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    UNA PORCATA DI STATO - LO STATO RICOMPRA LA CONCESSIONE DI AUTOSTRADE E RICOPRE DI SOLDI I BENETTON COME SE I 10 MILIARDI DI DIVIDENTI INCASSATI NEGLI ANNI NON FOSSERO SUFFICIENTI - BELPIETRO: “METTENDO INSIEME LE CIFRE, TRA QUELLE CHE SARANNO LIQUIDATE ALLA FAMIGLIA VENETA E QUELLE CHE SI RISCHIA DI DOVER LIQUIDARE TRA INVESTIMENTI E DANNI, SI ARRIVA A 21,3 MILIARDI, 7,3 IN PIÙ DI QUELLO CHE LO STATO AVREBBE PAGATO IN CASO DI REVOCA DELLA CONCESSIONE. E I BENETTON PAGHERANNO BRICIOLE DI TASSE: SOLO 100 MILIONI”


     
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    Maurizio Belpietro per “la Verità”

     

    luciano benetton luciano benetton

    Siccome i circa 10 miliardi di dividendi incassati nel corso degli anni non parevano sufficienti a soddisfare la voracità dei Benetton, lo Stato ha deciso di ricomperarsi a caro prezzo la concessione di Autostrade, pagando il gruppo veneto con altri miliardi e facendosi carico dei numerosi, e costosi, investimenti necessari per mettere in sicurezza la rete viaria italiana. Ma, come se non bastasse aver pattuito una buonuscita che consentirà alla famiglia di Ponzano di mettersi in tasca quasi 2,5 miliardi, ai fratelli a colori è stato fatto un altro regalo, con un maxi sconto fiscale.

     

    La storia è raccontata nei dettagli in queste pagine dal nostro Francesco Bonazzi il quale, non essendo abituato ad accontentarsi né dei comunicati ufficiali né delle versioni di comodo, ha preferito fare due conti, scoprendo come ciò che i 5 stelle presentano come una grande vittoria dello Stato sia, per le casse del medesimo, una pesante sconfitta.

    Sintetizzo in breve ciò che il collega racconta più diffusamente senza dimenticare alcun dettaglio.

    crollo ponte morandi genova 23 crollo ponte morandi genova 23

     

    La sostanza è questa: se, dopo il crollo del ponte Morandi, il governo avesse fatto ciò che Giuseppe Conte aveva promesso, ovvero avesse receduto dalla concessione ad Autostrade (la famosa «caducazione» evocata a cadaveri ancora caldi da colui che ancora si definiva l' avvocato del popolo) lo Stato avrebbe dovuto sborsare 19,1 miliardi.

     

    Una cifra mostruosa che in molti, e noi tra questi, avremmo ritenuto non dovuta, visto com'era mantenuto un bene finanziato con le tasse dei contribuenti. Ma a prescindere dal fatto che tale somma dovesse essere pagata o meno, una buona parte sarebbe tornata nelle casse pubbliche sotto forma di tasse. Bonazzi ha calcolato che le imposte introitate dal fisco sarebbero state pari a 5,3 miliardi e dunque, Benetton e soci avrebbero messo in tasca 13,8 miliardi.

     

    ponte Morandi ponte Morandi

    Troppi? Sì. Un' enormità soprattutto considerando ciò che è successo sul Morandi. Tuttavia, non aver innescato il recesso, ma avere avviato una procedura che condurrà all'acquisto di Autostrade da parte di Cassa depositi e prestiti e di alcuni fondi d'investimento, comporterà per lo Stato una spesa maggiore e per i Benetton un incasso superiore al previsto.

     

    Non ci credete? Basta fare due conti, come li ha fatti Bonazzi. In caso di recesso, come abbiamo visto, la spesa netta per il governo sarebbe stata di poco inferiore ai 14 miliardi. Per effetto invece dell' offerta presentata da Cassa depositi e prestiti e dai soci, a Benetton e compagni andranno 9,1 miliardi, a cui forse si aggiungeranno 400 milioni di indennizzo Covid.

     

    crollo ponte morandi genova foto lapresse 1 crollo ponte morandi genova foto lapresse 1

    In totale, dunque, lo Stato pagherà 9,5 miliardi e mezzo, in apparenza molti meno rispetto al costo della «caducazione» della concessione. O per lo meno questo è ciò che sembra. Infatti, ai soldi che ufficialmente sono iscritti per l' operazione bisogna aggiungere 8,8 miliardi di debito, che prima pesavano sulle spalle della famiglia veneta e da domani ricadranno su quelle degli acquirenti, vale a dire degli italiani.

