Luigi Ferrarella per corriere.it - Estratti
Baris Boyun
Nei suoi non rari impacci con la giustizia il 40enne turco Baris Boyun si dipingeva come curdo membro del partito Pkk avversato dal governo di Erdogan, e l’anno scorso a Bologna, dove di passaggio era stato fermato in esecuzione di una richiesta di estradizione della Turchia, aveva tirato un sospiro di sollievo allorché la Corte d’Appello l’aveva negata ad Ankara (come quasi sempre accade) per l’assenza di garanzie di rispetto in Turchia dei diritti fondamentali della persona e per il rischio di trattamenti degradanti nelle carceri.
Ma stamattina, 22 maggio, quando viene arrestato dalla polizia con una quindicina di connazionali e con un italiano in una operazione in mezza Italia coordinata dal pool antiterrorismo della Procura di Milano, il volto di Boyun non sembra quello di un curdo perseguitato, ma di un capo di un gruppo di criminali comuni turchi in guerra con un altro gruppo di criminali turchi a colpi di attentati sia in patria sia in Europa, compreso l’assassinio di un connazionale due mesi fa a Berlino.
baris boyun
E così ora Boyun si vede contestare dal gip milanese Roberto Crepaldi, su richiesta della pm Bruna Albertini, non solo i reati di omicidio, associazione a delinquere, importazione e detenzione di armi da guerra, tentata importazione di droga e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, ma anche un attentato per finalità terroristiche o di eversione, e una accusa di banda armata finalizzata alla costituzione di una associazione terroristica:
contestazione ardita nel momento in cui sembra muovere dall’idea che Boyun, ritenendo un terminale dello Stato turco il proprio rivale “cartello” criminale, nel colpire questo avverso gruppo abbia anche voluto (quantomeno a livello putativo, cioè nella propria percezione) colpire e modificare appunto il rapporto a suo dire esistente tra quei criminali rivali e il governo di Erdogan.
Baris Boyun
(...) Gli investigatori risalgono a chi sia questo personaggio: Baris Boyun, 40 anni. Che ha una storia già interessante: nell’agosto 2022 era stato fermato a Rimini e poi scarcerato il 21 marzo 2023 dalla Corte di Appello di Bologna, che ne aveva negato l'estradizione chiesta dalla Turchia quale supposto criminale di rilievo in una organizzazione responsabile per Ankara di 19 omicidi e tentati omicidi in patria nel 2019-2020. Quando a Milano lo scorgono armeggiare con una pistola, lo arrestano.
Il turco finisce a San Vittore, poi agli arresti domiciliari. E siccome anche già solo dalla rete di conoscenze (contattate dalla sua compagna orgogliosa di essere riuscita a mettere al riparo della polizia il cellulare vero dell’uomo) si intuisce che abbia uno spessore di rilievo, gli arresti domiciliari vengono sfruttati per farli diventare un grande orecchio: ogni stanza di casa di Boyul viene microfonata, una cimice lo ascolta pure sotto la doccia, e una microspia gli viene piazzata persino nel braccialetto elettronico.
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E’ una mossa ingegnosa e vincente perché il turco, loquace al telefono su piattaforme social criptate effettivamente non intercettabili, si sente talmente al sicuro da parlare in totale libertà e chiarezza proprio mentre – ad avviso degli inquirenti - commissiona reati dalla mattina alla sera: dispone spostamenti di armi, coordina traffici clandestini di immigrati dall’Est europeo, mobilita uomini suoi (serbi) al porto di Istanbul per offrire ad alcuni narcotrafficanti il tentativo di recupero di un container di droga in cambio di una futura percentuale.
Ma un giorno Boyul subisce un attentato: due uomini gli sparano sulla porta di casa a Crotone, e subito dopo nelle intercettazioni si comprende che ritenga di aver capito chi sia stato il mandante del proprio tentato omicidio.
Baris Boyun
E’, nella sua ottica, un altro criminale turco (indicato in Alaattin Sarallah) che però Boyul disprezza perché non sarebbe venuto e cresciuto «dalla strada», ma sarebbe pasciuto dallo Stato, cioè dietro la parvenza di imprenditore avrebbe dalla propria parte poliziotti, giudici e politici di Ankara, tanto che Boyul pare equipararlo a una sorta di occulto «braccio» criminale contiguo all’apparato statale, se non addirittura utilizzato dall’apparato statale.
Per vendicarsi di questo rivale al quale addebita il proprio attentato, Boyul ingaggia e organizza un gruppo di fuoco che dovrebbe colpire l’avversario in Turchia in una sua fabbrica di infissi, ma la polizia locale, avvisata, sventa l’agguato e arresta una decina degli assaltatori armati di bombe a mano e di un bazooka.
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Le indagini italiane hanno una accelerazione quando, dopo sentori di sua responsabilità di Boyun in tre gambizzazioni in Turchia, alcuni frammenti di conversazioni carpiti dalle intercettazioni indirizzano sul turco l’accusa che avesse organizzato a distanza, su commissione altrui, un delitto anche in Europa: a Berlino, dove lo scorso 10 marzo viene assassinato un connazionale.
Tra i 20 arrestati del 22 maggio uno solo è italiano, ma è una persona molto fidata per Boyun, a giudicare dai compiti di fiducia che espletava a livello logistico. Tutti gli altri sono turchi, e tra essi c’è un interprete.
E qui si affaccia un’altra delicata questione: e cioè il fatto che, nelle intercettazioni, Boyun mostri di considerare pacifico che molti degli interpreti di turco utilizzati dalle autorità giudiziarie italiane siano in contatti con «antenne» dei servizi segreti di Erdogan.
ERDOGAN MELONI ERDOGAN MELONI