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    VE LO RICORDATE? GIOCAVA CON BAGGIO, ORA FA L’OPERAIO E DICE: “MALEDETTA COCAINA" - ERA UN ESTERNO CHE VALEVA 35 MILIARDI DI LIRE MA E’ STATO SQUALIFICATO A VITA: "NON HO FATTO MALE A NESSUNO TRANNE CHE A ME STESSO MA NON C’È PERDONO NEL CALCIO. SOLO INFANTINO PUÒ SALVARMI" – DI CHI SI TRATTA?


     
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    G.B.Olivero per Fuorigioco – La Gazzetta dello Sport

     

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    Non si può vivere per sempre in una parentesi. Da tanti anni Jonathan Bachini sta provando a liberarsi da una storia fatta di errori, di cadute e di ricadute, di pentimento, di lacrime, di delusione, di sforzi per ricominciare, di colpe espiate. Ma non di perdono. Perché per liberare Jonathan quello servirebbe: il perdono. Bachini è finito in una parentesi prima per il coinvolgimento in uno dei trasferimenti più importanti della storia del calcio che oggi, quando i giornali ne parlano, viene ricordato così: "Buffon dal Parma alla Juventus per 105 miliardi (70 più il cartellino di Bachini)".

     

    E i quindicenni di oggi giustamente si chiedono chi fosse quel giocatore così caro che però poi non ha lasciato tracce significative nel nostro calcio. Ma la parentesi più importante, quella che sembra incancellabile ed è diventata quasi una prigione, riguarda la squalifica a vita a causa della doppia positività alla cocaina.

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    Dall’ultima sentenza della giustizia sportiva sono passati quasi 13 anni. Bachini ha chiesto invano la grazia alla Figc e al Coni, gli piacerebbe fare un corso da allenatore e riavvicinarsi al mondo del calcio. Quello che segue è il racconto di Jonathan, in cui tra l’altro non vengono approfondite certe tematiche, perché, mentre la giustizia sportiva si è pronunciata in fretta, quella ordinaria deve ancora completare il suo lento percorso. Restando ai fatti, Bachini ha sbagliato e ha pagato. Adesso galleggia una domanda: è giusto che la pena duri per sempre e che proprio lo sport non possa veicolare un messaggio di reinserimento?

     

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    "VALEVO QUEI 35 MILIARDI" — Bachini abita a Livorno. Dopo tante vicissitudini familiari, da due anni ha trovato l’amore di Sabina che è presente al nostro incontro nell’ufficio dove entrambi lavorano. La ditta si occupa di logistica nel porto, Jonathan e Sabina guardano al futuro con serenità. Ma il passato ogni giorno rimbalza davanti ai loro occhi, con i ricordi belli che scoloriscono mentre i momenti più difficili sembrano indelebili: "Ero un esterno bravo in tutte le fasi. Non ho mai riflettuto sulla valutazione del mio cartellino ai tempi del famoso trasferimento di Buffon, ma secondo me la cifra era corretta. Anche adesso è difficile trovare esterni così completi. Arrivai alla Juve tra la fine di un ciclo e l’inizio di un altro, mi aveva voluto Lippi e mi allenò Ancelotti, ma mi sono trovato benissimo dal punto di vista umano. Giocai meno del previsto, andai al Brescia".

     

    E lì, il 26 novembre 2004, arriva la prima squalifica per cocaina: "Il messaggio che posso mandare ai giovani è di stare sempre attenti, di non fare nulla con leggerezza, di riflettere che basta un errore per compromettere tutto. Non ne vale la pena, le conseguenze possono essere molto pesanti e ti restano dentro ben oltre l’ambito sportivo. E per quanto sia ingiusto, un errore può marchiarti per sempre. Si dimenticano le cose belle, viviamo in una società che giudica e non perdona". La squalifica di nove mesi (poi allungata a dodici dalla Caf) genera il licenziamento da parte del Brescia: "Ci rimasi male perché avevo un ottimo rapporto con il presidente Corioni e con tutto l’ambiente. Avremmo potuto parlarne di più. In quel momento ero frastornato, come un pugile che prende un cazzotto all’improvviso".

     

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    LA GRAZIA IN MANO A UNA SOLA PERSONA — Bachini riparte da Siena, ma a fine 2005 ci ricasca: ancora cocaina. Pochi mesi dopo ecco la radiazione e la squalifica a vita: "Lì crollò tutto, quello fu l’inizio del mio calvario. Io ho pagato per i miei errori, ma così mi è stato tolto un pezzo di vita. E soprattutto mi hanno negato ogni aiuto. Un anno e mezzo fa ho chiesto la grazia alla Federazione. Mi hanno risposto di no. Mi sono rivolto al Coni, ma non c’è stato nulla da fare. Le regole sono cambiate e lo statuto antidoping prevede che non ci sia la grazia in caso di recidiva alla stessa sostanza". È rimasta una sola, flebile, speranza legata a una persona: "Gianni Infantino, presidente della Fifa: solo lui può darmi la grazia. Spero che venga a conoscenza della mia storia e rifletta su questa opportunità. Il perdono sarebbe un messaggio prezioso anche per i ragazzi. Io non ho fatto male a nessuno tranne che a me stesso: è giusto che paghi per sempre? Sono passati oltre tredici anni: se avessi ammazzato qualcuno, forse adesso sarei libero. Invece credo di essere l’unico o tra i pochissimi calciatori squalificati a vita".

     

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    "NON PUÒ FARE PIÙ BUIO DI MEZZANOTTE" — Jonathan ha un sogno: "Io sono passato dallo stipendio da calciatore a quello da operaio. Ho voltato pagina, ho riscoperto valori importanti, mi sono rimboccato le maniche con orgoglio e senza vergogna. Non ho mai chiesto aiuto a nessuno, anche se quando le cose per me andavano bene io cercavo sempre di dare una mano a chi soffriva. L’indifferenza della gente del calcio mi ha ferito, tranne Edo Piovani (storico team manager del Brescia, ndr) nessuno ha fatto una telefonata a Jonathan. Ma io ce l’ho fatta e sono qui. Nel calcio mi piacerebbe iniziare un percorso, magari allenare in un settore giovanile o fare l’osservatore. Sabina non sapeva chi fossi, ci siamo conosciuti sul lavoro. Alcuni colleghi le hanno fatto vedere una mia foto di quei tempi, magro e con i capelli lunghi. Lei ha risposto: “Bella quest’applicazione”. Loro insistevano: “Guarda che questo è Jonathan”. E Sabina replicava: “Sì, e io sono Belen Rodriguez”.

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    Le ho raccontato tutto e adesso stiamo facendo i nostri progetti: speriamo di sposarci presto. A Livorno si dice che non può fare più buio di mezzanotte. Ecco, per me è stata mezzanotte per tanto tempo. Ho affrontato difficoltà familiari su cui non mi dilungo e mi sono rialzato. Adesso sono una persona felice e il futuro lo vedo roseo". Nell’armadio delle sue figlie c’è la maglia della Nazionale che Bachini vestì due per volte nel 1998. Nel cuore c’è il ricordo di quando giocava con campioni tipo Zidane, Del Piero, Baggio, Pirlo e Guardiola: "Niente male quei compagni eh... Zizou era senza dubbio il più forte di tutti. Quando sbagliavi un passaggio, si girava e ti diceva “tranquillo, è colpa mia”. Adesso vorrei solo che la palla ricominciasse a rimbalzare anche per me".

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