mirella serri gli invisibili
Francesca Sforza per “la Stampa”
Chissà cosa hanno pensato gli abitanti di Villabassa, una località dell' Alta Pusteria, in quel 28 aprile del 1945, quando hanno visto scendere dagli autobus del trasporto speciale, 139 prigionieri - uomini, donne, persino una bambina - scortati dalle SS naziste.
mafalda di savoia e filippo d assia
E' molto difficile che dietro quegli occhi stanchi, quelle andature allucinate, quegli abiti logori e in alcuni casi a strisce bianche e nere verticali come si usava nei lager, qualcuno potesse riconoscere principi, gerarchi, capi di Stato, funzionari di mezza Europa. La mesta processione faceva presumibilmente poco rumore, provata come era nel corpo e nello spirito, e ci volle un po' perché un valligiano osasse porre a una SS della scorta la domanda che tutti si stavano in cuor loro facendo. «Chi sono?» «Sonderhaeftlinge!», si sentì rispondere senza garbo alcuno, «prigionieri speciali».
leon blum
A VILLABASSA
Comincia con la vivida ricostruzione di quella mattina Gli invisibili , il libro di Mirella Serri pubblicato da Longanesi sulla storia di quel manipolo di prigionieri, che fino all' ultimo i tedeschi avevano cercato di salvaguardare dalla morte - pur senza risparmiare loro la permanenza a Dachau, Flossenburg, Buchenwald - nella speranza di poterli usare come ostaggi alla fine di una guerra i cui esiti avevano immaginato molto diversi da quelli che invece furono.
kurt alois von schuschnigg
Con la pazienza della storica e il gusto della scrittrice, Serri ci porta ad esplorare un capitolo di storia finora confinato in pubblicazioni di nicchia o in esposizioni locali, dando anche la misura di quante cose, ancora oggi, ha da dirci la Seconda Guerra Mondiale. Proprio quando ci sembra che tutto sia stato detto e moltissimo sia stato scritto, ecco un elenco di nomi - quello dei prigionieri speciali - che ci fa sobbalzare, e ammettere: «Non lo sapevamo».
fritz thyssen
Non sapevamo che quella mattina scesero a Villabassa, dai pullman provenienti da Dachau, uomini come Leon Blum, ex primo ministro francese del Fronte Popolare; Kurt Alois von Schuschnigg, l' ultimo cancelliere austriaco antinazista prima dell' Anschluss con la Germania, di cui si erano perse le tracce dal 1938;
Alexandros Papagos, il ministro greco della Guerra che aveva fermato e respinto l' esercito italiano oltre i confini dell' Albania; Fritz Thyssen, l' industriale che era stato ribattezzato «prigioniero personale del Fuehrer»; Vassilij Kokorin nipote del ministro degli Esteri sovietico Molotov; Mario Badoglio, figlio di Pietro; Sante Garibaldi, nipote dell' eroe dei due mondi.
alexandros papagos
E ancora: i gerarchi fascisti Tullio Tamburini e Eugenio Apollonio, rispettivamente ex capo della polizia di Stato di Salò e il suo fidato braccio destro, il partigiano di Savona Enrico Ferrero, diversi congiurati dell' attentato contro Hitler del 20 luglio 1944, Filippo d' Assia, genero del re d' Italia. Ci sono poi capitani, sindaci, agenti segreti britannici, contesse, giornalisti, teologi, cabarettiste e professori provenienti da sedici diversi Paesi, che Serri non solo elenca, ma racconta, tirando i fili delle storie personali e regalandoci così la fine tessitura di un pezzo di storia, con il respiro di un' opera piena.
mirella serri marco damilano
UNA DONNA MINUTA
C' è una persona che però doveva scendere da quell' autobus quella mattina e invece non scese. Era Mafalda di Savoia, la figlia del re Vittorio Emanuele III, e la moglie di Filippo d' Assia.
mafalda di savoia d assia
Una donna esile, minuta, di una bellezza fragile, che non resse alla brutalità di Buchenwald: rimase ferita da un bombardamento alleato nell' agosto del 1944 durante la prigionia «speciale» nel lager, a cui era giunta così, senza sapere bene dove sarebbe finita, portata di macchina in macchina, di stanza in stanza, sempre scortata da un nazista, col miraggio di poter rivedere quel marito teneramente amato, malgrado lui l' avesse tradita con ragazzi occasionali, malgrado non amasse il jazz e fosse troppo mondano per i suoi gusti, e che comunque aveva per lei una devozione e un affetto che Serri ci aiuta a pensare autentici.
Furono due operai romeni a estrarre «Frau Abeba» - così la chiamavano a Buchenwald, in omaggio all' Etiopia, conquista italiana - dalle macerie della sua baracca crollata. Fu portata nell' ospedale da campo con gravi ustioni e con un inizio di cancrena all' avambraccio: la sua morte, secondo le testimonianze portate da Serri, fu provocata da un' operazione «condotta in modo impeccabile», ma tale da ucciderla.
campo di concentramento di buchenwald
La scelta di accendere una luce particolare sui prigionieri speciali Mafalda e Filippo, fa degli Invisibili qualcosa di più di un resoconto intelligente e documentato su un aspetto trascurato della Seconda Guerra Mondiale. Lei italiana, lui tedesco, lei rigorosa, lui debole, lei però donna - senza poteri, senza voce in capitolo - e lui invece uomo - con responsabilità, amicizie, mezzi di cui disporre - i due aristocratici sono il precipitato esistenziale di una generazione di «speciali» fragilità, di debolezze colpevoli, di ingenuità disarmanti.
campo di concentramento di buchenwald
La nuova Europa L' esito catastrofico di queste peculiarità ci viene mostrato da Serri proprio nella condivisione di un destino che in quei pullman vide seduti fianco a fianco delatori e gentiluomini, avventurieri, fascisti gaglioffi, idealisti impenitenti e feroci assassini. «La storia dei prigionieri speciali che si proietta sul dopoguerra - scrive Mirella Serri - è la primavera della nuova Europa, perché nessun rapporto umano è più intenso di quello che si instaura nella sofferenza e nella comunanza della sorte nei tempi oscuri».