ora i sostenitori dell’una e dell’altra candidatura hanno, ciascuno a sostegno della propria causa, buone tesi da sostenere.
GIANCARLO GIORGETTI E GIORGIA MELONI
Da un lato c’è chi, ed è il pensiero più diffuso nella Lega e condiviso dallo stesso Giorgetti, osserva che sguarnire l’avamposto strategico nel Comitato direttivo della Bce sarebbe troppo rischioso, perché nessun automatismo garantirebbe all’Italia di ottenere un nuovo membro, e di certo non ci sarebbe nessuno con lo stesso peso specifico e lo stesso carisma di Panetta che potrebbe bilanciare le puslioni rigoriste dei nordici. Motivo, insomma, per cui sarebbe consigliabile tenerlo lì al piano nobile dell’Eurotower, l’economista romano.
CHRISTINE LAGARDE FABIO PANETTA GIANCARLO GIORGETTI PIERRE GRAMEGNA
Chi invece è proprio per lui che fa il tifo, nella sfida per la successione di Visco, segnala un altro rischio. Quello, cioè, che con la scelta di Franco si infranga un tabù: quello per cui, cioè, mai l’apoteosi di Palazzo Koch è stata concessa a chi ha prima ricoperto incarichi di governo.
Da Einaudi fino a Ciampi e infine Draghi, il percorso è sempre stato inverso, e cioè la direzione di Banca d’Italia come preludio a una futura carriera politica.
L’unica eccezione fu quella di Guido Carli, titolare del Commercio estero nel governo Zoli tra il ’57 e il ’58, prima di diventare governatore due anni dopo. Eccezione, va detto, che risale a sei decenni fa. Ecco perché in FdI c’è chi già dice che “con Franco si creerebbe un precedente”.
Che oggi, certo, vale per un economista al di sopra delle parti chiamato a svolgere il suo mandato ministeriale in un governo di solidarietà nazionale, ma un domani, chissà. C’è tempo fino a ottobre, per risolvere il dilemma. E gli uni e gli altri animatori di questa contesa sanno che alla fine, a risolverla, sarà con ogni probabilità il Quirinale.
daniele franco foto di bacco daniele franco a cernobbio 3 il banchiere fabio panetta