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    UN PAESE DI CREDULONI - SOLAMENTE IL 35% DEGLI ITALIANI È IN GRADO DI DISTINGUERE UN FATTO REALE DA UNA BUFALA ONLINE - IL DATO È PIÙ ALTO TRA I GIOVANI TRA I 18 E 39 ANNI, CHE SI ACCERTANO DI PIÙ DEGLI AUTORI, FANNO PARAGONI CON ALTRI SITI E CONTROLLANO QUANTO IL SITO SIA AGGIORNATO - PER IL 60% DEGLI INTERVISTATUI UNA NOTIZIA CONDIVISA È SINONIMO DI AFFIDABILITÀ E IL 55% È DELL'OPINIONE CHE È ANCORA PIÙ ATTENDIBILE SE CONDIVISA DA UN AMICO MOLTO ATTIVO SUI SOCIAL…


     
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    Franco Stefanoni per il Corriere della Sera

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    Più si abbassa l'età, più aumentano i controlli sulle informazioni online per verificarne l'affidabilità, inclusa la presenza di fake news. Tra i giovani (18-30 anni), il 61% si accerta infatti di autori e link, il 56% fa comparazioni con altri indirizzi web, il 38% bada che il sito sia aggiornato. Percentuali che crollano se l'età è quella compresa tra 31 e 50 anni, e tra 51 e 64 anni. Stesso discorso a seconda del grado d'istruzione: meno titoli di studio fa il paio con meno controlli. Uno scenario, quest' ultimo, che può portare a dare credito a notizie false.

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    LA RICERCA

    Nel quadro fornito dall'indagine «Media e fake news» che Ipsos ha realizzato per Idmo (Italian digital media observatory), l'hub nazionale coordinato da Gianni Riotta e partner di Edmo, task force europea contro la disinformazione, spicca come tra gli italiani non ci sia confusione sul significato stesso di fake news, si tratta di notizie tendenziose o completamente inventate, anche se quando c'è da valutare vero o falso la percezione cambia.

     

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    Il 73% degli intervistati - mille persone sentite tra l'1 e il 4 febbraio, metà uomini e metà donne, dai 30 ai 64 anni, per il 45% senza diploma, il 37% diplomati e il 18% laureati - ritiene infatti di essere in grado di distinguere un fatto reale da una bufala. Tuttavia, se deve giudicare il comportamento degli altri, il pensiero è che appena il 35% sia altrettanto capace di farlo.

     

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    Una differenza di atteggiamento che, anche in questo caso, è più forte tra i più giovani e scolarizzati: quasi otto giovani tra i 18 e i 30 anni di età (quote oltre il 75%) crede più nella propria capacità di saper distinguere i fatti reali dalle fake news che il quella altrui.

     

    I FALSI PIÙ PERICOLOSI

     I falsi descritti come più pericolosi risultano essere quelli tendenziosi, costruiti cioè per favorire particolari interessi. Il 60% degli intervistati crede che chi li diffonde sia consapevole del fatto che sono notizie scorrette e più di uno su tre (il 37%) è dell'idea che tale diffusione abbia alla sua radice un tornaconto economico. Sapere che cosa sia una fake news, analizza l'indagine chiesta da Idmo (tra i partner Rai, Tim, Tor Vergata, Newsguard, Gedi, Corriere della Sera , Fondazione Enel) non significa padroneggiare il concetto di «affidabilità» delle informazioni.

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    La quasi totalità degli italiani ha chiaro che una notizia controllata sulla pagina di un divulgatore (scienziati o debunker, soggetti che svelano i falsi) sia più affidabile, ma sono altrettante le persone che ritengono che la ripresa da parte di più mezzi d'informazione, qualunque essi siano, rappresenti un segno di correttezza di contenuto.

     

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    Per il 60% notizia condivisa è sinonimo di affidabilità, mentre il 55% è dell'opinione che è ancora più attendibile se condivisa da un amico molto attivo sui social (quota che sale tra i più giovani e tra i meno istruiti, mentre scende nella fascia d'età 31-50 anni e tra chi ha più titoli di studio).

     

    LE FONTI DI INFORMAZIONE

    In un Paese in cui sette persone su dieci attingono esclusivamente informazioni da fonti gratuite e solo una su quattro è disposta a pagare, con ampie quote di italiani che dichiarano di non avere nette opinioni riguardo a fatti di dibattito pubblico, non stupisce come risulti ben radicata una serie di credenze. Il 30% dei cittadini ritiene che l'acqua del rubinetto non sia salutare come quella in bottiglia e che l'Italia non sia il Paese con la percentuale più alta di riciclo dei rifiuti in Europa.

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    Il 23% avvalora il fatto che l'omeopatia sia in grado di curare, ma il 36% non è sufficientemente informato per esprimersi al riguardo. Una proporzione anche maggiore (45%) non sa dire se la circostanza che l'Italia risulti il secondo Paese manifatturiero d'Europa sia verità o bugia, sebbene chi lo ritenga falso sia solo il 13%.

     

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    Ancora: quasi il 40% delle persone è del parere che il tema del cambiamento climatico divida la comunità scientifica, dato che scende tra i più giovani al 32%, tra i più istruiti al 35%. Circa il 30% pensa che l'olio di palma sia più pericoloso del burro per la salute, che una dieta priva di formaggi prevenga diversi problemi intestinali negli adulti. Ultimo, ma non per importanza, poco più del 20% considera i vaccini fattori di indebolimento del sistema immunitario dei bambini.

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