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    UNA VITA DA “VENERE NERA” - L’INCREDIBILE STORIA DI JOSÉPHINE BAKER RACCONTATA DAL GIORNALISTA MARCEL SAUVAGE CHE PER ANNI HA RACCOLTO LE MEMORIE DELLA GRANDE ARTISTA CHE PORTÒ IL CHARLESTON IN FRANCIA - LE TOURNÉE TRIONFALI E GLI EPISODI DI RAZZISMO: UNA VOLTA A NEW YORK VENNE MANDATA VIA DA DODICI ALBERGHI E DOVETTE INTERVENIRE IL SINDACO – POI IL RUOLO NEI SERVIZI SEGRETI, I QUATTRO ANNI IN AFRICA E…


     
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    Estratto dell’articolo di Daria Galateria per “Robinson - la Repubblica”

     

    la mia vita josephine baker la mia vita josephine baker

    Oggigiorno, dice Joséphine Baker nelle sue memorie, non si muovono più il naso, le orecchie e le dita dei piedi, nessuno osa più ridere, piangere, fare le smorfie.

    Solo occhiate convenzionali, una «immobilità spaventosa». Quando guarda gli spettatori, Joséphine si dice: ecco il tuo ruolo, smuovere quei visi tristi. Ha cominciato così, infilando i pollici nelle orecchie e incrociando gli occhi; il ballo, per la Venere nera, è un istinto di snodo futurista, cubista.

     

    Allegro, selvatico, certo. Ma le sue leggendarie rotondità nere e vellutate – il sedere che ride (Simenon dixit), i seni liberi, le ginocchia piegate, la palla di gelatina nera dei capelli, le braccia usate come gambe e poi, insieme, come quattro zampe – Joséphine Baker le piega tutte a squadro, e salta; il charleston che importa a Parigi è «l’epilessia americana».

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    Nelle memorie, che rilascia, nel corso di vent’anni, al giornalista e scrittore Marcel Sauvage, La mia vita ( tradotta da Mimosa Martini per EDT) ha un programma: «Solo cose divertenti » . Ma poi, negli anni, Joséphine lo guida senza parere, con una finezza spaventosa perché inavvertibile, a arricchire e modificare la propria leggenda.

     

    Ricalca e ribadisce l’immagine voluttuosa, scandalosa, irrefrenabile della “Nefertiti di oggi”, come la definiva Picasso. Ma tra tante piume e paillettes, a emergere è il suo impegno. Per gli animali, le donne, per costumi liberi, e per la causa nera, ovviamente. Al cinema ho imparato cos’è un negro, ride. «Un negro qui!» gridava il regista di culto, Marc Allégret: «Avvicinatemi il negro! Mandate via il negro!» (è la lavagna su cui si scrivevano le battute) – sperava Joséphine di creare un’impresa cinematografica per gli artisti di colore francesi, la Noir-Film (non se ne fece nulla).

     

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    A New York però, nel dopoguerra, viene mandata via (“ sorry, very sorry”) da dodici alberghi. Alcuni amici ( vedettes nere, come Lena Horn) chiamano il sindaco di New York; allora all’hotel la tengono, ma quando col marito ordina la cena in camera, la portano senza posate e senza tovaglioli; i letti non vengono rifatti e il telefono non funziona. È il dopoguerra: pensare che è stata arruolata nei servizi segreti della Francia Libera, capitano militare, decorata con la medaglia della Resistenza e la Legione d’onore da Charles de Gaulle

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    […] Nei ricevimenti, raccoglierà informazioni, sull’Italia soprattutto: entrerà in guerra o no? E le tournée: in Spagna, Portogallo, Brasile, e, quando da Londra chiedono di creare nuove reti di collegamento, tanta Africa.

     

    […] Quattro anni in Africa, quasi due in clinica, malata (anche quella sua stanza un centro di informazioni); la febbre a 40 quando gli Americani entrano in guerra; quando sbarcano, e ci sono bombardamenti, di corsa nel giardino dell’ospedale. Insomma, rifiutare lei, che ha combattuto il nazismo per quelle idee sulla razza. Lei che il 3 gennaio del ’ 45 ha chiuso il galà offerto dagli Alleati ai quattro generali, inglese, francese, russo e americano, nel Palazzo di Giustizia di Berlino, tra ratti e macerie - e poi per i soldati spettacoli ogni due ore, dalle dieci di mattina alle undici di sera;

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    i commilitoni portavano chili di attestazioni di arianesimo trovati nel Reichstag distrutto. Lei che è stata ricevuta con onore a Sigmaringen, prima donna di colore tra quei marmi degli Hohenzollern. A Algeri, sul palco d’onore, era accanto a madame de Gaulle. Tutto è spumeggiante; compaiono Ali Khan con Rita Hayworth, Farouk, Colette, Pirandello, il papa, le Folies Bergères, e Saint Louis, dove bambina ballava per riscaldarsi. Però nel 2021, è entrata nel tempio francese del Pantheon; lo ricorda emozionato, nell’introduzione, Jean- Claude Bouillon, un figlio adottivo, il quinto: erano dodici.

    JOSEPHINE BAKER CON I BAMBINI ADOTTATI JOSEPHINE BAKER CON I BAMBINI ADOTTATI josephine baker tra kitsch e camp josephine baker tra kitsch e camp JOSEPHINE BAKER A VENEZIA JOSEPHINE BAKER A VENEZIA JOSEPHINE BAKER JOSEPHINE BAKER JOSEPHINE BAKER JOSEPHINE BAKER josephine baker josephine baker JOSEPHINE BAKER CON IL TUTU DI BANANE JOSEPHINE BAKER CON IL TUTU DI BANANE JOSEPHINE BAKER CON LA DIVISA MILITARE FRANCESE JOSEPHINE BAKER CON LA DIVISA MILITARE FRANCESE JOSEPHINE BAKER JOSEPHINE BAKER JOSEPHINE BAKER LOCANDINA DI UNO SPETTACOLO JOSEPHINE BAKER LOCANDINA DI UNO SPETTACOLO josephine baker josephine baker josephine baker josephine baker Josephine Baker Josephine Baker josephine baker josephine baker josephine baker josephine baker JOSEPHINE BAKER JOSEPHINE BAKER JOSEPHINE BAKER ZIEGFELD FOLLIES JOSEPHINE BAKER ZIEGFELD FOLLIES josephine baker josephine baker josephine baker 2 josephine baker 2

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