     

    CROLLO DEL PONTE MORANDI A GENOVA CROLLO DEL PONTE MORANDI A GENOVA

    Già qui si capisce che l' affare sia molto meno conveniente di quanto si dice, ma se a ciò si aggiunge che i soli indennizzi per il crollo del Ponte Morandi rischiano di costare allo Stato 3,4 miliardi, a cui si dovranno probabilmente aggiungere i costi legali, beh si capisce che l' affare non lo ha fatto il Paese, ma i fratelli dei maglioni a colori. Mettendo insieme le cifre, tra quelle che saranno liquidate alla famiglia veneta e quelle che si rischia di dover liquidare tra investimenti e danni, si arriva a 21,3 miliardi, 7,3 in più dell' ipotesi iniziale di «caducazione» della concessione.

     

    luciano giuliana gilberto benetton luciano giuliana gilberto benetton

    Non è finita. Se già c' è da farsi venire un travaso di bile per il regalo fatto ai Benetton, a mandare su tutte le furie qualsiasi persona di buonsenso è il fatto che, a seguito delle plusvalenze, il gruppo veneto pagherà qualche cosa di più di alcune briciole. Infatti, mentre ai comuni mortali è applicato un salasso, in questo caso ci si dovrebbe fermare al 5 per cento della plusvalenza, che tradotto in valori assoluti significherebbe all' incirca un centinaio di milioni su un guadagno di circa 2 miliardi.

     

    2 - SENZA REVOCA EXTRA COSTO DI 7 MILIARDI MA PER I BENETTON SOLO IL 5% DI TASSE

    le macerie dopo il crollo del ponte morandi a genova le macerie dopo il crollo del ponte morandi a genova

    Francesco Bonazzi per “la Verità”

     

    «Chi commenta dicendo che abbiamo regalato soldi ai Benetton sbaglia. Ai Benetton abbiamo tolto parecchi miliardi che sono quelli in più che avrebbero incassato se avessero mantenuto la gestione dei 3.000 chilometri di autostrade per gli altri 20 anni previsti». Parola del grillino Danilo Toninelli.

     

    crollo ponte morandi genova 18 crollo ponte morandi genova 18

    In questi giorni, l' ex ministro delle Infrastrutture del Conte uno, saltato come un birillo più che altro per propri demeriti, e prontamente rimpiazzato dalla piddina Paola De Micheli, è impegnato a promuovere su Facebook il proprio libro denuncia. S' intitola Non mollare mai e l' ha dovuto pubblicare con la vituperata Amazon, scelta che gli sta costando anche un mezzo processo da parte dei suoi seguaci. Gli altri esponenti del M5s, dopo l' assemblea di Atlantia di lunedì scorso che ha accolto l' offerta presentata dalla cordata di Cdp per Autostrade per l' Italia, sono stati più prudenti.

     

    Bocche suturate anche nel Pd e in tutta la «sinistra autostradale», quella solida corrente transgenica che parte dalla sinistra Dc di Fabrizio Palenzona e Romano Prodi e arriva al Pd di oggi con Enrico Letta e Graziano Delrio.

     

    ponte morandi ponte morandi

    Per due anni e mezzo hanno lasciato sfogare forcaioli e tribuni del popolo, si sono capiti al volo con un principe del cavillo come Giuseppe Conte, hanno fatto terrorismo sui costi di una lite con i Benetton e alla fine, alla faccia di Toninelli, il regalo c' è eccome. Ed è anche di quelli grossi. Si tratta esattamente di un cadeau da 7,3 miliardi, come si ricava non da atti segreti, ma da documenti pubblici come la convenzione Mit-Aspi e il Piano economico finanziario (Pef) che Autostrade ha presentato al ministero e che il Cipe deve ancora approvare.

    carlo bertazzo carlo bertazzo

     

    Come aveva svelato Panorama il 9 dicembre scorso, la vera trattativa per la clamorosa nazionalizzazione si è svolta tra l' amministratore delegato di Atlantia, Carlo Bertazzo, il capo di gabinetto della De Micheli, Alberto Stancanelli, e il capo di gabinetto dell' allora ministro dell' Economia Roberto Gualtieri, ovvero Roberto Chieppa. A comprare, però, sono Cdp, Macquarie e Blackstone. Che in cambio riceveranno margini del 10% l' anno, grazie ai soliti aumenti tariffari.

     

    roberto chieppa roberto chieppa

    Per oltre due anni e mezzo, mentre Aspi continuava come nulla fosse a incassare i suoi bravi pedaggi, si è agitato lo spauracchio della revoca delle concessioni. Lo hanno fatto anche Luigi Di Maio e Giuseppe Conte, seppure quest' ultimo, tanto per essere comprensibile al popolo di cui si era nominato «avvocato», arrivò a parlare di «caducazione».

