Estratto dell'articolo di Luca Beatrice per “Libero quotidiano”
Chi ricorda l’estate italiana del 1983? (...) E' l'estate di Vamos a la playa, tipico singolo balneare, tormentone che dura da quarant’anni e non accenna a smettere. Gli autori e interpreti si chiamano Michele Rota e Stefano Righi, in arte Michael e Johnson Righeira. Prodotto dai Fratelli La Bionda, tra i massimi specialisti dell’Italian Disco, anche Michael e Johnson sono fratelli d’arte che hanno litigato diverse volte, si sono rimessi insieme e ora non si parlano più.
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Dice Johnson, quello che ancora trovi in giro per dj set e notti revival, quando non produce vino in campagna o non si occupa della nuova etichetta indipendente, la Kottolengo Recordings: «volevo fare una canzone da spiaggia, ma postatomica, con abbondante utilizzo di elettronica e mi venne improvvisamente, mettendo le mani un po’ a casaccio su una tastiera... il ritornello di Vamos a la playa e devo dire che sicuramente è stato uno dei momenti più importanti della mia vita... La composi a 22 anni e dopo un mese mi arrivò la cartolina per partire militare».
ESODO Johnson ragazzo abita con i genitori nella periferia di corso Giulio Cesare mentre Torino si svuota d’agosto quando chiude la Fiat. Un vero e proprio esodo, tutti i negozi chiusi e non un solo turista, neppure per sbaglio.
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Vamos a la playa non fa che registrare, in una lingua ipoteticamente spagnola con strafalcioni inclusi che fa il verso alle discoteche di Ibiza, uno stato di cose sotto gli occhi: gli italiani in vacanza. Ma attenzione, perché sullo sfondo il paesaggio postatomico non è affatto consolatorio; non solo gli anni Ottanta della New Gold Dream, ma anche, e soprattutto, gli incidenti nucleari cominciati con il danno al reattore nucleare di Three Mile Island e terminati con il disastro di Chernobyl nel 1986. Felici di essere finalmente in spiaggia, si abbronzano davanti a tv che emanano raggi radioattivi.
VIDEOCLIP Che i Righeira non siano per niente banali, anzi, lo conferma il secondo singolo No tengo dinero che, a partire dal videoclip diretto da Pierluigi De Mas, maestro dell’animazione italiana, compendia l’estetica postmoderna, zeppa di riferimenti colti all’architettura futurista di Sant’Elia.
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«Abbiamo collaborato con diversi creativi, come Massimo Mattioli, che realizzò la copertina del disco in cui c’è un missile che ci proietta nello spazio e noi siamo raffigurati come supereroi volanti, inseguiti da una popolazione di scimmie mentre sorvoliamo il cielo di Italia 61 sullo sfondo del Palazzo del Lavoro di Pierluigi Nervi con la monorotaia che sfreccia. Allora noi, senza falsa modestia, eravamo piuttosto avanti e pochi afferravano fino in fondo i riferimenti che utilizzavamo. Il successo popolare ci portò una considerazione prettamente commerciale, il nostro pubblico non era toccato da altro, ma a distanza di anni mi rendo conto che siamo più oggetto di culto oggi che allora.
Abbiamo collaborato anche con il fotografo Guido Harari, il pittore Maurizio Turchet e l’architetto-designer Massimo Josa Ghini che realizzò la copertina per un mio disco solista, la versione house di Yes, I Know My Way di Pino Daniele». I Righeira, in fondo, sono un’espressione dell’arte contaminata di quel meraviglioso decennio.
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