Emanuele Bonini per “la Stampa”
hacker cinesi 2
Misteriosi hacker, forse cinesi, si sono infiltrati da anni nel sistema di comunicazioni diplomatiche dell'Unione Europea. Hanno usato Cipro come cavallo di Troia per sfondare il muro informatico e carpire conversazioni diplomatiche riservate che ora sono di dominio pubblico. Gli hacker avrebbero per anni addirittura «bucato» Coreu, la rete dell' Ue per le conversazioni interne. Considerazioni su Russia, Cina, Stati Uniti, Iran: gli addetti ai lavori dell' Europa nei contatti privati parlavano di tutto, e per tutto c' era almeno un motivo per essere preoccupati.
Per il momento negli oltre mille «cable», i brevi testi diplomatici trafugati dalla rete europea, non sembra esserci nulla di veramente «esplosivo». Da quello che è finito in circolazione e riportato dai mezzi di informazione che uno dopo l' altro hanno iniziato a rilanciare, emergono le paure europee per un contesto internazionale mutato tanto rapidamente quanto imprevedibilmente.
xi jinping
Leggere che c'è preoccupazione per le politiche del presidente americano Donald Trump è più che altro una conferma di quanto già espresso anche pubblicamente in questi mesi. Lo stesso vale per la Crimea, anche se per la prima volta c'è chi parla della presenza di arsenale nucleare nella penisola occupata dai russi.
SICUREZZA A RISCHIO
Ma quello che preoccupa adesso l'Europa è la vicenda in sé. «Monitoriamo la situazione», conferma il commissario per gli Affari interni, Dimitris Avramopoulos. Il suo collega responsabile per l'Euro e i mercati finanziari, Valdis Dombrovskis, ammette di «prendere seriamente ogni presunta notizia di questo tipo», che almeno in Commissione non confermano. Non direttamente, almeno.
Perché lo stesso Dombrovskis si lascia scappare che da quanto accaduto «è chiaro che nessuna istituzione o Paese è immune da attacchi di questo tipo». Segno che si è consapevoli di essere bersaglio di hacker, e di non essere sempre all' altezza della situazione.
LA PISTA CINESE
HACKER
Dall'altra parte della strada il Consiglio Ue, responsabile per la gestione della rete Coreu, dice di essere al corrente della situazione e fa sapere che il segretariato generale «sta attivamente indagando sulla questione», ma non offre ulteriori elementi. Spunta però la pista cinese. Sembra che le modalità di hackeraggio ricalchino quelle già in uso, qualche tempo, fa tra le fila dell'esercito di Pechino. Tutto ancora da chiarire. Nel frammento si assicura che il Consiglio «prende in modo estremamente serio la sicurezza delle sue strutture, inclusi i sistemi di tecnologia dell' informazione».
HACKER
La questione assilla anche gli europarlamentari, in questo momento fuori Bruxelles per missioni esterne. Eppure il verde Michel Reimon rilancia sulle sue pagine social gli articoli che parlano dell' accaduto, a dimostrazione dell' inquietudine che si annida anche in Parlamento. C'è sullo sfondo il rischio di un spionaggio ripetuto, di cui non si conosce ancora la portata. Quanto accaduto potrebbe a questo punto indurre gli Stati membri a promuovere una vera agenda do sicurezza e difesa comune. Anche e soprattutto informatica. La Nato non commenta, non ne ha bisogno. Ai partner europei ha più volte ricordato l' importanza di potenziare le sue reti difensive.