manfred weber ursula von der leyen
DAGOREPORT
Ursula Von der Leyen non è una politica ingenua. E’ pur sempre allieva di Angela Merkel e ha imparato, nei cinque anni trascorsi alla presidenza della Commissione Ue, a muoversi come un’anguilla nelle euro-trame. Sulla candidatura di Raffaele Fitto a commissario Ue, ad esempio, la cofana tedesca ha avuto un comportamento da navigata democristianona tendenza Andreotti.
ursula von der leyen
A fine agosto il presidente del Ppe, Manfred Weber, è volato a Roma per incontrare Giorgia Meloni e il suo amico Tajani. I due gli hanno chiesto una “raccomandazione” per Fitto: la premier e il suo ministro degli Esteri hanno pregato Weber (che rappresenta l’ala più a destra dei popolari) di sfruttare il suo ruolo per fat ottenere un incarico di peso (vicepresidenza esecutiva con deleghe pesanti) al politico pugliese.
GIORGIA MELONI MANFRED WEBER
Una mossa azzardata considerando che i rapporti tra Weber e Von der Leyen non sono mai stati idilliaci, visto che nel 2019 l’ex ministra della Difesa tedesca sfilo’ all’ultimo secondo, grazie a Macron e Merkel, la poltrona di presidente della Commissione proprio a Weber, fino a quel momento candidato in pole position, che rimase fregato a un metro dal traguardo.
Olaf Scholz Emmanuel Macron e Pedro Sanchez
In ogni caso, Weber ha accettato di travestirsi da ambasciatore e, ripartito in missione per conto di Roma, ha provato a spendere dolci paroline per quel pennellone salentino di Fitto. A quel punto la paraculissima Ursula, che avrebbe anche potuto sfanculare le istanze italiane visto che Giorgia Meloni in Consiglio europeo si è astenuta sulla sua riconferma e Fratelli d’Italia ha votato contro al Parlamento Ue, ha accolto la supplica. Perché?
raffaele fitto ursula von der leyen
Con il suo “beau geste”, Ursula ha ammansito l’arcinemico Weber (è comunque alla guida del Ppe, il più numeroso e influente gruppo parlamentare) e non è entrata personalmente in rotta di collisione con l’Italia, paese fondatore dell’Unione, consapevole che il “lavoro sporco” lo avrebbero fatto altri. E così è stato.
Non appena “Politico” e “Die Welt” hanno diffuso le indiscrezioni sul ruolo di vicepresidente esecutivo zeppo di deleghe per Fitto, i gruppi parlamentari che hanno votato per il bis di Ursula hanno sguainato le lame. I Verdi, i socialisti e i liberali di Macron hanno urlato in coro: Ursula, ma che cazzo stai affà?
E non hanno tutti i torti visto che la Melona e la sua truppa di Fdi, di cui è membro Fitto, non hanno appoggiato la riconferma della presidente. Non solo: Giorgia Meloni ha anche rivendicato il “no” per coerenza, affermando di non condividere “merito e metodo” del bis di Von der Leyen.
FASCIO TUTTO IO - VIGNETTA BY MACONDO
Il malcontento dei gruppi parlamentari ha creato così tanto caos da obbligare Ursula a rinviare al 17 settembre la presentazione della sua squadra. A quel punto Giorgia Meloni, da gran camaleonte qual è, ha chiamato Mario Draghi. Non uno a caso: Draghi. Cioè l’uomo a cui ha fatto, da sola in Parlamento, opposizione per un anno e mezzo quando “SuperMario” era a palazzo Chigi.
L’uomo che Fratelli d’Italia, una volta sbarcati a Palazzo Chigi, accusano di aver affossato le casse dello Stato per aver avallato il Superbonus, misura di bandiera del M5s. Insomma, la Ducetta ha indossato una bella maschera di bronzo e ha convocato l’ex capo della Bce con la scusa ufficiale di “un confronto sul rapporto sul futuro della competitività europea”.
meloni draghi
Ovviamente del rapporto stilato da Draghi ai Fratellini d’Italia frega molto poco ma è funzionale per strizzare l’occhio a Bruxelles, mostrarsi sensibili ai temi europei, più “centristi” che destrorsi anti-Ue. Per rinforzare il concetto, il capogruppo alla Camera di Fdi, Tommaso Foti, ha persino sposato la mitologica Agenda Draghi: “L’orizzonte culturale che è stato delineato da Mario Draghi nel suo rapporto sulla competitività europea ricalca molto più la nostra posizione in Europa negli ultimi cinque anni che non quella di altri”.
