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Paese che vai, usanze…che trovi: due storie simili arrivano dall’Emilia. Protagonisti due mariti che avevano il “vezzo” e il vizio di picchiare le mogli. Motivi diversi ma principio simile: non erano buone mogli (secondo loro). Il marito italiano di Fabbrico (Reggio Emilia) picchiava la moglie (incinta) perché non aveva fatto il pane. Un altro marito bengalese di Fontanelice la picchiava (e anche violentava) perché non seguiva gli obblighi di famiglia (cioè, secondo lui, quelli indicati dalla religione).
Il marito di Fabbrico picchia la moglie incinta che non fa il pane
Avrebbe preso a pugni la moglie in stato di gravidanza perché, stando a quanto ricostruito dai carabinieri, non gli aveva preparato il pane. Per questo un 30enne operaio è stato arrestato a Fabbrico, nella Bassa Reggiana, con l’accusa di maltrattamenti in famiglia aggravati.
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Perché li avrebbe compiuti davanti ai figli minori. Oltre a questo, c’è l’accusa di lesioni personali. La donna, 36 anni, si è presentata in caserma per chiedere aiuto. Ai carabinieri ha mostrato le ferite per le quali poi è stata accompagnata all’ospedale. Dove le hanno dato una prognosi di 25 giorni.
Ai militari ha raccontato una serie di violenze fisiche subite dal marito che, a suo dire, duravano da anni. Dagli schiaffi agli spintoni contro il muro fino al trascurare la famiglia. Cosa che l’avrebbe costretta a ricorrere agli aiuti della Caritas per poter mangiare, dato che l’uomo si sarebbe limitato a pagare soltanto le utenze domestiche.
Il marito di Fontanelice e gli obblighi di famiglia
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Era convinto che la moglie non rispettasse gli obblighi di famiglia, quelli stabiliti dalla religione. E per questo l’avrebbe più volte picchiata, minacciata di morte e costretta a rapporti sessuali contro la sua volontà. Un pizzaiolo 32enne, originario del Bangladesh, è stato arrestato dai Carabinieri di Fontanelice (Bologna).
Le accuse nei suoi confronti sono di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e lesioni personali aggravate. La moglie dell’uomo, una sua connazionale poco più che ventenne e madre di due bambini piccoli, si era rivolta ai militari per chiedere aiuto. Ai carabinieri aveva detto di essere in pericolo di vita.
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Secondo il suo racconto, il marito aveva cominciato a maltrattarla circa due anni fa, al suo arrivo in Italia dove lui già viveva. L’avrebbe sottoposta a umiliazioni, minacce di morte, percosse, violenze sessuali e isolamenti a casa dedicati alla preghiera. Le aveva “concesso” la possibilità di uscire soltanto per andare a fare la spesa e vietandole qualsiasi contatto sociale. Voleva evitare di farla interagire con la comunità italiana.
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