     

    ponte Morandi ponte Morandi

    Sempre comunque aggiungendo che il contenzioso con Atlantia era potenzialmente assai costoso. Il picco di allarmismo lo ha raggiunto Matteo Renzi, il fan più esagitato dei Benetton. Il 13 luglio 2020, ovvero alla vigilia dell' ultimo Consiglio dei ministri dove Aspi ha rischiato la revoca, Renzi spara: «Oggi i populisti vogliono la revoca perché è caduto il ponte e perché Benetton ha preso troppi soldi. Questo puoi farlo al bar: la verità è che con la revoca si danno i miliardi a Benetton. E sapete perché non hanno mai scritto il documento di revoca? Perché ci sono scritti sopra i miliardi che devono dare a Benetton.

    Questo giochino rischia di costare ai nostri figli 20/30 miliardi. Intanto si licenziano delle persone e si bloccano i cantieri».

     

    ENRICO LETTA ROMANO PRODI ENRICO LETTA ROMANO PRODI

    Può darsi che i calcoli dell' ex Rottamatore fossero anche corretti, ma il segreto per arrivare è: basta impostare male il problema. Perché qui, anche dopo i 43 morti del Morandi, non di revoca, ma di recesso si doveva parlare. E i conti sarebbero stato assai meno pesanti rispetto alla nazionalizzazione più o meno forzosa che va in scena oggi.

     

    La revoca non prevede che il concedente (qui, lo Stato), accusi di alcunché il concessionario (Aspi). Insomma, nessuna «demagogia», ma semplice diritto a tirarsi indietro, secondo le regole stabilite dalla concessione stessa. La convenzione Aspi-Mit è pubblicata sul sito del ministero e possono leggerla tutti i deputati.

    Quella attualmente in vigore è stata firmata il 12 ottobre 2007 (secondo governo Prodi) ed è stata aggiornata il 24 dicembre 2013 (governo di Enrico Letta.

     

    roberto gualtieri roberto gualtieri

    Come si può immaginare, non sono documenti ostili ai Benetton. Ebbene, all' articolo 9 bis la convenzione prevede che in caso di revoca il concessionario abbia diritto a un indennizzo «pari al valore attuale netto dei ricavi della gestione», ovvero al netto di costi, oneri, investimenti e imposte prevedibili nel periodo mancante alla fine della concessione. Usando le tabelle del Pef in vigore, la somma da dare ad Aspi arriverebbe a 13,8 miliardi netti. Su questa cifra, lo Stato recupererebbe poi 5,3 miliardi di imposte con un' aliquota al 27,9% (24% di Ires e 3,9% di Irap), che escludiamo dal conteggio perché è una partita di giro. Ora, abbandonata questa strada per nulla punitiva per i Benetton, andiamo a quello che secondo Toninelli «non è un regalo».

     

    dario scannapieco 2 dario scannapieco 2

    Il consorzio guidato da Cdp (il nuovo ad, Dario Scannapieco si è insediato il giorno dopo il voto dell' assemblea Atlantia) ha offerto ad Atlantia 9,1 miliardi (considerando la valorizzazione al 100%, pari a 7,9 miliardi per l' 88% della società). A questi vanno sommati 8,8 miliardi per l' accollo dei debiti di Aspi e 3,4 miliardi per gli indennizzi diretti in ragione del crollo del ponte sul Polcevera. Il tutto, senza contare i rischi legali per indennizzi indiretti, oggi non quantificabili, visto che mancano le sentenze penali.

    FONDO BLACKSTONE FONDO BLACKSTONE

     

    Alla fine, la strada scelta dal precedente governo, al momento confermata anche da quello attuale, ci costa ben 21,3 miliardi. In modalità «vendita», i Benetton ne incasseranno 2,4, sui cui dovranno solo pagare il 5% di tasse, in base al regime fiscale agevolato sulle plusvalenze, ovvero un centinaio di milioni.

     

    Macquarie Macquarie

    Insomma, con il recesso, il valore netto riconosciuto ai Benetton per uscire da Aspi sarebbe stato pari a 13 miliardi e 818 milioni. Mentre con l' acquisto da parte dello Stato si arriva a 21 miliardi e 190 milioni. Il regalo ai Signori del casello, a futura memoria anche della Corte dei conti e del Cipe che ora deve vidimare il nuovo Pef (senza il quale la remunerazione di Macquerie e Blackstone sarebbe incerta), arriva a 7 miliardi e 370 milioni. Ci si finanzierebbero i Ristori II, III e forse pure IV. Tanto per fare del «populismo», come direbbe il Renzi.

     

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