Claudia Casiraghi per “la Verità”
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Come Netflix, solo di matrice religiosa. VatiVision, il cui debutto online si avrà nella primavera del 2020, è una piattaforma streaming che aggiungerà nuovi contenuti a quella continua frammentazione dell' offerta televisiva permessa dal progredire delle tecnologie cui gli spettatori sono ormai abituati.
Ha una «library», dunque un' offerta per generi e algoritmi a governarla. Ha la capacità di funzionare su qualunque dispositivo moderno, si tratti di un telefonino o di una smart tv.
Ha un accesso garantito attraverso un abbonamento mensile e, con sé, porta la promessa di una qualità pressoché impossibile a trovarsi. Perché VatiVision, diversamente da Netflix e Amazon, dalla tv a pagamento e dalla rosa, ampissima, delle generaliste, ha una vocazione precisa: quella di rivolgersi alla platea cristiana. Il servizio streaming, controllato al 75% della bergamasca Officina della comunicazione e al 25% da Vetrya, società specializzata nello sviluppo di servizi digitali, è nato con l' ambizione di rimediare a uno dei piccoli torti cui la rincorsa degli ascolti ha portato.
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«Molto spesso si viene a contatto con prodotti televisivi o cinematografici di tipo religioso che, però, vengono distribuiti con difficoltà», ha spiegato Nicola Salvi all' edizione bergamasca del Corriera della Sera. Salvi, oggi amministratore delegato di VatiVision, ha fondato con Elisabetta Sola l' Officina della comunicazione, una società di produzione che, negli anni, ha lavorato alacremente insieme al Centro televisivo vaticano per produrre documentari, serie tv, pellicole.
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«Ci sono molte persone che si chiedono come poterli vedere. Noi partiamo dalla voglia di creare una disponibilità di contenuti di grande valore e spessore narrativo che contribuiscano a diffondere il messaggio cristiano. Si parla tanto di piazze virtuali, noi vogliamo riempire quelle piazze di valori». Valori che la tv tradizionale ha dimenticato o, nel migliore dei casi, accantonato in favore di prodotti più commerciali, e commerciabili.
Mediaset, con Netflix, ha stretto un accordo produttivo immenso.
Ma, tra i 200 milioni di dollari che il colosso americano ha promesso di investire nella produzione di contenuti originali, tra i quali un film tv su Roberto Baggio, della religione non c' è alcuna traccia. E traccia non ve n' è su Amazon, su Chili, su TimVision. Non v' è traccia nei primi nove canali del telecomando, né all' interno dei servizi on demand di cui le reti, pubbliche e commerciali, si sono ormai muniti. La religione è rimasta cosa di nicchia, confinata su Tv2000 e mal ripiegata in piccole emittenti storiche, quali Padre Pio tv. Perché, però, è difficile a capirsi.
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Il potenziale, economico e mediatico, di una televisione che sappia parlare ai cattolici è immenso. «Con VatiVision, ci rivolgiamo a target trascurati fino ad oggi e puntiamo a raggiungere importanti risultati, tanto in termini di qualità quanto in termini di distribuzione a livello mondiale», ha spiegato, in sede di presentazione ufficiale, Luca Tomassini, presidente del neonato servizio streaming, «La platea potenziale alla quale ci rivolgiamo conta un miliardo e trecentomila fedeli». Roba lunare, che le televisioni odierne non s' azzardano nemmeno a sognare la notte.
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Tomassini, nel corso del lancio, ha annunciato accordi in prospettiva con altre piattaforme di distribuzione di operatori, da RaiPlay a Mediaset. Ma di una sinergia vera e propria non ha parlato. VatiVision, una società privata, nella quale non c' è una compartecipazione diretta del Vaticano («solo collaborazione e condivisione d' intenti»), farà da sé, con la speranza di poter e saper applicare gli stessi linguaggi moderni della fruizione anche alla produzione di contenuti. Perché la religione cattolica non è nicchia, ma storia dell' Occidente.
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