Ma come: ora le idee di SuperMario fanno gola agli ex missini, gli stessi che si erano schierati all’opposizione del suo governo e l’hanno bombardato di critiche alzozero?
sergio mattarella mario draghi quirinale by macondo
Infatti poco o nulla c’azzeccano le proposte per la competitività europea: Giorgia Meloni vuole incontrare Draghi per chiedergli di dare una mano, di spendere la sua autorevolezza per strappare un ruolo importante per l’Italia nella futura Commissione. Invece, di mandare la Zelig di Colle Oppio a quel paese, perché con il solito cinismo senza limitismo, Draghi ha accettato di buon grado l'incontro?
Chissà che a spingerlo a un faccia a faccia nelle stanze di palazzo Chigi con la premier coatta, non ci sia il sogno, mai del tutto accantonato, di salire un giorno al Quirinale. Della serie: io ora do una mano a te e tu, domani, quando si dovrà scegliere il successore di Mattarella, non porrai veti al mio nome. Pia illusione quella di MarioPio, visto che a uccellare la sua ascesa al Colle nel gennaio 2022 ci fu anche la contrarietà di Giorgia Meloni che si impuntò per sostenere una candidatura “di centrodestra”.
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Quando il malconcio Berlusconi si chiamò fuori dalla mischia, Fdi sostenne prima Maria Elisabetta Alberti Casellati e poi, quando fu chiaro che l’ex presidente del Senato non ce l’avrebbe fatta, si lasciò suggestionare dall’ipotesi Elisabetta Belloni, allora a capo-spia del Dis, prima che Renzi l’affossasse (“Solo in un Paese anti-democratico il capo dei servizi segreti diventa presidente della Repubblica”).
Draghi potrà anche spendersi per una moral suasion nei confronti di Ursula von der Leyen, con cui ha ottimi rapporti, ma non ha alcuna presa sui gruppi parlamentari, che sono veri e propri gineprai di interessi e istanze contrapposte. Ecco perché qui entra nella partita un caro amico di Giorgia Meloni: Enrico Letta. Sarà lui a parlare con Macron, con il socialista Sanchez e con i Verdi per dare una spintarella alle ambizioni di palazzo Chigi su Fitto.
GIORGIA MELONI ENRICO LETTA
Giorgia e Enrichetto si sono sempre rispettati a vicenda. Hanno avuto un dialogo e un reciproco riconoscimento ben prima che la Ducetta diventasse presidente del Consiglio, tant'è che SottiLetta presentò il libro di Fabrizio Roncone in duplex quando la Sora Giorgia era ancora Underdog (settembre 2021). E tre mesi dopo il nipote dell'Eminenza Azzurrina lo ritroviamo sul palco di Atreju. Ma non è solo per cordialità istituzionale e personale che Letta darà una mano al governo di centrodestra.
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Letta, come Draghi, è un cinicone con lode. Un pretino sì, ma piuttosto rancoroso. Uno che se la lega al dito se non viene riconosciuto il sapientone che crede di essere. Il decennale rancore verso Renzi, che lo detronizzò dalla Presidenza del Consiglio, è ormai studiato nei manuali di psicologia clinica.
CONFRONTO LETTA MELONI
Ma oggi è un altro risentimento a muovere Enrichetto, quello verso Elly Schlein. La segretaria multigender del Pd ha la “colpa” di non aver riconosciuto al suo predecessore il ruolo che si aspettava: non gli chiede consigli, non lo ascolta. Non lo chiama per abbeverarsi alla sua sapienza politica.
Sentitosi liquidato senza troppi riguardi, Letta si vendicherà a modo suo: darà una manina alla Meloni con i gruppi che hanno portato Ursula alla presidenza. Ultima speranza per la Meloni reietta cdagli euro-poter. Veder assegnato al suo Fitto un incarico irrilevante, a quel punto sarebbero dolori: gli otoliti scossi rischiano di innescare un crisi isterica.
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