Valentina Fassio per “La Stampa – ed. Asti”
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«Conoscevo solo alcune cose di Marco Pannella, ma poi ho scoperto molto di più». L'attore canellese Andrea Bosca è lo storico leader del Partito Radicale nella docufiction «Romanzo Radicale» da domani in prima serata su Rai 3, diretto da Mimmo Calopresti, coproduzione Rai Fiction e Italian International Film, realizzata da Fulvio e Paola Lucisano con Paola Ferrari.
Quanti ingredienti per raccontare la vita di Pannella?
«La storia è ricostruita con filmati, contenuti speciali, materiali d'archivio, testimonianze e fiction, quella che interpreto io. Non è un'enciclopedia, non racconta tutto. È una poesia che parte dalla prima battaglia, quella sul divorzio, quella che meglio spiega i contesti, le censure, le difficoltà.
andrea bosca nei panni di marco pannella
Tutte le battaglie diventano questa, perché lì è veramente cambiata la storia d'Italia. Non potendo raccontare 80 anni di storia, abbiamo dovuto isolarne una parte: partire da qui per andare a scoprire Pannella e le sue battaglie. Quello che ho fatto anch' io».
È stato difficile diventare Pannella?
«Saputo del provino, ho iniziato subito a lavorarci. Mi sono preparato per mesi. Pensavo che la cosa migliore fosse immergersi nei fatti, cercarlo non solo nei testi ma anche nelle persone che l'hanno conosciuto. E ne ho incontrate tante, anche per caso».
Per esempio?
Andrea Bosca
«Un mio vicino di casa mi ha sentito provare un comizio. Ha riconosciuto Pannella e mi ha fatto incontrare Gianfranco Spadaccia (morto a settembre) e la moglie Marina, ma anche Matteo Angioli e tanti altri. Ho anche capito che la presenza di Pannella era molto sentita in tanti quartieri di Roma, me l'hanno raccontata non solo amici e colleghi: l'ho ritrovata nelle parole di abitanti e commercianti di via della Panetteria, dove abitava.
Tutte queste persone mi hanno consegnato un ricordo, un pezzo di Pannella: li ho portati con me, ho costruito Marco e il suo comportamento. Devo molto a questi incontri con persone speciali, ho sentito tanta partecipazione: in una Roma non sempre facile ho ritrovato un momento di coesione e comunità. Ho conosciuto un mondo che mi ha ricordato quell'unità, quel senso di paese che mi riporta nella mia Canelli. Questo mi ha emozionato e mi ha dato una mano».
Ci ha messo anima e corpo?
andrea bosca marco pannella
«Già. Pannella ha messo il corpo al centro del suo discorso politico. Sono partito perdendo 13 chili, l'ho fatto per dare l'ossatura principale al personaggio, sono letteralmente "arrivato all'osso" per dare forma a Pannella. Un uomo che ha fatto 78 giorni di digiuno per essere ascoltato, per raccontare i temi su cui voleva portare l'attenzione. Se non fossi partito da qui, non avrei mai potuto guardare allo specchio i radicali. È un ruolo che puoi sostenere solo se hai una credibilità e io volevo averla».
Quante ore di trucco?
«Per costruire Pannella in età avanzata c'è stato un lavoro di trasformazione enorme, e ringrazio la squadra per questo. La "ricostruzione" durava dalle 4 alle 7 ore, poi iniziavo a lavorare per altre 10. È stata anche una prova di forza. Era un uomo diverso da me per tanti aspetti, fisicamente e vocalmente: ho dovuto imparare ad alterare la voce e a fumare, come e quanto lui».
Soddisfatto di questo ruolo e del risultato?
Andrea Bosca marco pannella
«Sono soddisfatto e felice di aver potuto raccontare Pannella. Per un attore è un sogno recitare un personaggio del genere, nello stesso tempo è anche un confronto complicato. Anche se non condivido tutto, è un ruolo che ti può far parlare di temi importanti e profondi che hanno cambiato la società: quanti diritti sono stati conquistati e quanti diritti rischiano di essere messi in pericolo se non li difendiamo tutti i giorni? È stato come Cassandra, profetico per gli allarmi che ha lanciato, penso all'ambiente, ma anche in anticipo con la sua visione libera dei rapporti affettivi».
Com' è stato l'incontro con Mimmo Calopresti?
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«Calopresti è straordinario, lo è nel lavoro di ricostruzione storica come nella capacità di costruire un film man mano. Abbiamo fatto tanti incontri e tante discussioni: da una parte ci siamo alleati, dall'altra mi ha sorpreso, in certi momenti mi ha tolto il "tappeto" da sotto i piedi. Appena arrivato sul set mi ha subito detto "non imitarlo": mi ha spiazzato, mi ha tolto certezze, ma poi mi ha liberato a un'improvvisazione. Mi aggiungeva passaggi, mi cambiava le carte in tavola e questo è stato veramente rock: molte cose sono nate sul momento.
Mi ha anche sorpreso in una visione di Pannella: l'inizio del film dà una chiave di lettura stupefacente, un taglio ben diverso dall'idea che molti hanno quando lo si associa al sensazionalismo. Non è così, la sua era una scelta politica perché non lo facevano parlare, non gli davano spazio, doveva inventarsi un modo affinché certi temi venissero discussi. Pannella ha usato il digiuno per ottenere diritti che oggi diamo per scontati, dimenticando che poco più di quarant' anni fa non erano affrontati».
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Continua anche l'impegno in teatro?
«Tra Pavese e Fenoglio. Con lo spettacolo "Ma il mio amore è Paco" a dicembre sarò in Sardegna. "La luna e i falò" sta per riprendere il tour: a marzo sarò a Nizza. Nel frattempo ho concluso una serie importante, ma ancora nessuna anticipazione».
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