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pablo escobar e jhon jairo velasquez vasquez
Per anni l’esplosione di quell’aereo nei cieli colombiani del 1989 venne attribuito alla persona sbagliata. Fino a quando Jhon Jairo Velasquez Vasquez, soprannominato "Popeye", non ha rivelato la verità su come il cartello di Pablo Escobar avesse complottato per uccidere un candidato alla presidenza colombiano.
Un piano spaventoso che portò all’uccisione di 110 persone, ma non di Cesar Gaviria che riuscì a scampare all’attentato grazie alla lungimiranza del suo capo della sicurezza. Fu solo grazie a quell'uomo che un anno dopo Gaviria fu eletto presidente della Colombia.
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Popeye, che in precedenza ha confessato di aver ucciso 300 persone e di aver preso parte a oltre tremila omicidi, ha raccontato il suo periodo a fianco del signore della droga: anni di sangue e soldi che gli sono costati 22 anni di carcere. È stato rilasciato nel 2014, ma a maggio di quest’anno è tornato nuovamente in carcere dopo essere stato coinvolto in un’estorsione.
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Ed è dalla sua cella che, al Daiy Beast, ha raccontato l’operazione per assassinare Gaviria, colpevole di essersi dimostrato poco collaborativo con il cartello dello droga. Per lui, come sostenevano i membri dell’organizzazione criminale, ci voleva un’esecuzione esemplare. E fu così che decisero di far esplodere un aereo della compagnia Avianca che da Bogotà era diretto a Cali. Il bilancio fu terribile: morirono 107 persone a bordo e altre tre a terra, colpite dai detriti dell’aereo.
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Gaviria avrebbe dovuto essere in volo, ma dopo che il suo capo della sicurezza sollevò preoccupazioni sul viaggio, il politico venne fermato all'imbarco. Gaviria non morì e si dimostrò essere una spina nel fianco del cartello, permettendo ai agli Stati Uniti di estradare i narcotrafficanti e di reprimere le operazioni di Escobar.
Per l’attentato venne condannato a diversi ergastoli il sicario Dandenys Munoz Mosquera, ma fu proprio la testimonianza di Velasquez a scagionarlo, raccontando i dettagli dell’attentato: «Avevamo dato una valigetta carica di esplosivo a un giovane ragazzotto, ignaro di tutto: pensava solo che avrebbe dovuto registrare le conversazioni di alcuni membri della Dea a bordo dell’aereo.
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Gli avevamo detto che avrebbe dovuto aprire la valigetta mentre era in fase di decollo. Era stato studiato tutto nei minimi dettagli: l’altezza, il carburante immagazzinato nelle ali, la pressurizzazione del velivolo. Dovevamo evitare che il pilota potesse salvare l’aereo e così è stato. Quella valigetta era un’opera d’arte. Appena venne aperta esplose».
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«Del periodo al fianco di Escobar rimpiango solo il numero di persone che ho ucciso – ha concluso – Dovessi rinascere, mi metterei nuovamente al suo fianco».
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