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    UNA RAGAZZA PUÒ ESSERE AMMAZZATA PER AVER INDOSSATO UN CAPPELLINO DA BASEBALL? IN IRAN SI’ – GIOVEDI' SCORSO LA 16ENNE MAHAK HASHEMI È USCITA DI CASA A SHIRAZ CON UN CAPPELLINO, INVECE CHE CON IL VELO, PER UNIRSI PACIFICAMENTE ALLE PROTESTE PER LA MORTE DI MASHA AMINI. A DUE GIORNI DALLA SCOMPARSA, SUO PADRE HA TROVATO LA FIGLIA SENZA VITA –LA POLIZIA PARLA DI INCIDENTE. MA TUTTO LASCIA PENSARE CHE SI TRATTI DELLA 416 PERSONA FREDDATA DAL REGIME IRANIANO DALL'INIZIO DELLE PROTESTE…


     
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    Francesca Paci per “La Stampa”

     

    Mahak Hashemi 1 Mahak Hashemi 1

    Mahak Hashemi aveva sedici anni e viveva a Shiraz insieme al padre e alle due sorelline che seguiva passo passo dalla scomparsa della mamma, morta di cancro qualche anno fa. Il 24 novembre, giovedì scorso, è uscita di casa indossando il berretto da baseball al posto dell'hijab, come faceva ormai da settimane per affiancare la rivoluzione iniziata a metà settembre nel nome di Masha Amini: e non è più tornata. L'hanno cercata per due giorni, invano.

     

    Fino alla chiamata dell'ospedale che chiedeva agli Hashemi di recarsi in obitorio per identificare due cadaveri senza nome: uno era il suo. Sebbene la polizia parli d'incidente, la tensione per questa ennesima giovanissima vittima della teocrazia iraniana è al livello di guardia, tanto che, come già accaduto per altri attivisti massacrati di botte dal Kurdistan iraniano alla capitale Teheran, le autorità hanno proibito il funerale a Shiraz, la città del bacio ribelle tra le auto incolonnate, imponendo alla famiglia il silenzio stampa e la sepoltura del corpo spezzato dalle bastonate a Kangan.

    Mahak Hashemi Mahak Hashemi

     

    «Non dimentichiamo, ti vendicheremo» scrivono oggi gli amici della rete Free Fire, il gioco di sopravvivenza di cui Mahak era un'appassionata. Del suo volto, tumefatto dai colpi, resta l'immagine simbolo, un seme, come il coetaneo Arshia Emamgholi Zadeh, suicidatosi un paio di giorni fa dopo essere stato in cella due settimane per aver strappato il turbante di un mullah a Jolfa, nella provincia dell'Azerbaigian Orientale.

     

    Come Mohammad Hossein Kamandloo, 17 anni, freddato sabato a Teheran dai basij che, premiati come i pasdaran per la loro efficienza sanguinaria, stanno volando a turno in Qatar, ospiti degli sceicchi nello stadio dei mondiali più controversi (è ormai noto che Doha ha fornito a Teheran la lista "completa" di tutti gli iraniani in procinto di entrare nel paese per le partite e ne ha respinti parecchi).

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    Sono passati due mesi e mezzo da quando, scioccati dall'assassinio di Masha Amini, le iraniane e gli iraniani sono scesi in strada, le prime mettendosi spontaneamente alla testa di una protesta cresciuta ora dopo ora fino a lambire le regioni più remote della Repubblica Islamica, e gli altri dietro. All'inizio è stato lo slogan apotropaico, "donna, vita, libertà".

     

    Poi, via via che alle coraggiose figlie più giovani si affiancavano le sorelle maggiori, le madri, i fratelli, i padri, le docenti e i docenti carichi di una cultura troppo a lungo repressa, il rifiuto dell'hijab come simbolo del potere misogino si è trasformato in rifiuto del regime stesso, "morte alla dittatura", "morte agli ayatollah". E la rivolta è diventata rivoluzione.

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    Sono passati due mesi e mezzo e, secondo i calcoli delle Nazioni Unite, le vittime hanno raggiunto quota 416 (300 a detta del regime), di cui oltre 50 minori. Almeno 14 mila persone sono state arrestate e centinaia condannate alla pena capitale con l'accusa di "aver dichiarato guerra a Dio" (250 nella sola città di Zanjan).

     

    Minacce concrete. Il boia è già entrato in azione cinque volte a Teheran mentre a Zahedan è stato appena giustiziato Mohammad Eisa Zehi e l'attivista baluco 23enne Majidreza Rahnavard è in attesa dell'esecuzione. Tutti gli occhi sono ora su Toomaj Salehi, il rapper trentunenne in carcere da ottobre su cui grava la pena di morte per il reato di "corruzione" e "incitamento alla violenza".

     

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    La Repubblica Islamica vacilla. La distruzione della casa natale dell'ayatollah Khomeini a Khomeyn, le università occupate nella capitale come a Mashhad, Esfahan, Mahabad in Kurdistan, in Baluchistan, gli scioperi a catena dei settori produttivi del Paese e le serrate dei tradizionalmente governativi bazar, i tentativi di marcia sul quartiere dove risiede la guida suprema Khamenei, la cui nipote Farideh Mooradkhani si è schierata con i ribelli paragonando lo zio a Hitler e Mussolini, scuotono le fondamenta del regime come mai erano riuscite né l'Onda verde del 2009 né le proteste per il carovita del 2018.

     

    nasrin ghadri nasrin ghadri

    Le incertezze sul futuro della piazza, che al netto di una resilienza inaspettata soffre della mancanza di una leadership interna, non riducono la spinta popolare. «Trascorrere tutta la propria esistenza in dittatura lascia all'uomo pochissime opzioni, la morte, la schiavitù volontaria o il coraggio di non abbassare la testa» racconta un attivista cinquantenne al telefono da Busher.

     

    Dice che quelli come lui, sia pur senza successo, si sono battuti, ma che il coraggio mostrato dalle ragazzine del 2022 riscatta il popolo tutto dall'oblio. E manda la foto postata su Instagram dalla celebre attrice Ghazaleh Jazayeri.

     

    INCENDIO CARCERE DI EVIN IN IRAN 2 INCENDIO CARCERE DI EVIN IN IRAN 2

    Senza velo, senza veli. È la partita della vita. Mentre i social moltiplicano la notizia dell'ennesimo sciopero dei camionisti a Hamedan, il portavoce del ministero degli esteri Nasser Kanani replica al biasimo delle Nazioni Unite tacciandole di «utilizzo strumentale dei diritti umani». Ogni post rilancia in sovrimpressione il volto bello di Mahak Hashemi, un seme dopo l'altro. Fin quando il deserto sarà vinto.

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