Mario Sconcerti per www.corriere.it
milan fiorentina leao
Hanno vinto Milan e Inter, ognuno alla sua maniera. Il Milan ha meritato nel secondo tempo quando ha finalmente preso il ritmo della gara spingendo di forza nella sua metà campo una Fiorentina comunque organizzata. Sono stati confermati i limiti offensivi del Milan, ma contano ormai poco. Fanno cronaca, non storia. Raccontano di un reparto da rafforzare e di una sofferenza ormai abituale per arrivare al risultato, ma il gol in qualche modo arriva sempre. E mancano tre sole partite alla fine, non è più il tempo di pensare ai limiti.
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Ha segnato Leao su un rinvio sbagliato del portiere, ma non è stato un gol semplice. Leao è partito a trenta metri dalla porta, ha preso sullo scatto Milenkovic, stretto di poco al centro e colpito con forza. Un gol elementare ma completo che forse, nonostante l’errore del portiere, solo Leao poteva segnare nel Milan perché è stato una combinazione di corsa, potenza e classe. Leao è diventato la differenza totale del Milan, cambia le partite con la sua sola presenza.
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Non credo per esempio all’infortunio di Odriozola nella Fiorentina. Quasi logico che il tecnico abbia voluto marcare Leao con il suo miglior difensore, Milenkovic. Ma spostandolo sulla fascia, avrebbe avuto solo un difensore centrale, Igor. Così è intervenuto un infortunio di Odriozola al cui posto ha giocato Venuti, almeno difensore di ruolo.
Quello che rafforza il concetto del Milan è la sua applicazione sul campo. Perde molti momenti di partita, come guardasse l’orologio e preferisse scambiare per calma il problema del primo gol. Ma quando attacca a tutto campo, a San Siro come una settimana fa con la Lazio, schiaccia l’avversario, inventa soluzioni. Non è un Milan perfetto, ma è un Milan che sente la vittoria sulle spalle e trova la forza di portarla avanti.
milan fiorentina leao
L’Inter ha fatto tutto quello che non aveva fatto a Bologna . Ha corso subito, ha preso il ritmo della partita con i suoi uomini migliori, naturalmente Brozovic, ma anche Barella, di nuovo immediato, quindi decisivo. Ma anche con Dimarco, l’invenzione di Inzaghi per questo finale storto di campionato. Dimarco riassume l’insoddisfazione di Inzaghi e il suo passo avanti.
udinese inter
Inzaghi ha sempre giocato con un difensore che veniva avanti, ma non come Dimarco per qualità tecnica e mentalità. L’uomo giusto di Inzaghi sulle fasce è stato per anni Lulic, un ibrido di qualità che gli teneva in equilibrio l’intera squadra, da destra a sinistra, ma sempre come quinto. È quello che rivede adesso in Darmian dall’altra parte.
Ma in questo finale di accelerazioni e maturità Inzaghi prova ad andare oltre se stesso, sbilancia a tratti l’Inter perché insegue. Gioca con Dimarco, Perisic, quasi sempre Dumfries, cioè gioca con due soli difensori di ruolo, Skriniar e De Vrij. Infatti l’Udinese con Deulofeu spesso mette in discussione la difesa interista, l’Udinese porta avanti bene il pallone fino dentro l’area.
federico dimarco
Ma decide alla fine la differenza di avere Dimarco. Questo conferma la crescita del giocatore ma anche del tecnico. Va da sé che quando la squadra cambia, nei venti minuti finali arrivi sempre molto disordine. L’Inter è una squadra di dodici-tredici giocatori, non di più. Il resto sono cocci estranei. Il finale un po’ disordinato rientra nei cambi e nell’emozione.
Però anche l’Inter vince in mezzo a un esodo massiccio della sua gente nella lontana Udine, città civilissima, ma code e code sull’autostrada del Primo Maggio. A tre giornate dal termine i due punti di vantaggio sono tanti, ma non bastano. L’Inter va verso due partite buone con Empoli e Samp (ormai salva), più una partita scomoda soprattutto per il Cagliari. È chiaro che deve vincerle tutte. Il Milan adesso ha Verona in trasferta e Atalanta in casa. Non è facilissimo. Ma è molto bello.
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