Davide Frattini per il "Corriere della Sera"
ragazza ortodossa liberata nello scambio tra Netanyahu e Assad
Prima di uscire di casa con lo zaino in spalla e viaggiare verso le montagne a nord, ha voluto scrivere: «Non accetto le vostre linee che siano verdi o viola, sono un'eterna nomade». Così da sola ha attraversato tutti e due i colori di confine: tra la Cisgiordania e Israele, tra Israele e la Siria. La ragazza è arrivata la sera del primo febbraio nel villaggio druso di Majdal Shams sulle alture del Golan e la mattina dopo si è intrufolata in quella terra di nessuno pattugliata dai militari che in alcuni tratti resta senza reticolato o telecamere di sorveglianza.
Dall'altra parte è stata arrestata dalla polizia segreta siriana, che ha capito di non aver catturato una spia ma ha anche compreso di avere tra le mani un possibile valore di scambio. È cominciata la trattativa con la mediazione dei russi, sostenitori del dittatore Bashar Assad a Damasco e allo stesso tempo in buoni rapporti con il governo di Benjamin Netanyahu. Il premier ha parlato con Vladimir Putin, i suoi emissari si sono mossi, senza clamori la ragazza è stata trasferita a Mosca e venerdì è tornata a casa su un jet privato.
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Senza troppa pubblicità anche perché il governo ha diffuso sino a ieri solo alcune parti dell'intesa. La giovane vive nell'insediamento ultraortodosso di Modi' in Illit ed era già scappata dalla famiglia per cercare di entrare nella Striscia di Gaza e in Giordania. Per ottenerne il rilascio Israele ha accettato di commutare la pena per una drusa accusata di incitamento alla violenza e liberato due pastori siriani finiti pure loro dall'altra parte della linea d'armistizio in mezzo a quei prati dove le frontiere sembrano solo pascoli.
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Le indiscrezioni sul dettaglio più spinoso dell'accordo sono emerse all'estero e a quel punto la censura militare israeliana ha permesso anche ai media locali la pubblicazione delle parti secretate. Netanyahu ha consentito a pagare «milioni di dollari» - secondo il quotidiano Yedioth Ahronoth - per centinaia di migliaia di dosi del vaccino Sputnik, prodotto dai russi, da passare ad Assad. Ipotesi smentita ormai solo da Sana, l'agenzia di propaganda del regime: ha sostenuto che sarebbe un tentativo di presentare Israele «come generoso».
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Il primo ministro è in campagna elettorale - si vota di nuovo il 23 marzo - e avrebbe preferito che la notizia non uscisse, anche se ripete: è stata a Mosca a chiedere di non divulgarla. Teme di essere attaccato dai partiti che gli fanno concorrenza a destra per aver ceduto e aver acquistato i vaccini da dare al nemico. Cerca di schivare gli attacchi in anticipo e precisa: «Nessuna fiala delle nostre scorte è stata trasferita alla Siria».
Il Paese è tra i primi nella corsa globale all'immunizzazione e oltre 4,2 milioni di persone (su 9,3) hanno ricevuto almeno la prima dose, il ministero della Sanità starebbe già immagazzinando altri rifornimenti. Haaretz , il quotidiano della sinistra, riconosce a Netanyahu che la grande esperienza diplomatica e i rapporti personali con i leader internazionali (in questo caso Putin) hanno portato a questo successo umanitario. Allo stesso tempo l'editorialista Amos Harel fa notare: «In questi anni non è riuscito a ottenere da Hamas la liberazione dei due civili prigionieri a Gaza e la restituzione dei resti di due soldati uccisi durante la guerra dell'estate 2014.
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È inevitabile che la questione dei vaccini entri nei negoziati con Hamas ed è probabile che coinvolga anche l'Autorità palestinese. Fino ad ora poche migliaia di dosi sono state distribuite a Gaza o in Cisgiordania e non sono mai arrivate dalle scorte israeliane». Il governo Netanyahu avrebbe per ora accettato di inoculare 100 mila palestinesi che vengono a lavorare in Israele. I medici e gli scienziati al ministero della Sanità spingono per superare lo stallo politico-diplomatico e propongono di coordinare le operazioni di immunizzazione: «Viviamo in uno spazio condiviso, la diffusione del Covid-19 tra gli arabi rischia di ridurre l'efficacia della nostra campagna vaccinale».
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