Marco Mensurati per la Repubblica
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C’è voluta l’acqua benedetta di Interlagos, piovuta copiosa tutto il giorno da un cielo carico di simboli e promesse, perché tutti finalmente capissero. C’è voluta una giornata brasiliana senza samba, fradicia e ventosa, di quelle in cui finiscono gli amori, oppure cominciano, perché tutti si accorgessero di cosa sta accadendo in quel minuscolo angolo di realtà che è il mondo delle corse. E adesso è chiaro a tutti. In Formula 1 sta nascendo una nuova leggenda. La leggenda di Max Verstappen. Il nuovo Ayrton Senna.
Il bambino venuto al mondo per andare più veloce degli altri e, forse, per salvare uno sport che s’era perso in una folla di piloti automatici.
Gli elementi c’erano già prima della gara battesimale di domenica. Solo i più sensibili li avevano colti. Il primo, al solito, Bernie Ecclestone. Il boss ha fatto di tutto per spianare la strada a questo pilotino belga naturalizzato olandese. Era un minorenne saputo e brufoloso, nel 2014; non aveva nemmeno la patente, c’erano problemi con la licenza da pilota, e lui, onnipotente, li ha risolti. E ora si prepara a contare — con l’entusiasta contributo del nuovo sponsor, Heineken, guarda caso, olandese — il fiume di denaro in arrivo.
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Il secondo, ben imbeccato dall’ex pilota e talent scout Helmut Marko, era stato Dietrich Mateschitz, vale a dire mr. Red Bull, l’uomo che scoprì la taurina (miscela di nulla e marketing) e ci costruì sopra un impero. Fu lui a spiegare al mondo, a maggio, per quale motivo aveva sfrattato a campionato in corso Daniil Kvjat per fare posto a Verstappen: «Perché quello è bravo, mentre l’altro è il nuovo Senna». Tutti si misero a ridere. Per carità, gli “esperti” non sottovalutavano il talento del ragazzino, ma Senna... «Ha lo stesso talento, stessa forza mentale, stesso coraggio », insisteva Mateschitz. «Sì, per carità — replicavano gli esperti — ma Senna…».
I più ostinati nel negare il talento di Verstappen sono stati i tifosi italiani. Max ha guidato la resurrezione della Red Bull, l’antagonista della Ferrari in questa stagione, e più volte si è scontrato con i piloti di Maranello. I quali hanno spesso reagito male. E i tifosi si sono concentrati sul solito dito invece di ammirare l’astro nascente e il suo visibilissimo splendore. Poi è arrivato il diluvio di San Paolo e gli incredibili undici giri finali nei quali Max ha divorato asfalto, pioggia e avversari rimontando una dozzina di posizioni e finendo sul podio.
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Impresa compiuta con una personalità straordinaria, disegnando traiettorie larghe e bizzarre, mai viste, rivoluzionarie, inventate sul momento da un genio della guida ispirato. In pista c’era Max, nato ad Hasselt in Belgio, nel ‘97, ma i più anziani vedevano Ayrton, nato proprio qui a San Paolo, nel 1960. Allucinazione collettiva, miraggio, precognizione. C’era la Red Bull ma si vedeva il candore della Toleman bianca con la scritta Candy che fece innamorare tutto il mondo, in un altro giorno piovoso, a Monaco, 1984.
MAX VERSTAPPEN
Mateschitz ha avuto ragione. Proprio come Senna, o forse ancora più di Senna, Verstappen ha il crisma del predestinato: nato da padre pilota e da mamma kartista vince da quando ha 4 anni e mezzo. Come Senna non ha mai mostrato alcun timore reverenziale:
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«Vettel è un idiota ridicolo e frustrato che dice parolacce via radio», dichiarò dopo le polemiche di Spa, quest’estate. Come Senna ha costretto la Federazione a cambiare regole: il suo modo di difendersi ha trovato impreparati colleghi e giudici, che alla fine hanno dovuto mettere mano ai regolamenti.
Come Senna attira le critiche dei colleghi che dedicano interi driver’s briefing a discutere con (contro) di lui: «Quel brasiliano — disse un giorno il ferrarista Michele Alboreto — è fortissimo, ma è troppo convinto di potersi permettere qualunque cosa in pista. È giovane, imparerà o troverà qualcuno che lo aiuterà a capire». «Quel ragazzo — ha detto Raikkonen dopo Spa — è velocissimo, ma non è questo il modo di guidare. Rischiamo di ammazzarci ».
Ma soprattutto, proprio come Senna, Max sa di essere speciale. Di appartenere alla stirpe degli eletti: «Mi criticano? Dicono che sono pericoloso? Non me ne frega niente. Sono certo che quel che faccio a Senna e a Prost piacerebbe, e tanto mi basta».
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